Il taccuino


Ho l'abitudine di portare sempre con me un taccuino. Lo tengo in borsa, chiuso da un elastico, per evitare che si spampani nell'eterno marasma che c'è da quelle parti.
La consapevolezza di averlo lì mi regala un tot. di tranquillità. Le rare volte in cui me lo scordo, infatti, chiedo sempre un pezzo di carta, perché mi dà ansia sapere di non aver niente su cui poter scrivere alla bisogna.

Ho preso l'abitudine al taccuno intorno al 2002, quando ho aperto il mio primo blog.

All'epoca non esistevano Twitter, Facebook e affini e nemmeno la connessione internet sul telefono.

Così iniziai a portare sempre con me un taccuino minuscolo su cui fissavo le idee che poi finivano nei post giornalieri.

In quel periodo postavo tutti i giorni, ma era facile: il blog era l'unico social esistente e per me il clou degli scambi online avveniva tra i commenti di Splinder.

Col tempo la vita online si è evoluta, fino a diventare quella che conosciamo oggi. In compenso, però, non ho mai perso l'abitudine a portarmi dietro il taccuino, che col passare degli anni è diventato sempre più grande, fino all'odierno quaderno A5, con copertina rigida, bello spesso, pieno di appunti, gonfio di foglietti e promemoria.

Poco fa, sfogliando queste pagine strapazzate e piuttosto zozze per via della loro esistenza on the road, mi sono accorta che i miei pensieri sono spariti quasi del tutto, defraudati in sordina dalla loro legittima collocazione originaria.
Al loro posto, pagine fitte di appunti di lavoro, schemi per punti di "robe" aziendali, cifre e abbozzi di report che - alla chetichella ma senza tanti complimenti - hanno preso il posto delle cose mie.

Perché per lavoro scrivo un monte e questo è un bene, per carità. Però per certi versi è anche un male, tipo ritrovarmi all'improvviso smarrita borbottando: "dove cacchio son finiti i miei pensieri?" Quei pensieri che poi trasformavo in post, oppure che buttavo via, avendo cura di strappare le pagine in piccoli pezzi. Ma che erano solo roba mia.

4 commenti:

  1. Lavorare fa male alla salute, questo il mio convincimento.
    Da quando il lavoro mi è diventato una chimera, mi trovo pensieri ovunque.
    Purtroppo, non sempre belli, e questo va detto, per cui forse sarebbe meglio non averne del tutto.
    Ma gli appunti di lavoro no, no, no...Nemmeno se mi pagano!

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    1. Quando il lavoro scarseggia diventa "il" problema che ti crea il chiodo fisso dei pensieri, perché la sua assenza impatta un po' con tutto il resto. Ti faccio un in bocca al lupo per questo (se leggi questo commento di' crepi, Ros!)
      Per quanto riguarda ii miei appunti,più che altro li prendo durante le riunioni in ufficio, visto che sono refrattaria ai tablet e carta e penna li considero più efficaci. Ma il mio lavoro lo richiede, altrimenti non lo farei, credo.

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  2. Porto anch'io sempre con me un taccuino, su cui annoto i pensieri, tutto ciò che è fonte d'ispirazione.

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  3. Scrivere è l'unico antidoto per alleggerire la mia anima.

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