Visualizzazione post con etichetta sì ma non su per il culo (© Luttazzi). Mostra tutti i post
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Buone azioni quotidiane: il biglietto

Stamani ho fatto una buona azione, di cui mi sono parzialmente pentita subito.
Recap.
Sull'autobus era salita una signora anziana senza biglietto.
L'autista non ne aveva da vendere.
Succede spesso, forse l'Ataf dovrebbe mettere delle macchinette automatiche sugli autobus perché gli autisti odiano vendere i biglietti. Lo fanno sempre come se ti facessero un piacere. Li ho visti tante volte sbuffare e sospirare perché qualcuno aveva osato cercare di acquistare il biglietto a bordo.
Non so perché facciano così e neanche voglio saperlo, io sarei per bypassare l'umano senza tante remore: metti i soldi nella macchinetta e lei ti sputa il biglietto più il resto.
Tutto qui e fanculo all'autista.
Ma sto divagando.
Torniamo alla buona azione.
Dunque la signora era senza biglietto ed era preoccupatissima dei controlli. Pare che i controllori dell'Ataf siano parecchio stronzi. Ha chiesto se qualcuno avesse un biglietto da venderle. Tutti sono rimasti zitti.
Tutti tranne me.
Io signora, ho detto, tirando fuori un biglietto.
Ho cinque euro ha detto lei.
Non ho da farle il resto, ho risposto, però lo prenda lo stesso.
Grazie, ha detto lei prendendo il biglietto, ma come glielo pago?
Si figuri.
Ma mi dispiace, ha detto la signora mettendo il biglietto in tasca, senza timbrarlo.
Vabbè signora, se un giorno...
Ecco sì, se un giorno la ritroverò e lei avrà bisogno di un biglietto, glielo darò. Ha esclamato la vecchia, ispirata.
Eh no, signora, se un giorno lei incontrerà qualcuno, chiunque, senza biglietto, l'aiuterà. Ho puntualizzato.
In quel momento avrei dovuto fotografare la faccia della vecchiaccia mentre mi rispondeva: sì sì, come no.



Aspettarsi il lavoro gratis dalla webagency di fiducia



Gianluca Diegoli ha pubblicato un podcast dal titolo: "Aprire un negozio online, da dove comincio?" Si tratta di un seminario sul tema: ecommerce e presenza online delle aziende. In circa un'ora e mezza di conversazione, affronta alcuni temi cruciali per chi si occupa di commercio in rete: dalla costruzione del sito, all'impostazione della newsletter, dalla gestione della mailing list al rapporto con i social Network, dall'organizzazione del customer care... e così via.

In tutto questo discorso mi ha colpito l'intervento polemico sul finale, fatto da un tizio titolare di un sito di ecommerce che ha sollevato un problema per me emblematico. Il tizio ha preso la parola per lamentarsi delle webagency in generale e della loro pessima abitudine di pretendere di essere pagate per i loro servizi.

10 cose che un commerciale deve evitare quando incontra il potenziale cliente



Durante una riunione aziendale, un fornitore di servizi web mai visto prima (né dopo), per spiegarmi le meraviglie dei social network, ha aperto il suo profilo Facebook - pieno di foto della Fiorentina, sfottò volgari tra amici e aforismi alla Osho - e si è messo a scorrere quella timeline imbarazzante sotto al mio naso. Incurante della figura di merda che stava facendo, si è soffermato sui dodici (12, uno-due) like alla foto di un cucciolo di labrador, postata il giorno prima.

- Capisci? 12 like così, senza praticamente fare niente - mi ha detto entusiasta, quasi fosse stupito di un tale successo.

- Wow - ho risposto, cercando di capire se mi stesse prendendo per il culo oppure no.

No no, era serissimo, naturalmente. Ed era anche convinto di trovarsi di fronte a una come lui.

Allora ho pensato di scrivere i 10 errori secondo me che un commerciale non deve mai fare quando entra in contatto con un'azienda.

Artigianato e palazzo: la manodopera e la connessione a carico dei blogger




Artigianato e Palazzo, la mostra a Firenze dedicata agli artigiani, per il secondo anno "ammette" i blogger. I motivi sono: rilanciare l'evento (che quest'anno compie vent'anni) in un'ottica al passo coi tempi, valorizzare i giovani, e dare risalto al connubio tra tradizione e multimedialità.

Interessante.

E poi quando ci sono di mezzo i blogger mi fa sempre piacere.

Fenomenologia dell'odio per l'apericena nelle cronache di vita vissuta


Da quella sera non ci siamo più visti... ma come mai? Che fine avete fatto, ragazzi? Non siete mai liberi... allora ditevelo che ve la tirate! Eh eh eh. Dai allora la prossima settimana si fa l'apericena.


Brividi.
Ma almeno questa volta l'intenzione è manifesta.
Ho tutto il tempo di farmi venire la bronchite.
O il classico dei classici per smarcarsi dalle situazioni sgradevoli: il disturbo intestinale.
L'altra volta mi, anzi ci avevano colti alla sprovvista.

Il drone che volava sulla campagna toscana per eludere i recensori di Trip Advisor

Guardo un'altra volta le immagini della facciata secolare, screziata dal sole d'estate.
L'inquadratura sale in un crescendo di velocità, finché la villa scompare e al suo posto spuntano le colline.
Cipressi, ulivi, ville, un campanile in lontananza.
Il campo di ripresa percorre filari di viti, campi morbidi, cavalli che galoppano su un prato.
Poi una zona industriale: capannoni, furgoni, un parcheggio.
«Questo lo tagliamo» dice con disappunto.

Nobili e dipendenti pubblici: praticamente la stessa cosa

Giornate con livelli di stress che si possono tagliare a fette e poi usarle per farcire un panino: "sandwich allo stress e sanguinaccio, con una spruzzatina di succo di bile". Rende l'idea perfettamente.
Si avvicinano l'autunno e lo spleen depressivo.
Le giornate silenziose, i contrasti di luce dell'estate rimangono un ricordo languido. Ora è tempo di foschia e ansia diffusa: più stress per tutti.

Ovaie sfrangiate

Il bestemmiatore lapidato (da wikip.)
Sono incartata su un paio di post che ho cominciato a non riesco a finire. Argomento: libri che ho letto e che mi sono piaciuti. Consigli di lettura, ecco. Ho un paio di cosette che mi hanno fatta godere e che ci terrei a segnalare. Piano piano sto mettendo insieme un paio di post.
Purtroppo - è uno dei miei tantissimi limiti - ho difficoltà a raccontare le cose che mi sono piaciute. Mi sento più a mio agio a scrivere di esperienze negative, specialmente se hanno dei risvolti paradossali o grotteschi, non so perché. Ci fosse uno psichiatra all'ascolto e avrebbe voglia di spendere due parole, beh, è il momento giusto. Tra l'altro scambiando opinioni tra blogger mi sono resa conto di essere in buona compagnia, quindi sarebbe anche un servizio collettivo.
Così il post di oggi è sul nulla, però mi serve a stemperare un po' di depressione "da ritorno" che mi sta affliggendo. Infatti sono stata all'estero per pochi giorni e adesso mi trovo nella fase immediata del post-rientro col cuore in quella città del nord Europa dove tutto sembra funzionare meglio e dove la vita è senza dubbio più tranquilla e stimolante che da queste parti. Giornate belle di cui non racconterò quasi niente per i motivi di cui sopra.
Mentre ero a visitare luoghi in cui non ero mai stata, mi ha telefonato la commercialista per informarmi che ho un debito con i miei datori di lavoro di 20 euro (non direttamente con loro, ma la faccio breve). Si sono lamentati? No, il problema non sono loro, è lo Stato italiano, se non risolvi la faccenda, ha detto. Altrimenti l'anno prossimo ti ritroverai alle prese con una grana burocratica di quelle rognose, che potrebbe evolversi in chissà che, non vale la pena per soli 20 euro. Allora ho distolto lo sguardo da tutta quell'Art déco che mi riempiva la vista ed ho moccolato con la solita fantasia toscana, ché in questi casi è l'unica cosa che mi fa stare meglio. Poi ho chiamato il lavoro e, naturalmente, mi hanno detto chi se ne frega, la prossima volta metti in conto 20 euro in più e via... Lo so, ma per correttezza, vi devo avvertire. Poi ho moccolato ancora e ho ritelefonato alla commercialista che ha detto ok ma è meglio che tu passi in settimana da qui, tanto ritorni a Firenze a breve, vero? Vero, ho risposto moccolando ancora, ma questa volta sommessamente.

Il Nemico

Sono triste e ho lo scoramento. Il motivo è presto detto: lo Stato italiano mi deve all'incirca novecento euro. Vogliono che mi rechi negli uffici appositi per iniziare la procedura di rimborso. Dovrei essere contenta, invece no.  Sono avvilita da quando mi sono resa conto del perché questa per me non sia affatto una bella notizia.
Ma andiamo per ordine. Tempo fa l'Inps mi ha mandato una lettera a casa dove mi dice che ho questi soldi da recuperare, roba pagata in più negli anni passati, mentre chiudevo la mia vecchia attività perché non ce la facevo più ad andare avanti.
Sono tanti soldi, un piccolo "tesoretto", anzi, a penasarci bene mica tanto piccolo, specialmente adesso che c'è la crisi, si lavora meno e si deve rinunciare a quasi tutto perché non c'è più trippa per gatti, signoramia.
Dopo qualche giorno però mi sono resa conto di non avere il coraggio di andare a ritirarli. Paura dell'effetto vaso di Pandora, di scatenare l'Inps e di entrare in meccanismi kafkiani che mi fanno venire il magone solo a scriverne, adesso, in questa pausa caffè anonima.
Ne ho parlato con alcuni amici, e tutti mi hanno dato ragione e mi hanno detto di lasciar perdere i soldi, anzi: di far finta che quella lettera non sia mai arrivata.  Perché non è possibile che mi restituiscano quei soldi indietro e ormai non conto più le storie di persone che, in una situazione simile, si sono ritrovate con la somma quintuplicata - ma da pagare loro allo Stato - per "sciocchezzuole" di cui non sapevano nulla e labirinti infernali di ricorsi.
In attesa di prendere una decisione avevo attaccato la lettera al frigorifero, interrogando chiunque mettesse piede in casa mia. E tutti a dirmi di lasciar perdere.  Infine l'epilogo: ieri ho preso la lettera e l'ho stracciata in piccoli pezzi e adesso sta nella pattumiera della carta. Domani se mi ricordo la porto al cassonetto. Cos'è successo ieri? Semplice, ho letto Avviso ai migranti su KeinPfusch e poi ho letto anche il thread nel forum sempre sull'argomento dei finti rimborsi. Tutte esperienze (un po' diverse, parlano alcuni residenti all'estero, ma tant'è) di persone che con la scusa di ottenere rimborsi dallo Stato italiano si sono trovate invischiate in meccanismi kafkiani o fantozziani che dir si voglia. E la riflessione è amara. Mi sono resa conto di percepire come un nemico lo Stato in cui sono nata, che dovrebbe tutelarmi, di cui mi dovrei fidare e a cui - in un mondo ideale - dovrei essere contenta di dare i miei soldi sotto forma di tasse per quello che fa per i cittadini. Un meccanismo di sfiducia naturale, innescato dall'esperienza. Un nemico poco nobile, di quelli che nei film fanno i furbastri e di cui non ti puoi fidare mai, ma proprio mai, il personaggio che "mancia spaghetti e suona mandolino, dice cosa e poi fa altra", tanto per fare una citazione colta. Quindi tenetevi i miei novecento, grazie.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...