Intime distorsioni prima del caffè



Se penso alla mia vita in modo astratto, senza realmente pensare a nulla in particolare, ho sempre la fastidiosa sensazione di aver sempre speso malissimo il mio tempo.

Un po' come lo Zeno Cosini dei frammenti sparsi post "Coscienza di Zeno" che, messo di fronte al classico dilemma faustiano, schifa sdegnato la possibilità dell'eterna giovinezza, perché preferirebbe di gran lunga barattarla con «qualcosa di molto nuovo, qualcosa che mai conobbi, perché non vi sono giorni che vorrei rifare ora che so dove mi condussero*».

Ecco, proprio così.

La sensazione orrenda di un'intera esistenza sprecata in perdite di tempo.

Anche adesso, specialmente adesso, in questo grigio post pranzo domenicale, con la digestione in partenza e il caffè sul fuoco.


Non so se poi per me sia stato veramente così, so solo che la prima sensazione, che mi aggredisce piano ma determinata la bocca dello stomaco, è questa.
Non c'è bisogno di specificare che non si tratta di una bella sensazione. Ma specifichiamolo, tanto sono autoreferenziale e prolissa.

L'odore del caffè comincia a diffondersi per la casa, mentre la vecchia moka annerita borbotta metallica.

Allora ritorno indietro con la memoria a certi momenti che per me sono stati topici, i nodi spazio temporali emotivi e relazionali in cui il corso della mia esistenza ha cambiato direzione, una matassa di grumi di lana caprina che hanno portato a un abbassamento delle mie aspettative.

Quali aspettative?

Tutte.

La mia vita sta implodendo e l'entropia si prepara a vincere a mani basse.

Sento che sto per soffocare.

Il caffè comincia a salire, il coperchietto metallico trema, il fornello scoppietta.

Sorrido, faccio questi discorsi da sempre, anche quando ero un'adolescente deresponsabilizzata con tutto il mondo davanti (ah, i mitici anni Ottanta...).

Ecco un accenno di odore di gomma bruciata. Spengo il gas.

Il problema è che non so vivere bene e non so come rimediare a questo sciocco problema.
Intuisco che il cambiamento, specie quello nelle faccende quotidiane, se non è coadiuvato da cause esterne dirompenti e imprevedibili, debba avvenire per piccoli passi. Intuire una direzione, la mia direzione, e cominciare il cammino. Non c'è altro modo. Ma come si capisce la direzione giusta? È davvero un'intuizione oppure si tratta di una scelta ponderata? La razionalità in questi casi non è di aiuto.

Verso il caffè nella tazzina e rinsavisco al primo sorso.

Basta poco a rimetterti in sintonia.

Arriva l'hic et nunc a salvarti dall'impasse. Pensi alla giornata che ti attende, alle cose che hai da fare, agli impegni che ti sei presa, alle persone che devi vedere e all'improvviso ti rendi conto che i nodi cruciali sono altri, che sono sempre stati decisamente altri.
Il cambiamento è in atto tuo malgrado, devi solo toglierti quegli occhiali polverosi che adori indossare dai tempi della scuola, che distorgono la prospettiva e ti fanno vedere tutto grigio.

Finisco la tazzina con un sorso e addento un cantuccio di Prato.

All'epoca sarò anche stata magra, ma ero una gran rompicoglioni.





*cito a memoria, dai.

2 commenti:

  1. quasi quasi sembra l'inizio di una crisi di panico..... gatta, troppo rimuginare sul passato secondo me non fa bene alla (tua) salute, ma per me va benissimo perchè poi risultano dei post godibilissimi come questo qui!!!!! ;-D

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  2. Il tempo non lo puoi riavvolgere, purtroppo... Se sei convinta di aver seguito la strada sbagliata, tra quelle che ti serbava il futuro, non farne un dramma: "Non è mai troppo tardi per essere quello che vuoi essere".

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