Quarantamila Euro



«Quarantamila Euro. Capite? Quarantamila.»
«No, non capiamo, raccontaci tutto» disse Carlotta. Sorrise e le mise una mano sulla spalla. Era entrata in modalità “assistenza caso umano”. Lucilla avrebbe vuotato il sacco senza neanche accorgersene, Carlotta era una professionista in “aperture e confidenze”. Ma non ci fu bisogno di insistere.
«Quella testa di cazzo, ha debiti con noi per quarantamila Euro. Tra prestiti e le altre cosucce. Tutto un blaterare... ve li rendo, c'ho il business nascente, il Made in Italy di classe, c'ho la SEO che spacca... la manager con i controcoglioni... Sì, tesore, vu sareste proprio voi due. La ditta è una miniera d'oro... Cazzate.»
Carlotta ed io ci scambiammo uno sguardo attonito.
«E allora io gli ho detto al mi' omo: e vediamola questa miniera d'oro. Tocchiamola con mano, la miniera d'oro. Se c'è ciccia si aspetterà a prendere provvedimenti. Quel testa di cazzo si conosce da tanto, gli si vuole anche bene.»
«Ma non c'è ciccia, vero?»
«Sie, ma dove? Figliole carissime, io ve lo dico col cuore in mano: andate via finché siete in tempo. Quello non ha più nemmeno gli occhi per piangere.»
«Diciamo che l'avevamo intuito» disse Carlotta.
«Allora gli s'è detto: basta soldi, basta cazzate. Capite cosa intendo? E lo sapete che ha fatto quel testa di cazzo? Eh, lo sapete?»
Carlotta ed io facemmo di no con la testa.
Lucilla si accese un'altra sigaretta. Una pausa ad effetto. Aveva le unghie decorate con motivi floreali e cuoricini. Si accorse che le osservavo.
«Belline, vero? Mi fanno pendant con il tatuaggio. Dopo ti do l'indirizzo della mia manicure: è un'artista» disse avvicinandosi la mano alla pancia abbronzatissima, scoperta dal jeans a vita bassa, dove sbucava un pezzo di tatuaggio che sembrava una macedonia caduta a terra di: cuori, stelline, segni zodiacali, il simboli della pace... Diede una lunga boccata finché ritornò furiosa.
«Quel testa di cazzo. Dico, quel testa di cazzo, mi ha licenziata.»
«Non lo sapevo» disse Carlotta sorpresa.
«Perché?» domandai.
«Perché? Tu mi chiedi perché?» si agitò Lucilla, guardandomi storta.
«Sì, come mai? Se vuoi dirmelo, naturalmente.»
A volte mi sembrava di parlare con il Pedrella.
«Perché io non gliel'ho mai data. Mai. Ecco il perché» disse lei, togliendosi gli occhiali e fissandomi con gli occhi sgranati.
Quegli occhiali erano davvero enormi.
«Dolce & Gabbana, 280 Euro, praticamente tirati dietro. Ai saldi dei “Gigli”» aggiunse mettendoli via.
«Cosa?»
«Il Pedrella ci ha provato?»
«Certo figliole, che credete? Tutte le volte che poteva, quel maiale. Pensava che fossi venuta qui per farmi l'amante. Capite? Ma chi se lo caca, quello. Figuriamoci.»
Aveva le pupille dilatate e i capillari del viso rotti.

Tratto da L'Alba dei Farabutti.

Il nazista decontestualizzato




Un'unica volta, perciò non mi ricordo il nome. L'ho dimenticato all’istante, durante le presentazioni.

Succede.

Era un ragazzo sulla trentina, magro, trasandato, pareva un ex punk degli Anni Ottanta teletrasportato in un lampo alla fine dei Novanta.
Barba?
Baffi?
Gobbo?
Boh, ricordo poco di lui, tranne quella svastica nera che all’improvviso sbucò da sotto la manica.

Ci rimasi malissimo. E come ci dovevo rimanere? Una svastica del cazzo.

Erano tempi meno ambigui di quelli che viviamo oggi. I fascisti stavano nelle fogne, figuriamoci i nazisti.

In quel frangente, però, non feci alcun ragionamento politico. Rimasi attonita, un po’ affascinata, vergognandomi subito. Dalla mia posso dire che non avevo mai visto una cosa del genere. Un tatuaggio a forma di svastica sull’avambraccio era oltre qualsiasi manifestazione di ignoranza possibile. Non mi capacitavo.

L’emblema del Male! Con la emme maiuscola.

Senza scomodare la Hannah Arendt, ricordo che mi fece tutt’altra impressione. Mi sembrò più che altro emblema del disagio e dell’auto-emarginazione a tutti i costi. ‘Na tafaziata di somma demenza, per dire.

Il tizio sembrava tranquillo. Anche questo mi spiazzava. I nazisti li sapevo molesti. Che c’entrava questo tipo silenzioso?

Iniziai a guardarmi intorno, perché c’era un neonazista in quell’occasione? Ce n’erano altri?

No, era da solo, ci misi un po’ a capirlo e ne fui sollevata.

L’occasione era una cena per un’amica ritornata da Londra per trascorrere le ferie a Firenze. Era una reunion di persone che non si conoscevano tra loro, che erano lì solo per festeggiare un’amica comune. Che tra l’altro è stata la prima tra i miei amici a trasferirsi all’estero, forever.

Il nazista era finito nella compagnia chissà per quale strano giro perverso di conoscenze. Perverso perché chi può avere tra le proprie conoscenze un tizio con una svastica tatuata sull’avambraccio?

Ricordo che alla cena l’interesse per il tizio con la svastica si affievolì subito, collettivamente. Il tizio era sottotono e fece tappezzeria per tutta le sera, forse fu per questo che nessuno si interessò alla sua presenza più di tanto.

Di solito, infatti, questi soggetti stanno sempre in branco, si muovono tra di loro nei loro circuiti di marginalità e disagio, non si mischiano con la gente normale e quando lo fanno è solo per rompere i coglioni al prossimo. Mi si perdoni il francesismo, ma qui ci sta tutto.

Ricordo che quel tipo non disse una parola o quasi per tutta la sera, però fu tranquillo.

Nessuno degli invitati gli disse nulla sulla svastica tatuata, anche se la notarono tutti.

In effetti non c’era nulla da dire: che gli vuoi dire?

Sono passati tanti anni da quella sera e, dio solo sa perché, oggi ho ripensato a quella cena estiva e surreale tra i tetti di Firenze, col nazista decontestualizzato.
Chissà se il tizio ha ancora la svastica tatuata sul braccio, chissà se ha cambiato idea, chissà se non si sente un po’ stronzo.

Pronto Nabucodonosor?



Pronto Nabucodonosor?
...
Oh, finalmente. È una vita che aspetto, stronzi.


Click.














Matrix è ovunque, è il mondo che ti è stato messo davanti agli occhi per non farti vedere la realtà.

Sì, lo so cos'è Matrix. Lo sanno tutti: pillola blu, pillola rossa.

Ehm, questo è il mondo reale, le macchine hanno preso il sopravvento, gli esseri umani vengono coltivati come le piante...

Benissimo, guarda. Molto meglio del casino dei weekend prenatalizi a Firenze...

Dicevo, gli esseri umani vengono allevati come piante...

...Con la pioggia, i turisti e i lavori della tramvia, non so se mi spiego... l'inferno.

Stiamo organizzando la resistenza, ci riprenderemo il nostro mondo.

Scusa, ma perché disturbarsi? Qui si sta una crema.

Possiamo allenarti per tornare indietro a combattere a colpi di jujitsu.

Guardi signor... Signor?

Morpheus.

Ecco, guardi signor Morpheus, la ringrazio ma non le faccio perdere altro tempo. Datemi solo un po' di pappina proteica e un salva schermo coi caratteri kanji a caso. Poi andate dove vi pare, e auguri col parcheggio.

Ah, allora ok.

Signor Morpheus?

Sì?

Fichi codesti occhiali.

Grazie.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...