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Non è la destinazione, ma il viaggio che conta: London calling


Arrivo trafelata nel piazzale di S.M. Novella, giusto in tempo per mettere il culo sul sedile di un autobus fatiscente, carico di fiorentini su di giri, e diretto a Pisa, dove mi attende il solito volo scrauso Ryan Air comprato a caro prezzo all'ultimo momento.

In aeroporto la trafila è estenuante, ripongo deodorante, crema e struccante dentro a un sacchetto trasparente e mi unisco al serpentone di mini trolley.

Passo i controlli, ingollo un caffè che sa di ammoniaca e finalmente mi siedo. Ravano nello zaino cercando di pescare il Kindle, ma mi interrompo subito. C'è di meglio intorno a me. È in atto, infatti, un episodio live di Airport Security "Pisa Edition".

Defenestrare il manigoldo: incontro con la marchesa Daniela del Secco d'Aragona


Ci sono dei momenti in cui penso di aver sbagliato tutto nella vita.
Sono attimi brevi per fortuna, che concludo sempre pensando che forse mi ci vorrebbe un mentore per imparare a vivere come si deve.
Credo di averlo trovato. Pardon, trovata.

Ennesima partita Fiorentina Juventus, la città si spopola come in Fantozzi.
È l'occasione giusta per uscire, Firenze diventa improvvisamente tranquilla e vivibile, il momento propizio per andare a cercare gli eventi più interessanti.

E la città non delude (alla faccia di chi dice che Firenze stia morendo): infatti alla libreria IBS di via Cerretani la marchesa Daniela del Secco d'Aragona, diventata famosa per aver partecipato al reality on the road "Pechino Express" in coppia col suo maggiordomo, presenta il suo libro "Come diventare Marchesa ed esserlo in tutte le situazioni della vita".

Già il titolo promette bene, dà l'idea della nobiltà acquisita in seconda battuta e furbescamente ci include tutti nel magnifico mondo del sangue blu. Poco importa che nel nostro paese la nobiltà non sia più riconosciuta dal '48, ma in fondo chi se ne frega.

La sala della libreria è piuttosto affollata, davanti a tutti quanti c'è la marchesa, seduta in mezzo a due tizi.

Quello più azzimato che la introduce, ci spiega di essere un esperto in alberi genealogici, attività con cui campa, anche se non ci vuole annoiare con tediose spiegazioni su casati e discendenze blasonate.

L'altro, più giovane, tiene in grembo un volume pieno di segnalibri: l'opera della marchesa, postillatissima. Il libro strabuzza di post it colorati, sembra uno dei miei diari di quando andavo a scuola. Capisco che spera di leggerci qualche brano a sua scelta, evidentemente si è preparato con cura.

La marchesa, con elegante crudeltà ce lo presenta come avvocato che abita in un condominio.

Sembra stupita che ci sia gente così al mondo. Gente che abita in un condominio qualsiasi.

Addirittura, i condomini dell'avvocato, sapendo che averebbe partecipato alla presentazione con lei in carne ed ossa, hanno preparato delle domande da rivolgerle.

Lei è felice, è democratica e dalla parte del popolo, una marchesa che lavora sodo. Tuttavia esprime un leggero disappunto perché spesso noi "persone normali" [aka bifolchi] non sappiamo che "marchese" occupa una posizione più in alto di "conte" nella scala nobiliare. Infatti io non lo sapevo, adesso lo so e ho anche imparato che i baroni sono piuttosto sfigati in questo gioco.

La marchesa è l'ottavo re di Roma, come ha dichiarato Bruno Vespa durante una serata salottiera, definizione di cui a dire il vero si fregiano in molti, ma che a lei calza a pennello. Comincio a divertirmi. 

Viene presentato il libro, c'è lei in copertina a figura intera con un abito lungo. Mi pare una foto un po' datata, il vestito è un po' demodé, ma poi penso che io di moda e di ricevimenti non ci capisco un cavolo e sospendo il giudizio (poi ho scoperto che tanto torto non lo avevo e che non sono l'unica a pensarlo: il vestito è proprio vecchio).
Comunque si tratta di un abito "a sirena", ci spiega, chiamandoci "adorati".

Dal pubblico arrivano domande su moda e vestiti. Gli accessori sono fondamentali, "adorati", ci illumina la marchesa.



Io e la mia amica rimaniamo conquistate dalla fauna presente, personaggi pittoreschi dal look elaborato: un concentrato di doppi cognomi e mise costose, ma che a ben guardare, emanano decisamente un'aura frollata. Tuttavia la marchesa spicca anche sulla massa dei suoi simili, ha una vitalità sorniona che eclissa tutti gli altri messi insieme.

Inizia l'anedottica, si parla delle sue feste iper-mondane, specialmente di una nel feudo, a cui tutto il popolo ha partecipato. Perché la marchesa non si stanca di ripetere quanto sia democratica e in quell'occasione ha invitato tutti, ma proprio tutti, compresa la tabaccaia e il cassiere della Despar, dove lei personalmente fa la spesa e anche la raccolta punti. "Amo il popolo, basta che non mi taglino la testa".

Applausi e ammirazione sconfinata dalla platea.

Ci racconta della figlia che sta per sposarsi, è felice, il futuro genero è come un figlio per lei. La marchesa si è sposata per ben tre volte, tutte cerimonie sobrie: al primo matrimonio erano cinquanta invitati, al secondo dodici e al terzo tre.

Il discorso ritorna sulla moda, la marchesa è un personaggio troppo ghiotto per non chiederle consigli sul look.

Ascolto incantata.

Perché un capo di Prada può essere facilmente confuso con uno di Zara e allora approfittatene "adorate"; è inutile spendere tanti soldi quando si può essere eleganti spendendo meno. Mica come le sue domestiche che facevano i debiti per comprarsi vestiti firmati. E poi il vestito è l'ultima cosa, un tubino nero va benissimo, l'importante sono gli accessori.

Perché la marchesa è una donna pragmatica nonché democratica, non gliene frega nulla di giocare a burraco nei palazzi (cit. Fellini e Sorrentino in un colpo solo, tanto per gradire). No, lei vuole uscire, parlare con la gente. È una che si immerge nella vita, va in metropolitana da sola, mica bruscolini.

Quando va in metropolitana a Roma, si sente come papa Francesco nei suoi bagni di folla ma pieni di umiltà. Tutti la riconoscono ed esclamano: la marchesa di Uno Mattina! La marchesa di Pechino Express!

Si è divertita tantissimo. Ci racconta che durante il reality in Oriente, ha preso a ombrellate la guardia del Re a Zon deng (nome inventato, ho dimenticato l'originale).
Lancia stilettate ai compagni di viaggio, specialmente al maggiordomo Gregory. Le do ragione col pensiero: infatti guardando il programma, anche a me era sembrato un tipo viscidino.
Racconta di quando è caduta nell'acqua della Baia vietnamita di Ha Long, ma è riemersa assolutamente perfetta, con un filo di perle australiane al collo ancora intatto.



Il discorso vira inevitabilmente su "La Grande Bellezza", in cui la marchesa si sarebbe vista bene con una parte da co-protagonista accanto a Servillo. "Quel Gep", come lo chiama lei.

Comunque le feste del film non sono le feste a cui va di solito. Certo, non nega che ci siano, ma per lei quelle sono il genere di feste da parvenu, gente arricchita. Lei non ha mai visto spogliarelli, cose strane, sostanze strane. 


Ci ha congedati con una perla di saggezza che trascrivo a futura memoria: La vita non è una passeggiata. La vita è una lotta, va presa col sorriso ed ogni giorno deve essere quel giorno che abbiamo atteso per tutta la vita. Solo così saremo vincenti sempre. 

Grazie marchesa.

PS. Dedico questo post alla mia amica L. che ha avuto l'idea geniale di andare a vedere la marchesa di Pechino Express dal vivo.

La statua della libertà? L'originale è a Firenze




Rimettendo in ordine i miei file ritrovo questa vecchia foto che scattai in Santa Croce, sei o sette anni fa e sui cui scrissi un post apposito sul vecchio blog. Il post d'annata non lo ripropongo, ormai è roba vecchia, invece ripubblico volentieri la foto della Statua della libertà della poesia dello scultore Pio Fedi, che si trova sulla tomba del patriota risorgimentale Giovan Battista Niccolini in Santa Croce a Firenze. È molto somigliante alla più famosa Statua della Libertà realizzata da Augustin F. Barthaldi. Quando scrissi il post c'erano degli studi in atto per verificare se realmente Barthaldi si fosse ispirato alla statua in Santa Croce per creare quella americana. Le vicende biografiche dei due scultori, infatti, si intrecciano e questa ipotesi risultava probabile, al punto che diversi studiosi italiani e americani erano al lavoro per verificarla. Non so che esito abbiano dato questi studi, se un giorno riuscirò a sapere qualcosa lo posterò qui. Comunque è molto simile a quella americana. Non ha la fiaccola in mano ma una catena spezzata, mentre nell'altra mano tiene una corona d'alloro.

Momento culturale a caso

Ho visitato la mostra American Dreamers che c'è in questo periodo alla Strozzina. È una mostra piuttosto piccola ma succosa, dedicata all'arte contemporanea americana e all'esplorazione di ciò che resta delle suggestioni del "sogno americano". Niente male, davvero, ci sono opere interessanti che toccano l'immaginario collettivo e riescono a provocare reazioni emotive abbastanza forti. Almeno su di me. C'è da dire che quando l'ho visitata ero abbastanza prevenuta perché giorni fa ho visitato la mostra al piano superiore di palazzo Strozzi, Americani a Firenze e non mi è piaciuta per nulla, lasciandomi quella sensazione sgradevole di aver sprecato i soldi del biglietto e un'antipatia per i cosiddetti impressionisti americani tutta nuova che mi accompagnerà per chissà quanto tempo.
Invece American Dreamers è una bella mostra. Forse un po' troppo piccola, con pochi pezzi, anche se quelli che ci sono li ho apprezzati quasi tutti.
Ho visto da vicino i lavori di Thomas Doyle, modellini curatissimi delle classiche villette monofamiliari americane tutte in legno, collocate in posizioni inquietanti, luoghi di disastri più o meno naturali, come voragini nere e la casa sospesa sull'orlo del burrone. Sono modellini da guardare bene, pieni di minuzie quasi microscopiche. Queste case quando vengono investite dalla catastrofe spargono all'esterno una gran quantità di oggetti casalinghi mischiati a frammenti e detriti, che impongono un esame accuratissimo con tanto di occhiali di queste devastazioni.

Poi ho apprezzato molto le sculture di Christy Rupp: scheletri di uccelli preistorici costruiti con ossa vere, prese dagli scarti delle lavorazioni dei Fast Food e ricomposti, senza criteri anatomici, a formare questi grossi volatili. Una critica alla società dei consumi  e alla visione prettamente utilitaristica della natura e degli altri esseri viventi. A vederli da vicino fanno un po' senso, sono composti da ossicini che formano un pattern poco naturale: si capisce che non è lo scheletro che si potrebbe trovare nel musero di storia naturale, ma si tratta di un assemblamento di ossa che segue altre regole ripetto a quelle della natura e per questo è disturbante.
Non so fino a quando durerà, io consiglio di andarci e mi sa che ci ritornerò visto che finisce il 15 luglio (www.strozzina.org).

Non solo crisi. la mostra di Brian Duffy al museo Alinari, Swing London


Sono stata cazziata in modo benevolo perché scrivo sempre di crisi economica e tracolli personali, a quanto pare trasmettendo un po' troppo il mio giramento di scatole perpetuo. Allora oggi mi impongo di raccontare qualcos'altro che non siano le mie solite beghe di lavoro. E la prima cosa che mi è viene in mente è la mostra di Brian Duffy The Photographic Genius che ho visitato alcuni giorni fa.
Brian Duffy è un fotografo leggendario della Swinging London, la Londra degli anni Sessanta, famoso per le sue fotografie a musicisti, attori e modelle dell'epoca e, tra le tante cose, è anche colui che "trasformò David Bowie in un'icona pop", come ho letto non ricordo dove. Ma Brian Duffy, oltre ad aver fotografato tutti i grandi personaggi degli anni Sessanta, è considerato anche l'inventore del "culto del fotografo di moda" perché riuscì a mettersi sotto ai riflettori, al pari delle modelle, attori, cantanti e celebrità varie che facevano la fila per stare davanti al suo obiettivo.
Purtroppo, all'apice della sua notorietà, Duffy decise di dare fuoco a tutto il suo archivio fotografico, facendo un bel falò nel giardino sul retro di casa sua. Per questo motivo tanto materiale è andato perso anche se probabilmente ciò ha contribuito ad alimentare ancor di più il mito intorno a questo personaggio.
Nonostante ciò una selezione delle sue foto, recuperate al figlio Chris, è in mostra Firenze al Museo Nazionale Alinari della Fotografia in piazza Santa Maria Novella fino al 20 maggio 2012. Alcune sono immagini mitiche che Duffy scattò per i giornali più importanti dell'epoca a personaggi che sono diventati leggenda, come David Bowie, John Lennon...
Poi ci sono alcune foto fatte a Firenze davvero belle: la mostra vale il biglietto d'ingresso, come diceva il mio ex tutte le volte che si andava a vedere qualcosa che gli piaceva e che ho scoperto da poco che "lurka" ancora questa pagina. Come "ciliegina sulla torta" in una delle sale della mostra si può vedere per intero il documentario sulla vita di Duffy "THE MAN WHO SHOT THE SIXTIES". Ma vedo adesso che è disponibile anche su Vimeo e allora lo metto qui di seguito, insieme a un tot di foto, così me li riguardo tutte le volte che mi va.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...