Il candidato



Luciano si guarda intorno spaesato. Sembra che non sappia dove si trova.

È casa sua.

Sua moglie Antonella ci fa accomodare in salotto. Lui la segue con lo sguardo a terra.
C'è una tv ultrapiatta.
Quarantotto pollici, dice lei.
Luciano è quasi in trance. Si riprende un po' solo quando inizia a supercazzolare di hd, pixel antani, risoluzioni, digitale e dolby surround.

Siamo stati convocati con urgenza ansiogena dai due. Non sappiamo perché. Sono stati misteriosissimi al punto che ho sentito puzza di Amway.
Però adesso li vediamo proprio male: stressati, tirati, gonfi. Lui ha uno sfogo sulla tempia. Ho paura che gli sia successo qualcosa di brutto. L'altro ospite pensa la stessa cosa. Siamo a disagio, entrambi li conosciamo da tanto, ma in fondo non sono così intimi.

La mia Combray

L'odore del preparato per risotto agli asparagi Coop - senza glutammato aggiunto, giammai! - che ho sul fuoco mi ricorda il cibo che mangiavo durante le "vacanze studio" in Inghilterra, quando ero giovane, davvero molto giovane.
Inspiro a pieni polmoni i vapori del riso liofilizzato che bollendo s'idrata e mi ritrovo in un parco soleggiato, con scoiattoli in libertà, grosse bici nere appoggiate sull'erba curatissima e una montagna di zaini Invicta tutti uguali tra loro.
Controvoglia ritorno al presente, mi affaccio alla finestra, guardando il traffico di Novoli impazzito per due gocce di pioggia, e sospiro.
E perdo ancora la nozione del tempo, aiutata dal profumo del risotto che continua a bollire, struggendomi nelle immagini di una vita remota e, col senno di poi, meravigliosa.
All'improvviso la realtà: con sollievo mi rendo conto di che grande invenzione sia il politetrafluoroetilene o, per gli amici, teflon antiaderente e con gioia stappo una birra per celebrare.

La piscina delinquente

Entro camminando piano, mi aspetto di venir bloccata da un momento all'altro. Sono un po' intimorita, l'ambiente è elegante, un tempo le stelle erano addirittura cinque. Fa fresco, mi viene la pelle d'oca. Un silenzio irreale; il rumore di ogni passo rimbomba che sembra quasi un eco; camerieri in livrea dappertutto.
Mi viene incontro. Felpa slabbrata e jeans sdruciti. Unica concessione al lusso e alla femminilità: sandali a tacco alto che costano un mucchio di soldi. Anche se li ha comprati ai saldi, sono stati un salasso. Prima dell'acquisto, a casa mia c'è stato un simposio dal tema attualissimo e universale: con questa crisi che ci sconquassa, sarà mica un attimino indecente comprare dei sandali da centosessanta euri?

Oh, guarda: c'è anche il lampredotto! La svolta del cibo, pardon, del food di lusso a #Firenze


Chiedo opinioni in giro, perché vorrei dare un po' di nuova linfa vitale al blog. Mi è stato suggerito di raccontare qualcosa di attuale, di modaiolo su Firenze, magari sulla vita notturna. Suggerimento ironico perché, tra gli amici, io sono nota per frequentare sempre gli stessi posti e andare a letto presto. Tuttavia negli ultimi mesi in città c'è stata un'ondata di aperture di luoghi del cibo fighetto che mi ha sorpresa per quantità di proposte e mi ha spinta ad avventurarmi verso nuove frontiere sociali. Con lo spirito di una Calamity Jane d'Oltrarno sono andata a visitare il primo piano del Mercato Centrale in San Lorenzo, riaperto giusto da poche settimane. Dopo anni di chiusura, è diventato un centro commerciale gastronomico di lusso. Ma solo al primo piano; al pian terreno è rimasto tutto com'era una volta, per il popolo.

All'entrata della sezione vip un buttafuori con auricolare e cravatta, dà la buonasera ai visitatori. Al primo piano, ci si para di fronte lo spaccio di Eataly che ho trovato un po' claustrofobico e labirintico*, della serie: "cerchiamo di sfruttare fino all'ultimo millimetro gli spazi, ché stare qui costa parecchio caro". L'ho visitato velocemente, è pieno zeppo di prodotti normali ma spacciati come figate ultragalattiche. Per interessarsi anche un minimo, occorre una bella dose di sospensione di incredulità che personalmente preferisco dedicare a prodotti di tutt'altro genere.
Passato questo primo reparto lo scenario si apre, si può godere della vista dell'interno-tetto, una struttura ottocentesca molto bella dove tutto l'ambaradan del mercato trova una sua uniformità di colori e stili. Dal soffitto pendono dei cestoni-lampadari che mi sono piaciuti molto, così come le tante piante di decorazione.
Le bancarelle elegantissime ripropongono quello che si trova anche al piano di sotto, solo che qui è più caro e perciò per gente più figa (con la "g", anche se siamo a Firenze). E le persone affollano l'ambiente e vagano ammirando merce che si trova più o meno tale e quale anche al supermercato sotto casa. Ma con una piccola differenza: i prodotti del supermercato normale sono sfigati, proprio perché non hanno avuto la fortuna di ricevere l'imprimatur del mida del carboidrato Farinetti o di qualche altro riccone della proteina blasonata.
Io sono contenta perché il Mercato Centrale così "infighettito" è un'attrazione per i turisti coi soldi e questo non fa altro che bene alla città.
Il panino al lampredotto però consiglio di prenderlo al pian terreno, dall'inossidabile Nerbone, che fa anche tante altre cose buone della cucina fiorentina**. Occhio che all'ora di pranzo da Nerbone ci sono sempre delle file bulgare. La sera è chiuso, potete andare di sopra. Ma non si mangia il panino al lampredotto la sera, dai.

Un altro posto "food-friendly" è il RED (Read Eat Dream) in piazza della Repubblica, la gastronomia targata Feltrinelli che nasce dalle ceneri chiacchieratissime della libreria Edison. La prima volta ci sono entrata per caso, non mi ricordavo che avesse riaperto e mi sono ritrovata spaesata in quel luogo un po' troppo ibrido per i miei gusti. Entrando assale la tristezza: i libri in mostra all'ingresso sono pochissimi e i titoli si limitano alle ultime uscite di grido, mentre lo spazio in fondo alla sala è dedicato alla vetrina del pizzicagnolo ed ai tavoli per mangiare. Non so quali fossero le intenzioni degli architetti, però a me ha fatto subito venire in mente questo:
Invece il primo piano è carino, c'è lo spazio per sedersi al tavolo oppure in poltrona, con tanti giornali e anche un bancone con le prese per i computer (ma forse questo c'era anche prima, non mi ricordo). Direi che ho apprezzato molto di più il primo piano.

OLGA: Ti dispiace se mi siedo?
FANTOZZI: c'è stato indubbiamente un... contatto e...
OLGA: Ti dispiace se viene una mia amica?
FANTOZZI: Ah, buongiorno si...
FILINI: Ah, bene. Ah, gli scotchs!
OLGA: Ti dispiace se ordino champagne?
CALBONI: Ma sicuro. Cameriere, porta via questa porcheria! Via! Via! Via! Garçon? Champagne!


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*fonti autorevoli in fatto di frequentazioni di alimentari di lusso mi hanno confermato che è un tratto distintivo della casa.
**quando ero più giovane ci andavo una volta a settimana a mangiare il minestrone, tanto per citare sia un'epoca in cui ero magra, sia un cibo che in teoria potrebbe essere anche vegano! Tuttavia anche la porchetta del Nerbone è da urlo, si rasenta il capolavoro in tutte le discipline: bollite, arrostite, dell'orto o della stalla, basta vedere le centinaia di recensioni entusiaste su TripAdvisor.

Compagno turista attento

Quieti e impacciati al punto che, in confronto a loro, anche i disciplinati tedeschi sembrano dei "casinisti". 
Così venivano presentati i turisti russi nei primi Anni Ottanta; presenze rare e discrete che muovevano i primi passi vacanzieri nei paesi capitalisti.

Tempo fa ho ritrovato su un vecchio quotidiano del 1983 una copia del vademecum di comportamento (stampato a Leningrado!) a uso dei cittadini sovietici in procinto di viaggiare all'estero. Si trattava di un documento riservato, addirittura riportante la dicitura: "non soggetto a divulgazione".
Nel 1983 c'era ancora la Guerra Fredda. Wikipedia ci racconta che in quell'anno Arpanet aggiornò il proprio protocollo dando il via a Internet; fu l'anno del rapimento di Emanuela Orlandi; dell'arresto di Enzo Tortora; della rielezione della Thatcher; dell'arresto di Buscetta e Tano Badalamenti; i Duran Duran pubblicarono il loro terzo album; l'anno in cui Microsoft rilasciò la prima versione di Word per DOS. Ronald Reagan era a capo degli USA, mentre in Italia avevamo il governo Fanfani e il mitico Sandro Pertini era presidente della Repubblica.

E per il food come facciamo?

READY
  1. E per il food come facciamo?
  2. Il food?
  3. Sì, come facciamo per il food?
  4. Il rinfresco, dici?
  5. Conosci qualcuno?
  6. In che senso? 
  7. Uno spacciatore di fiducia [fa le virgolette con le dita].

Il George Clooney fiorentino dell'arte*

Il nuovo film di e con George Clooney, "Monuments Men", mi ha fatto tornare in mente un post che scrissi nel lontano 2006 su un luogo a Firenze che amo particolarmente: la casa-museo di Rodolfo Siviero, al pian terreno del villino del Poggi, sul Lungarno Serristori (a cinquanta metri dalla Porta San Niccolò** e di fronte alla spiaggetta delle pantegane, per intendersi) e tenuto aperto grazie al volontariato degli Amici dei musei, che gentilmente e gratuitamente sono a disposizione dei visitatori***. Rodolfo Siviero è stato un personaggio interessantissimo, di quelli che pensi subito: ma perché non ci avranno ancora fatto un film? 

Fenomenologia dell'amico artistoide

L'amico artistoide è molto impegnato, ha un'opinione articolatissima su qualsiasi argomento, specialmente quelli su cui è poco ferrato. L'amico artistoide ha superato la cinquantina, ma si comporta come se fosse ancora nei vent'anni e la maggior parte dei suoi amici sono ancora studenti. L'amico artistoide infatti frequenta il collettivo degli studenti e partecipa ad alcune iniziative, anche se poi li critica perché, secondo lui, sono poco incisivi. Invece ai suoi tempi...
L'amico artistoide, come se nulla fosse, chiama sei volte di seguito sul cellulare in orario di lavoro (il tuo). Quando lo richiami preoccupata che sia successo qualcosa di grave, lui dice scocciato: "no, no, niente volevo solo he tu mi girassi quell'email, quella con la foto di Tizio che ti mandai l'anno scorso... bla bla bla". Poi si inacidisce se non ti ricordi di che sta parlando e gli dici che sicuramente hai cancellato l'email a suo tempo.
L'amico artistoide ha vissuto due anni a Londra, ormai quasi trent'anni fa. Tuttavia continua a parlare usando una quantità spropositata di parole in inglese, confondendosi continuamente con la sintassi italiana.
L'amico artistoide non ha mai lavorato in vita sua. Vive di rendita: cinque o sei appartamenti affittati in città, però non ha mai un soldo in tasca e ha un braccino corto leggendario. Si lamenta sempre di come sia tutto troppo caro, ché quando c'erano ancora le lire...
L'amico artistoide è indignato perché in Italia il "lavoro intellettuale" non è rispettato (in effetti ciò è vero per TUTTI i lavoratori), ma poi storce la bocca e s'offende se l'amico avvocato gli manda una parcella onesta per una bega con un affittuario che gli ha risolto in quattro e quattr'otto.
L'amico artistoide non chiede mai "quanto costa?" ma poi ha crisi di panico isterico al momento del conto: di qualsiasi conto, anche una spremuta di arance al bar.
L'amico artistoide ha litigato a morte per motivi oscuri con l'amico frikkettone*: se c'è uno non c'è l'altro e questo ci fa piacere.
L'amico artistoide una volta ha confessato di essersi pentito dei tatuaggi che ha addosso, specialmente di quella specia di corona maori intorno al bicipite che adesso ha perso tutto il tono muscolare.
Spero che l'amico artistoide non sia tra i lurker che conosco e che leggono questo blog (mi scappa da ridere)**. Credo di no perché odia la tecnologia che reputa inutile e alienante: il computer, internet e i social media li usa solo per auto-promozione (=spam).
L'amico artistoide compra il Manifesto e vota il Movimento Cinque Stelle. L'amico artistoide segue la dieta Dukan dicendo che si tratta di un metodo americano e glissando se gli si fanno domande specifiche. L'amico artistoide espone sempre gli stessi quadri in vari locali in città e si offende a morte se salti un'esibizione dicendo che tanto hai già visto i suoi lavori. L'amico artistoide fa anche delle performance di danza orientale che si autoriprende e pubblica su youtube, contando in modo spasmodico gli accessi e inviando email che annunciano ogni nuovo video: "strano solo dodici visualizzazioni, eppure ho mandato l'email a più di centoquaranta persone..."




* L'amico frikkettone era una presenza costante del vecchio blog, adesso ne rimangono tracce solo nell'ebook: "Gattasorniona The Anthology" (scaricabile gratis).
** Col tempo i lettori che mi conoscono sono aumentati; tutti lurker che poi mi scrivono in privato e che, lo ammetto, troppo spesso limitano gli argomenti di cui ho voglia di parlare qui. Forse dovrei cominciare a fregarmene di più.

Ovaie sfrangiate

Il bestemmiatore lapidato (da wikip.)
Sono incartata su un paio di post che ho cominciato a non riesco a finire. Argomento: libri che ho letto e che mi sono piaciuti. Consigli di lettura, ecco. Ho un paio di cosette che mi hanno fatta godere e che ci terrei a segnalare. Piano piano sto mettendo insieme un paio di post.
Purtroppo - è uno dei miei tantissimi limiti - ho difficoltà a raccontare le cose che mi sono piaciute. Mi sento più a mio agio a scrivere di esperienze negative, specialmente se hanno dei risvolti paradossali o grotteschi, non so perché. Ci fosse uno psichiatra all'ascolto e avrebbe voglia di spendere due parole, beh, è il momento giusto. Tra l'altro scambiando opinioni tra blogger mi sono resa conto di essere in buona compagnia, quindi sarebbe anche un servizio collettivo.
Così il post di oggi è sul nulla, però mi serve a stemperare un po' di depressione "da ritorno" che mi sta affliggendo. Infatti sono stata all'estero per pochi giorni e adesso mi trovo nella fase immediata del post-rientro col cuore in quella città del nord Europa dove tutto sembra funzionare meglio e dove la vita è senza dubbio più tranquilla e stimolante che da queste parti. Giornate belle di cui non racconterò quasi niente per i motivi di cui sopra.
Mentre ero a visitare luoghi in cui non ero mai stata, mi ha telefonato la commercialista per informarmi che ho un debito con i miei datori di lavoro di 20 euro (non direttamente con loro, ma la faccio breve). Si sono lamentati? No, il problema non sono loro, è lo Stato italiano, se non risolvi la faccenda, ha detto. Altrimenti l'anno prossimo ti ritroverai alle prese con una grana burocratica di quelle rognose, che potrebbe evolversi in chissà che, non vale la pena per soli 20 euro. Allora ho distolto lo sguardo da tutta quell'Art déco che mi riempiva la vista ed ho moccolato con la solita fantasia toscana, ché in questi casi è l'unica cosa che mi fa stare meglio. Poi ho chiamato il lavoro e, naturalmente, mi hanno detto chi se ne frega, la prossima volta metti in conto 20 euro in più e via... Lo so, ma per correttezza, vi devo avvertire. Poi ho moccolato ancora e ho ritelefonato alla commercialista che ha detto ok ma è meglio che tu passi in settimana da qui, tanto ritorni a Firenze a breve, vero? Vero, ho risposto moccolando ancora, ma questa volta sommessamente.

Defenestrare il manigoldo: incontro con la marchesa Daniela del Secco d'Aragona


Ci sono dei momenti in cui penso di aver sbagliato tutto nella vita.
Sono attimi brevi per fortuna, che concludo sempre pensando che forse mi ci vorrebbe un mentore per imparare a vivere come si deve.
Credo di averlo trovato. Pardon, trovata.

Ennesima partita Fiorentina Juventus, la città si spopola come in Fantozzi.
È l'occasione giusta per uscire, Firenze diventa improvvisamente tranquilla e vivibile, il momento propizio per andare a cercare gli eventi più interessanti.

E la città non delude (alla faccia di chi dice che Firenze stia morendo): infatti alla libreria IBS di via Cerretani la marchesa Daniela del Secco d'Aragona, diventata famosa per aver partecipato al reality on the road "Pechino Express" in coppia col suo maggiordomo, presenta il suo libro "Come diventare Marchesa ed esserlo in tutte le situazioni della vita".

Già il titolo promette bene, dà l'idea della nobiltà acquisita in seconda battuta e furbescamente ci include tutti nel magnifico mondo del sangue blu. Poco importa che nel nostro paese la nobiltà non sia più riconosciuta dal '48, ma in fondo chi se ne frega.

La sala della libreria è piuttosto affollata, davanti a tutti quanti c'è la marchesa, seduta in mezzo a due tizi.

Quello più azzimato che la introduce, ci spiega di essere un esperto in alberi genealogici, attività con cui campa, anche se non ci vuole annoiare con tediose spiegazioni su casati e discendenze blasonate.

L'altro, più giovane, tiene in grembo un volume pieno di segnalibri: l'opera della marchesa, postillatissima. Il libro strabuzza di post it colorati, sembra uno dei miei diari di quando andavo a scuola. Capisco che spera di leggerci qualche brano a sua scelta, evidentemente si è preparato con cura.

La marchesa, con elegante crudeltà ce lo presenta come avvocato che abita in un condominio.

Sembra stupita che ci sia gente così al mondo. Gente che abita in un condominio qualsiasi.

Addirittura, i condomini dell'avvocato, sapendo che averebbe partecipato alla presentazione con lei in carne ed ossa, hanno preparato delle domande da rivolgerle.

Lei è felice, è democratica e dalla parte del popolo, una marchesa che lavora sodo. Tuttavia esprime un leggero disappunto perché spesso noi "persone normali" [aka bifolchi] non sappiamo che "marchese" occupa una posizione più in alto di "conte" nella scala nobiliare. Infatti io non lo sapevo, adesso lo so e ho anche imparato che i baroni sono piuttosto sfigati in questo gioco.

La marchesa è l'ottavo re di Roma, come ha dichiarato Bruno Vespa durante una serata salottiera, definizione di cui a dire il vero si fregiano in molti, ma che a lei calza a pennello. Comincio a divertirmi. 

Viene presentato il libro, c'è lei in copertina a figura intera con un abito lungo. Mi pare una foto un po' datata, il vestito è un po' demodé, ma poi penso che io di moda e di ricevimenti non ci capisco un cavolo e sospendo il giudizio (poi ho scoperto che tanto torto non lo avevo e che non sono l'unica a pensarlo: il vestito è proprio vecchio).
Comunque si tratta di un abito "a sirena", ci spiega, chiamandoci "adorati".

Dal pubblico arrivano domande su moda e vestiti. Gli accessori sono fondamentali, "adorati", ci illumina la marchesa.



Io e la mia amica rimaniamo conquistate dalla fauna presente, personaggi pittoreschi dal look elaborato: un concentrato di doppi cognomi e mise costose, ma che a ben guardare, emanano decisamente un'aura frollata. Tuttavia la marchesa spicca anche sulla massa dei suoi simili, ha una vitalità sorniona che eclissa tutti gli altri messi insieme.

Inizia l'anedottica, si parla delle sue feste iper-mondane, specialmente di una nel feudo, a cui tutto il popolo ha partecipato. Perché la marchesa non si stanca di ripetere quanto sia democratica e in quell'occasione ha invitato tutti, ma proprio tutti, compresa la tabaccaia e il cassiere della Despar, dove lei personalmente fa la spesa e anche la raccolta punti. "Amo il popolo, basta che non mi taglino la testa".

Applausi e ammirazione sconfinata dalla platea.

Ci racconta della figlia che sta per sposarsi, è felice, il futuro genero è come un figlio per lei. La marchesa si è sposata per ben tre volte, tutte cerimonie sobrie: al primo matrimonio erano cinquanta invitati, al secondo dodici e al terzo tre.

Il discorso ritorna sulla moda, la marchesa è un personaggio troppo ghiotto per non chiederle consigli sul look.

Ascolto incantata.

Perché un capo di Prada può essere facilmente confuso con uno di Zara e allora approfittatene "adorate"; è inutile spendere tanti soldi quando si può essere eleganti spendendo meno. Mica come le sue domestiche che facevano i debiti per comprarsi vestiti firmati. E poi il vestito è l'ultima cosa, un tubino nero va benissimo, l'importante sono gli accessori.

Perché la marchesa è una donna pragmatica nonché democratica, non gliene frega nulla di giocare a burraco nei palazzi (cit. Fellini e Sorrentino in un colpo solo, tanto per gradire). No, lei vuole uscire, parlare con la gente. È una che si immerge nella vita, va in metropolitana da sola, mica bruscolini.

Quando va in metropolitana a Roma, si sente come papa Francesco nei suoi bagni di folla ma pieni di umiltà. Tutti la riconoscono ed esclamano: la marchesa di Uno Mattina! La marchesa di Pechino Express!

Si è divertita tantissimo. Ci racconta che durante il reality in Oriente, ha preso a ombrellate la guardia del Re a Zon deng (nome inventato, ho dimenticato l'originale).
Lancia stilettate ai compagni di viaggio, specialmente al maggiordomo Gregory. Le do ragione col pensiero: infatti guardando il programma, anche a me era sembrato un tipo viscidino.
Racconta di quando è caduta nell'acqua della Baia vietnamita di Ha Long, ma è riemersa assolutamente perfetta, con un filo di perle australiane al collo ancora intatto.



Il discorso vira inevitabilmente su "La Grande Bellezza", in cui la marchesa si sarebbe vista bene con una parte da co-protagonista accanto a Servillo. "Quel Gep", come lo chiama lei.

Comunque le feste del film non sono le feste a cui va di solito. Certo, non nega che ci siano, ma per lei quelle sono il genere di feste da parvenu, gente arricchita. Lei non ha mai visto spogliarelli, cose strane, sostanze strane. 


Ci ha congedati con una perla di saggezza che trascrivo a futura memoria: La vita non è una passeggiata. La vita è una lotta, va presa col sorriso ed ogni giorno deve essere quel giorno che abbiamo atteso per tutta la vita. Solo così saremo vincenti sempre. 

Grazie marchesa.

PS. Dedico questo post alla mia amica L. che ha avuto l'idea geniale di andare a vedere la marchesa di Pechino Express dal vivo.

Petites tortues


La voce si avvicina. Esternalizzare, dice. Espandersi verso nuovi mercati, ribadisce. Lo riconosco subito. Adesso però è niente di più di un rappresentante.
Ci salutiamo, è da noi per lavoro, cerca di piazzare una fornitura di non so che cosa, deve parlarne con il geometra che infatti lo sta aspettando.
L'ultima volta che ci siamo visti è stato anni fa, nel parcheggio della ditta in dismissione. Aveva raccontato, lagnoso, che era stato costretto a chiudere tutto, se fosse stato per lui invece... Era nella merda, che non potevo nemmeno immaginare quanto; aveva perso il sonno e la salute. Io sono il più precario di tutti qui dentro, aveva trovato il coraggio di dire. Poi con uno scatto chimico era salito sulla BMW sportiva provvista di ogni optional possibile, ed era sgommato verso le colline.
Invece io avevo caricato il mio sacchetto di effetti personali sullo scooter ed ero andata via dalla parte opposta.
Adesso non ce l'ho con lui, è passato tanto tempo e poi la scrittura mi ha aiutata a razionalizzare e sfanculare. Il blog ha una sua utilità terapeutica, lo dico sempre. E dopo ho incontrato di peggio, ma questa è un'altra storia (già scritta altrove, per l'appunto). Tuttavia non ho dimenticato: so perfettamente chi ho di fronte. In fondo è anche simpatico, a guardarlo bene mi ricorda una tartaruga o una lucertola. Un rettile innocuo, ecco.
Aspetta che il geometra finisca una telefonata, è deferente, ascolta tutti, finge di essere interessato. Il geometra propone un sopralluogo nello scantinato. Lui lo segue, è contento di vedere lo stabile, dice. Ritornano dopo un po', il geometra lo precede veloce, lui parla e propone. No, no, lo stoppa il geometra, si farà così e cosà conclude. È un osso duro il geometra, non lo infinocchi facilmente, mi piace.
Mi saluta con affetto improvviso, è stato contento di vedermi. Non so perché ma gli credo. Esce sorridendo. Ci rimettiamo a lavorare in silenzio.
"Cazzo, il tuo amico mi ha fregato la penna" esclama il geometra dopo un po'.
"Sei fortunato che ti abbia fregato solo quella" rispondo.
Tutti ridono.
Caffè.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...