Antoinette, pazza per la spesa. Contenta lei.


Antoinette ha 29 anni e vive nella periferia di Chicago. Chicago è una delle dieci città più care degli Stati Uniti. È dura approvvigionarsi per una madre che non lavora, come Antoinette. Lei è disoccupata, tuttavia non si considera così: il suo lavoro è far la spesa al supermercato coi buoni sconto.

E ne va fiera.


Li raccoglie in modo compulsivo e li ordina in una faldone colorato. Poi li usa settimanalmente per fare la spesa.

Antoinette ha una bimba di tre o quattro anni che si chiama Madison. Antoniette la interroga con orgoglio di fronte alla telecamera:
- Madison, come chiamano la mamma?
- "Sorella Scontatutto".
- E io faccio la spesa con...?
- I COUPON! - grida la bambina entusiasta (e ignara).

Le maestre della bimba le mettono nello zaino i buoni sconto da portare alla mamma. Antoinette lo racconta con soddisfazione; la creatura è ancora troppo piccola per vergognarsene. Mi viene il magone, c'è un ché di Libro Cuore in questo rituale: una miseria inconsapevole e passiva, che l'ignoranza abissale fa scambiare per opportunità fortunata; forse è per questo motivo che mi lascia un'ombra di disagio addosso.

Ma bando ai sentimentalismi, torniamo alla cronaca bruta.

I protagonisti di "pazzi per la spesa" sono per la maggior parte donne obese. In casa hanno sempre una stanza dedicata al cibo spazzatura.
Antoinette non si dà da fare per trovare un lavoro, per sistemare la sua situazione. No, non le passa nemmeno per l'anticamera del cervello.
La vera svolta economica per Antoinette è fare la spesa coi buoni sconto.
In media trascorre 30 ore a settimana a prepararsi. Tutto questo lavoro le serve per raccogliere i coupon dei supermercati che userà per riempirsi carrellate di junk food quasi gratis.

Antoinette fa la spesa con metodo, solo quello che c'è sulla lista, ché le altre cose si pagano a prezzo pieno. Riempie i carrelli come se non ci fosse un domani. In sottofondo una musica sincopata, heavy metal in stile Anni Ottanta, crea la suspence necessaria.

Antoinette è sempre più nervosa e quando arriva alla cassa si confessa: non ha i soldi per pagare tutta quella roba. I buoni sconto devono funzionare tutti. Dice di avere il cuore al galoppo. Ma forse questo è più colpa del colesterolo, che della tensione.

Antoinette fissa il display della cassa, segue il conto, prodotto per prodotto, ogni beep le dà un brivido. Spera che vada tutto bene, perché ribadisce più volte di non avere il denaro necessario per pagare.

A un certo punto la cassa si blocca, la musica diventa più martellante. C'è un problema, dice la cassiera con lo sguardo spento. A quanto pare Antoinette si è confusa con le scatolette di tonno. Ha preso quelle sbagliate che costano un dollaro l'una e non si possono scontare.

Antoinette ha la morte in faccia, non ci vuole credere, si dispera mentre sopraggiunge un'altra cassiera a spiegarle di nuovo questa cosa.

Ma Antoinette conosce il regolamento del supermercato. Le scatolette che ha preso vanno bene, ne è certa. Lo spiega anche a noi, pubblico distratto. Le cassiere però continuano a dire di no. In cuor mio spero che le facciano pagare tutto, sarei curiosa di assistere al dramma fino in fondo.

Arriva il responsabile del supermarket e dà ragione ad Antoinette. Lei ne era certa: racconta di conoscere i regolamenti di tutti i supermercati. Li ha studiati ad uno ad uno, proprio per non farsi fregare e sfruttare tutte le offerte possibili.

Alla fine riesce ad acquistare 450 dollari roba pagandola solo 45 dollari. Più di 400 dollari di risparmio, esulta ostentando, fiera, il conto più alto di lei. Può tornare a casa vincitrice.

È felice mentre sistema qulla montagna di junk food nella dispensa. Ha comprato quattrocento cinquanta dollari di schifezze: bibite gassate, dolci, precotti, salse piene di zuccheri, snack e troiaiume chimico occludi-arterie. Il momento dispensa è sempre fuori di testa. Tutte queste risparmiatrici professioniste hanno delle dispense folli. In un altro episodio c'era una tizia che doveva avere tutti gli scaffali sempre pieni, con un numero di flaconi e prodotti sempre uguale, sennò sclerava di brutto.

Antoinette ha dovuto lavorare 30 ore più il tempo impiegato per andare a fare la spesa, aspettare il conto e lo scalo dei coupon, gli spostamenti, e infine sistemare la roba in dispensa. Praticamente quasi un lavoro a tempo pieno, per... 400 dollari di schifezze.
Certo, nello specifico ha risparmiato, ma se avesse investito quel tempo a lavorare per soldi, avrebbe avuto poi la possibilità di spenderseli come le pare.

Mi chiedo: ma è tutto risparmio questo? Consideriamo il tempo che impiega a raccogliere ed ordinare i buoni sconto (non me ne capacito): trenta ore a settimana, poi c'è il tempo trascorso nel supermercato e si parla di ore ed ore. E poi tutto il junk food pieno di grassi, zuccheri e conservanti. No, non è risparmio, tutt'altro se si ha a cuore un minimo la propria qualità di vita.

Un discorso a parte lo meritano le facce degli addetti alle casse quando si trovano di fronte i compratori seriali coi coupon: meriterebbero un programma a sé, uno show con un titolo didascalico del tipo: "già faccio una vita di merda, adesso ci si mettono anche queste pazze dei buoni spesa. che vadano a quel paese". O qualcosa del genere.

Comunque massimo rispetto per Real TV e DMax che riescono ricavare programmi tv dalle miserie umane e dalle derive pezzenti che qui da noi costituirebbero solo fonte di imbarazzo.

Anche queste sono manifestazioni drammatiche della crisi economica in atto.

4 commenti:

  1. Può sembrare l'apoteosi del consumismo e la sua più totale affermazione. Invece è proprio il suo canto del cigno.
    Come quando i videogiochi passarono dal divertimento istintivo della golden age, ai giochi-lavoro a-la SimCity sui PC dell'inizio del millennio.

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    1. Ciao Kekule, esattamente... tuttvia ci sono diversi programmi su dmax e real tv che mi danno questa impressione di canto del cigno del consumismo. Basti pensare a quelli che vanno alle aste dei box pignorati e poi si rivendono le cianfrusaglie. Oppure quell'umanità tristissima che affolla il banco dei pegni di Las Vegas (o dove si trova), che si presta a fare figure di merda epocali in favor di telecamera.

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  2. Ricordo di aver scritto un articolo a proposito, durante la prima stagione di questo programma. Per quanto ne ho percepito io, il concetto di fondo lo identifico molto più vividamente con la malainformazione, che il consumismo. Non so se hai mai avuto occasione di vedere "Super Size Me", ma le interviste ai consumatori abituali di McDonald's sono un esempio lampante di quanto imperi l'ignoranza alimentare in America (da far accapponare la pelle). Almeno secondo me è questo che induce i telespettatori a confondere comportamenti così palesemente ossessivi e patologici in risparmio e furbizia.

    P.S. piacere di conoscerti :)

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    1. Ciao Blueberry, piacere mio! :-) "Super Size Me" l'ho visto a suo tempo, sinceramente non me lo ricordo più di tanto. Mi ricordo solo che c'era qualche personaggio fuori di testa (tipo uno che mangiava ogni santo giorno da Mac Donald e non ingrassava perché, diceva, evitava patate fritte). Comunque hai ragione: è un comportamento patologico, non certo una volontà di migliorarsi la qualità divita... anzi, tutt'altro.

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