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L'imprenditore farlocco: figure professionali della contemporaneità


Giorgio Mendella inquartato dall'età. Quando penso al prototipo di imprenditore delinquente mi viene in mente  per primo sempre il suo nome. Mi ricordo ancora le sue televendite appassionate delle multiproprietà sul mar Nero e i racconti sensazionali delle convention all'americana che faceva a Viareggio. Ah, i mitici Anni Ottanta... 
Disclaimer a quanto pare necessario. Questo post non parla di Giorgio Mendella, ma di un altro imprenditore fiorentino che ho conosciuto personalmente e con cui ho collaborato l'anno scorso. La foto l'ho scelta solo per motivi nostalgici e - ripeto - non fa riferimento al contenuto del post che infatti racconta altre cose (basta leggerlo). 

L'imprenditore farlocco è una razza in espansione, mi dicono i più informati. E in effetti io mi ci imbatto sempre. Non capisco il perché io c'abbia 'sto karma fastidioso. L'imprenditore farlocco lo riconosci perché non ha un'azienda "fisica", né un indirizzo chiaro, ma si appoggia all'ufficio di un suo vecchio amico di infanzia che ha intortato non si sa come, e quello c'è cascato come una pera cotta. «Mal voluto unnè mai troppo,» dicevano gli anziani in campagna. E infatti. L'imprenditore farlocco si installa nell'ufficio dell'imprenditore bischero, senza una riga di contratto perché siamo tutti amici e faremo grandi cose, invadendo a poco a poco tutto lo spazio e stravolgendone l'impostazione. L'imprenditore farlocco c'ha le manie di grandezza, comincia ad acquistare di tutto, senza porsi il problema del pagare. Si permette pure una scultura post-contemporanea orrenda, presa sicuramente su Telemarket: un grumo di cemento avvolto da un neon tristissimo che si accende e fa una luce funerea. Chiama un elettricista per fare l'installazione dell'opera e fissarla tramite dei perni nel muro in modo che non caschi all'improvviso, uccidendo qualcuno dei lavoratori al nero che ha "assunto" tra mille promesse e un milione di cazzate. L'imprenditore farlocco non paga nulla, l'elettricista torna in ufficio più volte, sempre più minaccioso, prendendosela con l'imprenditore bischero perché il lavoro non gli è stato pagato. L'imprenditore farlocco si eclissa per giornate intere, dicono abbia il problema del bere o della cocaina. Tutti sperano che qualche spacciatore gli faccia un culo così ma questo per adesso non è successo. Ma continuiamo a sperare. L'imprenditore farlocco cavalca il trend del momento: delocalizza in Tunisia assumendo laggiù personale incompetente e mandandoci personale dall'Italia ancor più incompetente - anzi, proprio ai limiti della demenza - e così va tutto allo scatafascio sul nascere. Arrivano le denunce, ovvio. Perdo di vista l'imprenditore farlocco all'improvviso, appena mi rendo conto che l'ultima fattura non mi è stata pagata e non voglio aumentare i crediti nei suoi confronti, ché l'avvocato costa e sono pratiche infinite, ecc. ecc.
Un giorno camminando per il centro incontro l'imprenditore bischero. Mi conosce appena ma si sfoga subito, raccontandomi che non ha mai ricevuto un euro di affitto né di rimborso spese dall'imprenditore farlocco che naturalmente continua a farsi i cazzi suoi e si crede davvero il gemello spirituale di Steve Jobs, anche se tutta la sua attività consiste in uno shop online, creato su piattaforma opensource, dove tenta di vendere scarti di magazzino a prezzi scandalosi. L'imprenditore bischero mi racconta che hanno avuto gli ispettori del lavoro a fare un controllo all'acqua di rose e che arrivano continuamente in ditta creditori e gente fregata nei modi più variegati o che avanza dei soldi e spesso se la prende con l'imprenditore bischero. Ripeto: mal voluto unnè mai troppo. Io suggerisco prontamente all'imprenditore bischero di mandarlo affanculo. Lui annuisce triste e mi dice che sono una brava ragazza, mi offre un caffè perché ha voglia di sfogarsi un altro po'. Quando ci salutiamo ha le lacrime agli occhi. A me invece scappa da ridere perché ci sono in giro personaggi così. E rimangono sempre a galla.

/- * -/ 

Aggiornamento. Su questa vicenda ho scritto un romanzo tragicomico (più comico che tragico, dai). Si intitola L'Alba dei Farabutti e si trova qui:

La Alba Parietti e la crisi economica


Mesi fa avevo salvato questa foto della Alba P. perché ci volevo scrivere un post. Mi aveva ispirata di brutto, sia la foto sia la frase completamente senza senso. Per circa due minuti, credo. Poi l'avevo rimossa dalla mente e dimenticata sul desktop in mezzo a una caterva di foto di gatti e di animali vari che raccolgo continuamente, in quanto zitella 2.0.
Sono malatissima, oggi. Influenza. Non sono andata in ufficio. Quando ho chiamato per avvertire mi hanno detto che sono ritornati tutti a casa perché son saltate le linee telefoniche. Mi scappa da ridere. Lavoro in un ufficio che non paga le bollette (no, non credo alla panzana del guasto, dai). Allora ho passato una mezz'ora su Skype con la mia collega S. aka Ridens. Sì perché io ho una collega che ride nervosamente di continuo, tipo tic nervoso. Eccallà. Quando è al telefono guai a incrociare lo sguardo col suo: sennò si mette a ridere e il suo interlocutore si sente preso per il culo con conseguenti scazzi e parti di merda, che alla fine fanno irritare Ridens perché lei ancora non si rende ben conto delle implicazioni del suo "problema". Considerando, poi, che l'ottanta percento del suo lavoro si svolge al telefono, praticamente io giro sempre a sguardo basso per la ditta, proprio come se avessi a che fare con un mostro demoniaco dai poteri extraterrestri, tipo Medusa. E non sempre questo accorgimento è sufficiente a sfatare quei risolini nervosi. Comunque Ridens mi ha detto che è piuttosto preoccupata perché ha notato che in ufficio ci sono delle cose che non vanno. E brava Ridens. Maremma santa, "cose che non vanno" mi pare un eufemismo fighetto: sta andando tutto allo scatafascio. E già da un bel po'. Il lavoro è diventato congiunturale al cento per cento e non ci posso fare nulla. Mi sono rassegnata. E poi: chissà se la Alba Parietti risente della crisi economica. Così, tanto per curiosità. buzzoole code

Effetto Zoolander e Grande Crisi


Nella ditta "nuova" dove lavoro hanno giù cominciato a fare i furbini e a pagare in ritardo. Da qui la necessità di scrivere questo post di sfogo: è la mia auto-terapia preferita. Attenzione: la ricetta contiene succo di bile allo stato puro e parolacce q.b.
E poi io col lavoro ne ho passate troppe e adesso non lascio correre più nulla. Specialmente quando mi rendo conto che la Grande Crisi viene presa a pretesto per fare gli stronzi. Ma rimaniamo sul punto e ritorniamo al mio ufficio. Il titolare è un classico, passa dall'arroganza al piagnisteo con tutti: clienti, collaboratori, dipendenti. È simpatico anche se un po' cafone, però lui è convinto di essere chic. Nonostante tutte le arie da imprenditore vissuto che si dà, in realtà è solo un parvenu del mestiere: finirà stritolato al primo alito di vento. E questo non mi fa stare tranquilla per nulla, perché di questi tempi le ventate sono improvvise, gelide e distruttive. Metaforicamente parlando, naturalmente.
Comunque oggi il tipo s'è incazzato perché nessuno di noi ha pensato di pubblicare sul blog aziendale du' parole di cordoglio per il povero Steve Jobs. Porca miseria. È vero, siamo stati dei brutti snob: potevamo pensarci e scrivere una cosa originale, qualcosa che non si sia letto da nessun'altra parte, tipo: stay hungry, stay foolish... per esempio. Invece nulla, abbiamo soprasseduto, non siamo sincronizzati con il presente.
Mentre ascoltavo questa parte di merda, pensavo che come minimo il povero Steve Jobs si starà girando nella tomba nel vedere come il capo usa il suo stilosissimo Mac Air, sottile come una fetta di mortadella coi pistacchi. Non gli riesce usarlo, non ce la fa proprio, s'incasina anche sui tre pallini: rosso, arancio e verde, questi sconosciuti. Una cosa da non credere, pare ci sia candid camera perché non si può essere così maldestri senza una precisa volontà d'intrattenimento.
Però, ripensandoci, il capo non è mica l'unico con il "Mac-handicap"; mi capita spesso di partecipare a riunioni di lavoro con gente che ha l'ultimo modello di laptop Mac in bella vista e poi non lo sa usare e lo maltratta con zampate da primate. Un tempo i soggetti dello stesso stampo sfoggiavano i Rolex alle riunioni aziendali. Ma il Rolex faceva tutto da sé, bastava solo caricarlo di tanto in tanto. Il computer è un pochino più complesso, necessita di un minimo di applicazione per impararne le funzioni base. Sennò scatta l'effetto Zoolander.

#vascomerda


Tolgo il post sulla pagina di Vasco Rossi perché non vi è modo su questo benedetto Blogspot - e nel 2011, cavolo mica il 1997, per dire - di mettere la foto della pagina incriminata ingrandibile fino a renderla leggibile. Sono tecnologicamente demotivata.

Diario del fine settimana: colazione e momenti dimenticabili in società


«In casa tua l'unica cosa decente da leggere è la Bibbia.»
«Possiedo una Bibbia?»
Conversazioni casuali davanti al frigo. Colazione a base di tè, uva e Palmine questa mattina che sembra estate e invece non lo è più. Mentre sorseggio il tè verde bio marca Coop, guardo il palazzo di fronte e penso che non sono ancora andata al mare quest'anno. E adesso c'avrei proprio voglia di stare sul bagnasciuga coi piedi a mollo. Un tipo su un terrazzo fuma una sigaretta, tutto preso da quello che sta succedendo giù in strada. Mi affaccio incuriosita: in strada non c'è niente. Fuma pensieroso, indossando una tuta da ginnastica e dei mocassini marroni. Ma non rido del suo look allucinato, non me lo posso permettere, ci mancherebbe. Sono troppo consapevole della mia mise casalinga. Evito descrizioni umilianti, dico solo: ciabatte di spugna e pareo. Ripenso al mare, vorrei essere sulla spiaggia, adesso, a passeggiare. Oppure nella pineta in bicicletta. Mi mangio l'ultima Palmina ché son come la droga ed è un casino smettere.
«Posso usare il computer per fare un giochino?»
«Giochino?»
«Sì, il solitario.»
Perché il sabato mattina per me è sempre abbastanza melenso. Ma stamani c'ho lo spleen più accentuato e non me lo so spiegare. Allora analizzo la mia vita dei giorni scorsi, per scoprirne la ragione. C'è sempre un motivo quando girano le scatole. E infatti il motivo eccolo là: è tutta colpa di una cena a cui ho partecipato l'altra sera, a casa di un'amica di un amico. Una tizia sedicente scrittrice che ha pubblicato a pagamento un fascicolo di racconti su noi donne quarantenni, mi pare, e ha deciso di fare una presentazione dell'opera in casa sua. Quando sono arrivata nessuno mi ha salutata, nemmeno la padrona di casa sedicente scrittrice, che mi ha allungato una mano molle, tutta ingrugnita, per poi darmi subito le spalle e continuare la conversazione con un'altra tipa che non ha risposto al mio saluto. A quel punto io ero affascinata: mai vista una faccia così di culo. Il mio amico Gianni era da solo in cucina a preparare la pasta per tutti. La tipa sedicente scrittrice infatti aveva preparato solo una tavolata di fortuna nel corridoio di casa, infischiandosene del cibo. Naturalmente i posti erano insufficienti per tutti gli invitati. E comunque cazzi degli ospiti. La tipa sedicente scrittrice continuava la sua conversazione senza considerare nessuno. A me è toccata una sedia da bambini, di quelle basse basse, che ho sperato di sfondare con il mio culone importante, ma che invece ha resistito. Mentre in un angolo mangiavo pasta scotta, senza sale, condita con pomarola in barattolo da due soldi, mi è venuto in mente il protagonista di 78.08 di Tommaso Labranca che si viene a trovare in una situazione analoga (a dire il vero meno dramamtica della mia, ma tant'è). Allora ho fatto mente locale, mi sono avvicinata all'uscita e sono sgattaiolata via sorridendo felice alla tipa sedicente scrittrice che proprio in quel momento mi stava guardando perplessa. Libertà. Diobono. Libertà. Il mio amico Gianni non l'ho più sentito. Sarà ancora lì a ramazzare la stanza.

Via, più veloce della luce

The Mule (link)
In questi giorni faccio fatica a non parlare di lavoro. Sto soccombendo - diciamo così - inesorabilmente alla solita routine. Sento che l'impulso al cambiamento, al tentare cose nuove si sta affievolendo e piano piano le vecchie, pigre dinamiche ritornano a guidare la mia vita. Però che tristezza rendersi conto che è solo il banale lavoro il centro della mia esistenza!
No, non è bello, dai. Se poi penso che in questo stesso momento, da un'altra parte del mondo neanche tanto lontana, è stata superata la velocità della luce, mi sento ancora più strana.
Infatti queste scoperte scientifiche mi ricordano che l'Universo con la U maiuscola se ne fotte beatamente delle mie beghe di ufficio. Anzi: l'Universo se ne fotte di tutte le beghe di lavoro del mondo. Mi rassegno all'idea che allora non c'è nulla di speciale: tutta la vita è solo un istante privo di significato.
Eccallà. Bello. Quando ho questi pensieri, dopo un primo momento in cui rimango attonita e apatica, poi non so mai se sentirmi sollevata e legittimata a farmi i cavoli miei in leggerezza, oppure se deprimermi ancor più profondamente per la consapevolezza dell'assoluta mancanza di senso delle mie giornate.
Maremma santa e pensare che cinque minuti fa la mia intenzione era solo scrivere due parole su Breakin Bad. Volevo dire che mi piace molto e che è stata una gradita scoperta... Ah già: è iniziato anche Park and Recreation...

Salve, sono un utente fake di Facebook

Ciao mondo, 
mi chiamo UFF e sono un Utente Facebook Fittizio. Ovvero sono un fake, come dicono gli smanettoni. Sono stato creato da una società di servizi di intermediazione, al solo scopo di amministrare un tot. di pagine Facebook dedicate al nulla e anche per fare social networking ché va tanto di moda. Il tutto a scopo subdolamente commerciale, ça va sans dire. Allora, la cosa funziona così: l'utente Facebook che rientri nella fascia dei beoti, può cliccare sul mitico "mi piace", diventar fan del nulla. A quel punto è in mio potere e come UFF ho il compito di fargli vedere tutta la pubblicità aziendale, che naturalmente maschero per bene, spacciandola per notizie sfiziose di prima mano.
L'utente poi mi scrive (sì, cavolo, scrive sempre!) per avere altre notizie, ché le stronzate non gli bastano mai, oppure scrive per ricevere info commerciali con finti sconti, voucher, saldi outlet (parola magica) e visionare prodotti normalissimi sentendosi però privilegiato nel farlo. Sono questi i momenti in cui penso che Berlusconi non avesse poi tutti i torti quando dichiarò in un'intervista del 2004 che: "il cliente, il pubblico, sono come un bambino di undici anni che fa la seconda media, e neanche tanto intelligente".
Ma in fondo: io che ne posso sapere? Sono solo un UFF, creato a tavolino da tizi più interessati a sbranarsi pizze a domicilio, cercando di contenere i rutti da Coca Cola. Per esempio, la foto sgranata del mio profilo è stata presa da un catalogo online dei primi anni duemila: il piano americano di un bel ragazzo sulla trentina, vestito casual e un bel sorriso sotto la barba incolta e sexy. Mi hanno fatto figo, comunico leggerezza e bella vita! E io sono figo davvero, anche se in realtà non esisto, e devo confessare che la mia vita online è per lo più gestita da una quarantenne sorniona che ci si diverte come una matta. Almeno così mi sembra, perché quando la sento spippolare sulla tastiera ridacchiando tra sé e sé io mi preoccupo molto.
In fede,
UFF

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...