La verità, vi prego, sulle melanzane

Il piatto che ho cucinato più spesso durante il primo lockdown è senza dubbio il sugo alle melanzane. 

Mi piacciono un casino le melanzane. Quando siamo stati due mesi chiusi in casa mi sono sbizzarrita a prepararle in tutti i modi.

Tutti i modi che conosco, cioè due: grigliate o saltate in padella. 

Il mio sugo altro non è che melanzane tagliate a tocchetti grossolani, ripassate in padella con olio e basta. Lo mangio volentieri da solo o più spesso con la pasta. È una ricetta tutta mia, la chiamo "melanzane alla pasta" perché la proporzione è di circa due-anche-tre a uno per le melanzane. Un po' come se la pasta fosse il condimento. 

Delizioso, che te lo dico a fare.

Verso la fine di aprile ne avevo messo da parte un po' di questo sugo. Poi non l'ho più mangiato, dio solo sa il perché. Forse perché mi ricordava la clausura forzata, chissà. E manco c'ho pensato più al sugo di melanzane fino a ieri quando, aprendo il freezer, ho posato l'occhio sul tupperware cristallizzato, incastonato sul fondo, tra piselli e minestrone. 

Ora, non vorrei dare l'impressione di quella che non apre il proprio freezer da aprile, diciamo che soltanto ieri ho fatto caso alle melanzane.

A questo punto io mi chiedo: ma saranno ancora buone? 

Potrei buttare tutto, certo, ma quelle sono le melanzane del lockdown, sono simboliche.

 

Photo by Tijana Drndarski on Unsplash

Farsi delle domande: assembramenti e movida


Ieri sono andata a cena in pizzeria con amici. 

C'era molta gente, com'è naturale il venerdì sera. L'aria nel locale era pesante, o almeno mi è parso che lo fosse. 

Mi sono subito sentita a disagio e ho tolto la mascherina solo quando la cameriera ha appoggiato le prime ordinazioni sul tavolo. 

Non un secondo prima. 

Col mio gruppo di amici siamo andati per tutta l'estate a cena nello stesso posto, all'aperto. Ora però fa più freddo così dobbiamo stare al chiuso. 

Ma la nostra pizzeria è uno di quei locali belli quando si mangia nel giardino, con tanto verde, il parco in fondo, le luci della città che creano un effetto tipo "L'impero delle luci". 

All'interno è un'altra cosa; cambiano illuminazione, colori, atmosfere. Tutto diventa più cupo e freddo.

Chissà se i gestori del locale si preoccupano di questo gap esperienziale, perché sembra davvero di stare in due locali differenti.

Torniamo a ieri sera. 

Sono stata contenta che fosse tardi, mangiare al secondo turno è la cosa migliore di questi tempi, il locale piano piano si è svuotato e ho cominciato a sentirmi a mio agio. Ho fatto caso al mio cambiamento di umore, mi sono resa conto che mi stavo rilassando man mano che gli altri clienti andavano via.

A tavola ero con i soliti amici con cui mangio almeno una pizza a settimana, si chiacchierava di Firenze. A quanto pare vogliono mettere dei tornelli per accedere a Piazza Santo Spirito perché la sera è piena di gente sta diventando un problema per il contenimento del virus. Assembramenti, movida, queste cose qua. 

Non ci passo quasi mai la sera da piazza Santo Spirito, troppa gente. Però sono contraria, contrarissima ai tornelli. Se li mettono con la scusa del covid poi li lasceranno lì forever.

Sono per i controlli caso per caso. Chi sgarra viene sanzionato, of course, ma chi si gode la serata nel rispetto delle norme deve essere lasciato in pace. 

Il mettere tutto in un grosso calderone mi sembra un modo sciatto di amministrare, come quei baristi che espongono il cartello odioso "per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno". Ci faccio caso, denota sciatteria e pavidità. Oh, ognuno ha i suoi standard per giudicare dove prende il caffè. Io ho questo.

Mi sono chiesta: ho così tanta paura di ammalarmi? No, almeno non mi pare. Ho più paura che tutto collassi. Non è il covid, sono le sue conseguenze sulla società che mi preoccupano di più.

Ma che stanchezza.


Ormai

 

Il principale motivo per cui mi risulta difficile scrivere è che in questo periodo faccio una vita piuttosto ritirata.

Non è successo all'improvviso, ci mancherebbe. 

A poco a poco, negli ultimi anni, in seguito a una serie di scelte e situazioni di cui forse non sono neanche responsabile al cento per cento, mi sono trovata a percorrere un sentiero che non so come ormai è diventato il percorso di una buona porzione della mia vita. 

Non ho più la tele da quasi una quindicina di anni, ormai. Leggo i giornali solo quando mi fermo al bar, ormai. Frequento socialmente solo nicchie e bolle a me congeniali, ormai.

Si capisce che in una situazione così gli argomenti da blog decadano. 

Di brutto.

Al contempo sento anche che non mi evolvo più come un tempo, e non so se è perché ormai sono troppo vecchia o perché 'sta bolla è diventata di gomma dura, impermeabile come dei vecchi pneumatici lisci e per nulla ecologici.

È brutta la sensazione di rimanere nello stesso posto.

Cinque anni fa, adesso, tra cinque anni: sempre la stessa minestra.

Quando attraverso fasi esistenziali come questa il primo campanello di allarme sono le letture. Occhio alle letture. Per esempio, adesso sto leggendo questo libro, più di un campanello è una sirena ululante.

Ecco cambiare ok, ma tutto sommato non si sta così male, allora cambiare poco, pochissimo alla volta, ma anche no.

E in questo orizzonte lo scrivere mi risulta difficoltoso.

Ma non volevo scrivere questa roba. La foto, volevo parlare della FOTO. 

Guardiamo attentamente la foto, please.

La foto mi manda fuori di testa. 

Pensiamoci un attimo. Se un anno fa avessimo potuto vedere un'anticipazione, un flash del futuro e ci fosse apparsa questa foto, che avremmo pensato?

Di pioggia e stanchezza: che vuol dire essere scafata

Ho una ruota nel cuore che detta velocità e pesantezze. Sarà questa pioggia, sarà che il caldo letale è passato, ma in questi giorni dormirei di continuo. Aspetto con ansia il fine settimana anche se poi rimango a casa perché non ho niente da fare. Sono apatica, mangio troppo per noia. Leggo meno del solito, non ho voglia. Mi sento la febbre, ma sto benone. Sto guardando The West Wing, ma lo Zeitgeist è cambiato e mi stona vedere certe scene d'una ingenuità sconcertante. Ho dei giorni di ferie, ma non mi va di andare da nessuna parte e non mi va di stare neanche qui.

I cambi di stagione sono sempre così.



Mad in Italy di Gabriele Ferraresi (recensione parziale)


Ho finito di leggere Mad in Italy. Manuale del trash italiano 1980-2020, scritto da Gabriele Ferraresi e pubblicato da Il Saggiatore. 
L'autore ripercorre 30 anni di storia italiana attraverso gli episodi più "trash" (lo metto travirgolette, poi spiego perché). 
Quando si parla di trash non si può fare a meno di parlare di Tommaso Labranca, e Gabriele Ferraresi è un estimatore di lungo corso di T-La. Cita Tommaso nell'introduzione, nei ringraziamenti e all'interno del libro, nel capitolo dedicato all'anno della morte. 
Questo libro è diviso in capitoli, ciascuno ha il nome di un anno dal 1980 al 2020. Il duemilaventi è incompleto, e si interrompe all'arrivo del covid-19, creando un effetto"brusco ritorno alla realtà" che trovo molto efficace come conclusione.
 
Io ho una "storia personale" con Gabriele Ferraresi. Mi contattò nel 2006 tramite il mio antico blog su Splinder 💖che era molto più seguito e molto più giallo di adesso. 
Era uno studente universitario, stava preparando la tesi di laurea su Cronaca Vera. Mi scrisse perché ne avevo parlato sul blog e io gli suggerii alcuni autori, primo fra tutti Labranca. 
 
tratto dal blog gattasorniona.splinder.it. grazie web.archive.org per avermelo conservato.
che vergogna quelle virgolette, ero una giovane intrisa di mainstream
 
 
«La mia rubrica preferita è I misteri del sesso a cura del Professor R. Dell'Alba.»
 
Vabbè.
 
Comunque, per concludere l'aneddoto, detti a Gabriele Ferraresi qualche indicazione, mi pare la copia elettronica di Andy Warhol era un coatto che già non si trovava più da anni e lui, dopo la laurea, mi inviò una copia della sua tesi, un dono molto gradito che conservo ancora adesso. 
 
Fine aneddoto. 
 
Ora, immaginatevi il piacere che mi ha fatto, dopo 14 anni, vedere questo ragazzo uscire con un libro così. Mad in Italy è un volume corposo, più di 400 pagine che raccontano gli episodi più pecorecci (ci sta meglio che trash, secondo me) della storia recente del nostro Paese.
 
Su tutto il libro aleggia lo spirito di Tommaso Labranca anche se gli episodi riportati non sono tutti tecnicamente trash, secondo la formula labranchiana: 
 
intenzione – risultato ottenuto = trash
 
Piuttosto sono per lo più episodi di costume sopra le righe, momenti beceri della nostra storia recente di cui ci ricordiamo più o meno tutti, ed è divertente leggerli in ordine cronologico raccolti in un unico volume. 
 
E il lettore, specialmente di una certa età come sono io, si diverte un monte a fare questo viaggio nel tempo, dai bei vecchi tempi al "brusco ritorno alla realtà", appunto.
 
Io ci ho trovato un sacco di roba che non mi ricordavo più, e che mi ha fatto piacere di leggere e ricollocare nella giusta scala temporale. Col passare del tempo i ricordi oltre a sbiadire si sovrappongono e questo libro casca a fagiolo.

Voto 🌟🌟🌟🌟 quattro stelline sberluccicanti come negli Anni Ottanta.
 

Ricordi randomici

Mi è venuto in mente un programma tv, di un tot di anni fa. Non ne ricordo il titolo, sorry, ma era una specie di Scherzi a parte in versione familiare. C’era il “concorrente” che fingeva di essersi fidanzato o fidanzata con un personaggio famoso. Poi invitavano tutta la famiglia a conoscere il nuovo amore perché-questa-volta-è-una-cosa-seria-anzi-serissima, e gli facevano incontrare la celebrità in questione. 

Tutti i familiari reagivano male. Mi è rimasto impresso come nessuno fosse mai contento, neanche un pochino, di avere il figlio o la figlia fidanzati con la Parietti o il Giletti di turno. 

Ecco, mi torna in mente questa cosa ogni volta che vedo una foto di Giletti.




 

Fake people storie di social bot (recensione)


 

Ho finito di leggere Fake People. Storie di social bot e bugiardi digitali di Viola Bachini e Maurizio Tesconi, Codice Edizioni.
 
Cosa sono i bot? Come funzionano? Questo libro ce lo chiarisce a suon di esempi e ci racconta dove i bot vengano usati più spesso, come per creare finti follower sulle piattaforme social.
 
L'acquisto dei follower fittizi per il proprio profilo social è prassi consolidata, e si tratta di un'operazione facilissima che comporta solo l'investimento di pochi soldi. Nel centro di Helsinki c'è una macchinetta che assomiglia a un bancomat – il nome vale più di mille parole: Quickfix – fatta apposta per acquistare istantaneamente pacchetti da migliaia di follower a botta. Anche in Russia si trovano aggeggi del genere che vendono un sacco, perché chi compra follower non lo fa solo per soldi, ma anche per dare un’immagine migliore di sé. E poi il rapporto tra like e scariche di dopamina ormai è cosa nota. Gli ambienti online in cui passiamo tanto tempo sono fatti da un numero consistente di fake con cui a volte interagiamo senza accorgercene.

Questo libro non svela chissà che cosa se si ha l'abitudine di leggere qualche articolo sull'argomento, però è fatto bene ed è consigliabile a chi si voglia costruire una panoramica sull'argomento.


 
Scopro da questo libro che è una vignetta celebrissima! (l'avrò vista mille volte)
Voto quattro mostrilli di Space Invaders: 👾👾👾👾
 
 

La vendetta è un piatto che va gustato freddo ma non freddissimo

Palazzo Pucci a Firenze

La famiglia Pucci era un casato molto importante all'epoca dei Medici, inciuciavano assieme, partecipavano alle decisioni importanti. 
 
Ma, come spesso accade, a un certo punto l'amicizia finì.
 
Siamo alla metà del '500 quando Cosimo de' Medici buttò fuori dal consiglio cittadino Pandolfo Pucci, accusandolo di cattiva condotta morale. 
 
Per Pandolfo fu un affronto gravissimo. Si sentì accusato ingiustamente e trascorse gli anni successivi a meditare vendetta contro Cosimo. Elaborò piani su piani per farlo fuori, contattò gli avversari politici, interpellò sicari prezzolati. Fu tutto un confabulare che andò avanti per ben nove anni, finché il Pucci ritenne di aver finalmente trovato il modo giusto di sbarazzarsi dell'odiato rivale – un modo un po' stupido, mi sentirei di osservare.
 
Siccome Cosimo de' Medici aveva l'abitudine di passare accanto al Palazzo della famiglia Pucci quando si recava a pregare in Santissima Annunziata, l'idea di Pandolfo fu di piazzare un cecchino a una delle finestre e dare così il colpo di grazia a Cosimo.
 
Pandolfo Pucci però aveva chiacchierato per anni con praticamente chiunque delle sue intenzioni, e non fu difficile per gli informatori dei Medici scoprire e sventare l'attentato. Pandolfo e i suoi sodali vennero giustiziati e il palazzo fu requisito.
 
Cosimo continuò a passare da lì per andare in chiesa, ma ogni volta la vista di quella finestra gli ricordava il fattaccio. Allora la fece murare.
 
E ancora oggi è murata.
 
La morale è che la vendetta è un piatto che va gustato freddo ma non freddissimo, e con tanta discrezione.

La redazione di copywriter e il lavoro sul blog

 


Pubblico un estratto di "L'Alba dei Farabutti". Walter è il nome di fantasia dell'efferato titolare della webagency per cui ho lavorato nel 2011.

Walter spalancò la porta del bagno con uno schianto. Sobbalzai sulla sedia.

«Allora, seguitemi. Qui c'è un lavoro da fare sul blog» disse guardandomi serio.

«Sì, Walter» dissi.

«Cazzo, non mi parlare sopra. Dicevo che qui c'è da fare un grosso lavoro sul blog. Grosso. Ok? Non attira, non ha appeal. È distaccato dalla realtà, l'ho fatto leggere a un'amica giornalista americana. Manca di lavoro d'inchiesta. Sì, ecco. Lavorarci. Non è possibile, per esempio, non aver scritto nemmeno una parola sulla morte di Steve Jobs. Una notizia così importante, non puoi lasciarmela da parte» disse grave, rivolto verso di me.

Carmine annuì sospirando. Prese dalla tasca l'iPhone e lo appoggiò sul tavolo.

«Lo so, Walter, però la priorità sono i prodotti e le emergenze rosse» replicai.

«Certo, lo capisco, ma un po' di senso della notizia, no? Basta poco e si spaccano i culi col blog, mi segui?»

Facevo schifo anche come giornalista. Mi tranquillizzai, non ero una giornalista e nemmeno ci tenevo ad esserlo. Che assumesse dei professionisti per scrivere.

Walter mi lesse nel pensiero.

«Qui bisogna mettere insieme la redazione di copy. È il momento giusto. Tu li coordinerai e curerai la pubblicazione degli articoli, ma ci vogliono dei professionisti per scrivere, sennò non spacchiamo.»

«Sono d'accordo» dissi.

«Bene, mi fa piacere. Mettiti d'accordo con Carlo Gustavo per la selezione dei nomi. Ma contattali te e gestisci direttamente le collaborazioni ok?»

«Ma scusa non è meglio che la selezione del personale la faccia Carlo Gustavo? In fondo è il suo mestiere.»

«No, fatti dare i nomi e poi scegli te chi ti sembra meglio. È chiaro? Domani mattina Carlo Gustavo verrà qui, iniziate subito. Ok?»

«Bene, ho capito. Nessun problema. Qual è il budget?» domandai.

«Cerca di stare bassa nelle trattative. Parla con Mafalda dei dettagli, lei sa già tutto. Tratta con questi tizi, pugno fermo, non cedere come una pera cotta. Ok?»

«Chiaro, ma più o meno quanto posso spendere?»

«Ti ho detto di parlare con Mafalda. Io devo andare, ho un appuntamento con un cliente» mi interruppe.

Corse fuori e poco dopo lo vedemmo passare sul SUV, a tutta velocità.

Contattai immediatamente il nostro psicologo aziendale e fissammo per la mattina successiva. Avrei preso due persone, ciascuna avrebbe scritto quattro o cinque post a settimana.

Gradualmente avrei implementato il numero di collaboratori e il numero di contributi, ma prima volevo testarli ad uno a uno. Li stavo contattando mettendoci la mia faccia, preferivo essere prudente. Telefonai a Mafalda.

«Ciao, ti chiamo per quella faccenda dei copy, Walter mi ha detto che posso chiedere a te per il budget da assegnare...»

«Ehhhhh?»

«Mafalda, sto per assumere i copywriter. Ho bisogno di sapere quali sono i compensi che pagate per questo genere di cose, così posso fare la trattativa...»

«Cheeeee?»

«Santo cielo, Mafalda. Hai capito di che parlo? Walter mi ha detto che ti aveva avvertita. Quanto la paghiamo questa gente?»

«Chiiiii? Senti, Walter non mi ha detto niente.»

Carlotta soffocò una risata. La guardai malissimo e lei uscì nel vicolo per ridere in santa pace.

«Allora come faccio, Mafalda?»

«Mo' lo chiamo e ti dico» rispose svogliata.

Carlotta rientrò.

«Walter mente sulle cose più elementari» dissi attonita.

Celebrity di Andrea Kerbaker (recensione)

 

Ho finito di leggere Celebrity di Andrea Kerbaker, edizione la Nave di Teseo. 

È un racconto lungo un centinaio di pagine sulla smania di essere famosi. Il protagonista è un giovane barista di nome Giuseppe Scannadinari – anche se preferisce essere chiamato Pino – logorato dal desiderio di diventare famoso e finalmente ottenere la rivalsa sociale che desidera più di ogni altra cosa. 

L'occasione gli arriva quando riesce a partecipare come concorrente a un quiz televisivo. Il racconto si svolge nei giorni tra la registrazione della puntata e la messa in onda. 

Pino è un ragazzo buono ma sfigato, poco istruito, poco intelligente, viene da una famiglia con le stesse caratteristiche. Dopo essere stato alla RAI a registrare la puntata, si fa dei film pazzeschi, ed emerge qualche problemino con la realtà. È uno dei tanti, vien da pensare. La fine non la svelo, ma in sostanza è tutto qui. 

Una cosa mi ha sconvolta, se posso permettermi. Celebrity è un volumetto minuscolo, che ho trovato a due euri razzolando nella cassetta delle offerte alla IBS. Però da nuovo il prezzo di copertina sarebbe stato 11 euro, una cifra assurda per poco più di cento (dimenticabili) pagine che si leggono in un'oretta o poco più. Mi sembra un prezzo troppo esagerato. Ecco, lo volevo dire.

Voto: gli do due televisioni 📺📺solo perché tra le emoticon non ci sono i riflettori.

Disclaimer per i miei tre due lettori. 

Ho letto un mucchio in quest'ultimo periodo, ma non ho avuto voglia di fare le recensioni. Però sto tenendo traccia dei titoli su Goodreads, in caso interessasse. 

(p.s. anche goodreads lo aggiorno in maniera discontinua e umorale, ça va sans dire)

I commentatori, post verticale post pennichella quasi coma

 

Disclaimer: post lamentosissimo, nostalgico e scritto da ancora semi addormentata.

Quando ero molto più giovane e avevo un blog di discreto successo, avevo anche alcuni fan – ora non saprei nemmeno come si chiamarli: seguaci, follower... all'epoca però non si chiamavano follower, forse semplicemente commentatori – comunque sia, alcune persone che venivano a commentare con un pattern ben specifico ogni santo post che mettevo on-line.

Ce n'era uno che non appena premevo il tasto invio e il mio post finiva sulla pagina gialla di Splinder, mi rispondeva immediatamente in privato, facendomi una domanda a caso e pretendendo una risposta. Tipo parlavo di un panino al lampredotto –con tanto di foto e descrizione – e subito il tipo mi scriveva in privato per chiedermi cosa fosse un panino al lampredotto, domandando un chiarimento su ciò che avevo appena scritto e perché avessi parlato proprio di panino al lampredotto e non di giardinaggio, per esempio. 

Era surreale.

Non dovrei neanche sepecificarlo, ma io non sono Kierkegaard, i miei post erano, sono piuttosto semplici, autoreferenziali come come in uso nei blog e mi hanno sempre irritato quelle email irritanti e lamentose che arrivavano a ogni santa pubblicazione. 

Era un po' come quei tizi che ti chiedono sempre di ripetere quando parli perché un po' non ti ascoltano, un po' non hanno voglia, un po' sono abituati così e pretendono che chiunque si adegui.

Ora non so perché ho pensato a questa cosa mi sono svegliata da una pennichella-tipo-coma con questo pensiero, con in mente Splinder, i commenti e in particolare quel commentatore. 

Ma non solo lui. C'era quello che iniziava sempre con la frase "anche se spesso non sono d'accordo, con te ti seguo comunque sempre e vorrei dirti che" eccetera. Mi faceva imbufalire.

Adesso mi rendo conto che ci sono dei motivi per cui mi ritrovo il blog semi-abbandonato e mi sono rimasti due lettori di numero che ognhi tanto passano da qui. Volevo dire un'altra cosa. Volevo scrivere un'altra cosa. Questa avrebbe dovuto essere una premessa per il post vero e proprio ma mi ha preso la mano e ho divagato troppo. Come ai tempi di Splinder.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...