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Farsi delle domande: assembramenti e movida


Ieri sono andata a cena in pizzeria con amici. 

C'era molta gente, com'è naturale il venerdì sera. L'aria nel locale era pesante, o almeno mi è parso che lo fosse. 

Mi sono subito sentita a disagio e ho tolto la mascherina solo quando la cameriera ha appoggiato le prime ordinazioni sul tavolo. 

Non un secondo prima. 

Col mio gruppo di amici siamo andati per tutta l'estate a cena nello stesso posto, all'aperto. Ora però fa più freddo così dobbiamo stare al chiuso. 

Ma la nostra pizzeria è uno di quei locali belli quando si mangia nel giardino, con tanto verde, il parco in fondo, le luci della città che creano un effetto tipo "L'impero delle luci". 

All'interno è un'altra cosa; cambiano illuminazione, colori, atmosfere. Tutto diventa più cupo e freddo.

Chissà se i gestori del locale si preoccupano di questo gap esperienziale, perché sembra davvero di stare in due locali differenti.

Torniamo a ieri sera. 

Sono stata contenta che fosse tardi, mangiare al secondo turno è la cosa migliore di questi tempi, il locale piano piano si è svuotato e ho cominciato a sentirmi a mio agio. Ho fatto caso al mio cambiamento di umore, mi sono resa conto che mi stavo rilassando man mano che gli altri clienti andavano via.

A tavola ero con i soliti amici con cui mangio almeno una pizza a settimana, si chiacchierava di Firenze. A quanto pare vogliono mettere dei tornelli per accedere a Piazza Santo Spirito perché la sera è piena di gente sta diventando un problema per il contenimento del virus. Assembramenti, movida, queste cose qua. 

Non ci passo quasi mai la sera da piazza Santo Spirito, troppa gente. Però sono contraria, contrarissima ai tornelli. Se li mettono con la scusa del covid poi li lasceranno lì forever.

Sono per i controlli caso per caso. Chi sgarra viene sanzionato, of course, ma chi si gode la serata nel rispetto delle norme deve essere lasciato in pace. 

Il mettere tutto in un grosso calderone mi sembra un modo sciatto di amministrare, come quei baristi che espongono il cartello odioso "per colpa di qualcuno non si fa credito a nessuno". Ci faccio caso, denota sciatteria e pavidità. Oh, ognuno ha i suoi standard per giudicare dove prende il caffè. Io ho questo.

Mi sono chiesta: ho così tanta paura di ammalarmi? No, almeno non mi pare. Ho più paura che tutto collassi. Non è il covid, sono le sue conseguenze sulla società che mi preoccupano di più.

Ma che stanchezza.


La vendetta è un piatto che va gustato freddo ma non freddissimo

Palazzo Pucci a Firenze

La famiglia Pucci era un casato molto importante all'epoca dei Medici, inciuciavano assieme, partecipavano alle decisioni importanti. 
 
Ma, come spesso accade, a un certo punto l'amicizia finì.
 
Siamo alla metà del '500 quando Cosimo de' Medici buttò fuori dal consiglio cittadino Pandolfo Pucci, accusandolo di cattiva condotta morale. 
 
Per Pandolfo fu un affronto gravissimo. Si sentì accusato ingiustamente e trascorse gli anni successivi a meditare vendetta contro Cosimo. Elaborò piani su piani per farlo fuori, contattò gli avversari politici, interpellò sicari prezzolati. Fu tutto un confabulare che andò avanti per ben nove anni, finché il Pucci ritenne di aver finalmente trovato il modo giusto di sbarazzarsi dell'odiato rivale – un modo un po' stupido, mi sentirei di osservare.
 
Siccome Cosimo de' Medici aveva l'abitudine di passare accanto al Palazzo della famiglia Pucci quando si recava a pregare in Santissima Annunziata, l'idea di Pandolfo fu di piazzare un cecchino a una delle finestre e dare così il colpo di grazia a Cosimo.
 
Pandolfo Pucci però aveva chiacchierato per anni con praticamente chiunque delle sue intenzioni, e non fu difficile per gli informatori dei Medici scoprire e sventare l'attentato. Pandolfo e i suoi sodali vennero giustiziati e il palazzo fu requisito.
 
Cosimo continuò a passare da lì per andare in chiesa, ma ogni volta la vista di quella finestra gli ricordava il fattaccio. Allora la fece murare.
 
E ancora oggi è murata.
 
La morale è che la vendetta è un piatto che va gustato freddo ma non freddissimo, e con tanta discrezione.

Domenica mattina a Firenze tra i turisti che ritornano e incontri inaspettati

Piazza della Signoria, si chiama piazza della Signoria, porcotutto.


A Firenze sono ritornati i turisti.


Che bellaaaa, come si chiama questa piazza?
Uhmmm... piazza Palazzo Vecchio.
Guardaaaa, c'è anche la fontana!


PIANTALA DI FRIGNARE!
NO, NON TI PRENDO IN BRACCIO, È INUTILE CHE TI ROTOLI PER TERRA


Scusi quella zingara le ha detto figlia di pu***.
Sì, ho sentito.
Anna! ANNA! La zingara ha detto a questa signora figlia di pu***!
Cosa? La che?
LA ZINGARA!
Ma chi?
Quella zingara ha detto a questa signora figlia di pu***.
A chi, a lei?
ANNA, QUELLA ZINGARA LAGGIU, QUESTA SIGNORA... la zingara è passata da qui e le ha detto: figlia di pu***...


Qui puoi mangiare con cinque-dieci euro.
Io preferisco mangiare qualcosa di tipico.


Che cos'è il lampredotto?


Firenze sta tornando alla normalità di un tempo.



Sono riapparsi anche i terribili gruppi di pensionati ridanciani con auricolari e targhette numerate. In questa fase, i turisti sono per lo più italiani. Dal modo in cui indossano o non indossano la mascherina provo a identificarne la regione di provenienza.

Mi siedo all'ombra in piazza Signoria, dopo aver subito il trattamento di cui sopra dalla zingara che è tornata a bazzicare nei dintorni. Di solito le rispondo con un cortese ma fermo: "grazie, auguri anche a te e famiglia" che la fa allontanare all'istante.

A quanto pare oggi la zingara era più incarognita del solito.

Ma io boh.

Mi rilasso un attimo dopo la lunga passeggiata, con l'intenzione di ritornare verso casa.

- Guarda chi c'è!

Alzo gli occhi preoccupata. Antonella e Luciano sono di fronte a me. Sembrano in forma. Sono passati anni, tanti anni dall'ultima volta che ci siamo visti.

Mi hanno riconosciuta nonostante la mascherina.

Bravi.

Abbassano la loro sotto il mento. Entrambe viola-Fiorentina calcio.

- Ehi, come state?
- Bene, grazie. E te?
- Tu ci hai fatto un bel servizio con quell'articolo! - dice Antonella.
- Quale articolo?
Quello dove ci prendevi per il culo.
- Ah, quello. Ma ho cambiato i nomi, dai.
- Sì, ma io non ti ho mai detto che volevo un blog come quello di Beppe. Ti ho detto che avresti potuto prendere spunto da lì - puntualizza lui.
- Vabbè dai, come ve la passate?
- Bene, dai. Abbiamo scoperto lo zen...
- Ah bene-cerco di tagliar corto perché sono una brutta persona e ne ho già abbastanza.
- Il potere del riordino.
- Ah, la tipa giapponese-dico, alzandomi per andare via.
- L'ordine esteriore ha una connessione speciale con la psiche - continua Antonella ispiratissima.
- Naturalmente - dico riponendo il telefono nello zaino.
- Durante il lockdown abbiamo fatto pulizia, seguendo quello che c'era scritto nel libro. Dovresti provarci.
- È liberatorio. Non è stato facile, eh!- aggiunge Luciano.
- Non ho molto da buttare - dico.
- Dicono tutti così.
- Immagino. Via devo andare. Alla prossima - taglio corto.
- Vediamo di non far passare altri... - dice Luciano.
- Piuttosto vedi di non scrivere nulla di questo incontro - lo interrompe Antonella guardandomi male.
- Certamente, ciao!



I bravi musicisti.

Fa già un caldo cane e io mentalmente sono ancora a marzo.

Sul ritorno alla cosiddetta normalità: anatomia di un bar preferito qualsiasi

Com'è bella Firenze senza turisti. 
Siamo sull'orlo della catastrofe economica, certo, 
ma la città in questi giorni è una meraviglia.

Sono stata a prendere un caffè nel mio bar preferito, finalmente hanno riaperto.

Adesso il bar funziona così.

Si entra con lo sguardo basso perché si devono seguire i segni sul pavimento fatti col nastro adesivo e prendere confidenza con le nuove misure.
Il posto è lo stesso di sempre, tuttavia adesso è differente. In senso distopico, intendo.
Due corsie nel corridoio che era già stretto di suo, ma nessuno ci aveva mai fatto caso tranne, forse, nelle ore di punta, ma in fondo sticazzi.
Sticazzi nel mondo di prima.
Invece ora salta all'occhio subito quanto sia stretto quel corridoio: da una parte si entra, dall'altra si defluisce. Il tutto uno alla volta.

Per terra ci sono anche delle croci, sempre fatte con il nastro, che indicano dove si può sostare in piedi per consumare. Le croci segnano i pochi posti disponibili di fronte al bancone, mentre tutto il resto del locale non è agibile.
In compenso non ho notato plexiglass, forse solo un poco di fronte alla cassa.

Allora sono entrata, ho salutato sorridendo (tra mascherina e occhiali non so quanto si sia visto), mi sono avvicinata al bancone, ho chiesto un caffè, che ho consumato con la mascherina abbassata e gli occhi chiusi.
Il rumore nel bar non è lo stesso di sempre, non c'è verso di ingannare il cervello.

Ho messo giù la tazzina e fatto un passo laterale per posizionarmi coi piedi sulla X di nastro adesivo di fronte alla cassa.
Ho rivolto un'occhiata ai posti a sedere dove altro nastro adesivo, distribuito con abbondanza, ne segnalava l'indisponibilità.

"Ancora non siamo sicuri come dobbiamo comportarci," hanno detto quelli del bar tra l'intimorito e il malinconico.
E li capisco, le zone grigie sono quelle dove il Comune pascola.
Specialmente in questo periodo di crisi.
Ho pagato, ho salutato dicendo che ero contenta di vederli e poi sono uscita tenendo d'occhio lo scotch sul pavimento.
All'aria aperta, nonostante il bar fosse tutto aperto, ho respirato a pieni polmoni.

Mi sa che questa normalità ce la dobbiamo conquistare di nuovo, e non sarà così semplice e non sarà così uguale a prima.

Ma neanche tanto diversa (ma su questo punto ci scrivo un post a parte).

L'aggressione alla Abramovic e la mia foto usata senza permesso

Ieri ero nel cortile di Palazzo Strozzi quando Marina Abramovic è stata aggredita. Era appena uscita dalla sessione di firma copie e c'erano una trentina di persone ad aspettarla, tra cui la sottoscritta. Le ho fatto questa foto per avere un ricordo, poi mi sono scansata per farla passare.




Avevo già notato il tizio che si aggirava tra la gente con una tela in mano, un brutto ritratto della Abramovic. Pensavo che volesse farselo autografare. Invece quando lei è uscita il tizio si è mischiato nella folla e gliel'ha spaccato sulla testa. È stato un momento di tensione collettiva, l'aggressore è stato subito immobilizzato a terra dalla sicurezza. Con lo smartphone ho fatto questa foto:



La Abramovic era parecchio scossa ed è stata accompagnata subito nel bar, dove poco dopo ha chiesto di incontrare l'aggressore. Pare che lui non abbia spiccicato parola durante l'incontro. Poi tizio e tela sono stati portati via dalla polizia.

Una cosa che mi ha colpito molto è stata la reazione delle persone. C'era in particolare una signora sulla cinquantina, esagitata, che urlava ai due che lo tenevano immobilizzato: "datelo a noi!" (a noi chi, scusi? per far che?) Altri invece dicevano di attendere la Polizia (cosa che è stata fatta).

Stamani però ho trovato la mia foto in prima pagina e poi nell'articolo all'interno de La Nazione. L'hanno presa e usata due volte senza chiedermi il permesso come invece hanno fatto altri. Sono pessimi. Gli ho mandato un'email, aggiornerò il post quando risponderano.



Non pensiamo nemmeno a fare scherzi col Ponte Vecchio

L'assessore al turismo del Comune di Firenze, Paola Concia, valuta la possibilità di installare dei sensori contapersone sul Ponte Vecchio.
Brivido lungo la schiena seguito da intensa sensazione di fastidio.
Durante alcune ore del giorno c'è un casino bestia sul Ponte Vecchio, è vero, specialmente adesso che è primavera, ci sono le gite, le minivacanze, la Pasqua si avvicina, ecc.
Però percepisco anche un primo, prudente, "passettino" verso il numero chiuso, argomento che ricorre regolarmente in Palazzo Vecchio.
Oltre un tot. di persone non si passa più, concetto espresso anche dalla politica nazionale, ricordo l'exploit di Dario Franceschini quando scoprì che a Venezia e Firenze ci sono un monte di turisti.
Mi appare davanti agli occhi un'immagine odiosa dei tornelli piantati nella pietra serena.
Anche se si assicura il contrario, "servirà ad analizzare i flussi, non a limitare gli accessi", io non mi fido. Il Ponte Vecchio deve essere libero e aperto. Se poi in certi momenti strabocca di turisti, pazienza. È gente che paga per venire a Firenze, non possiamo fargli trovare tutto "balzellato e gabellato", per spennare il pollo il più possibile. Quando la turista sono io, mi infastidisco tanto quando mi sento presa per il portafoglio.
La gente si scoccia e va altrove.
La misura, oltre a servire per calcolare quante persone attraversano il ponte, dovrebbe aiutare anche a capire chi attraversa il ponte per turismo, per lavoro o per altri motivi.
Fastidio e insofferenze intensi.
Da fiorentina che vive e paga le tasse a questa città bella ma esosa, vorrei che il Comune considerasse un mio diritto fondamentale l'essere libera di nuovermi liberamente (e gratuitamente) il più possibile sul territorio cittadino. E dunque anche attraversarre a piedi il Ponte Vecchio tutte le volte che mi pare e piace, senza dare spiegazioni a nessuno.
Nel corso degli anni, il centro di Firenze, piano piano, impercettibilmente, "per il nostro bene" perlamordiddio, è diventato sempre più difficile da fruire.
Ormai è una zona blindata, i parcheggi per gli scooter si riducono sempre di più, gli autobus fanno giri sempre più astrusi, al punto che la toccata e fuga per far due passi e qualche acquisto è diventata quasi impossibile.
Ora, a me - come a tanti - piace andare in centro a passeggiare, fare acquisti, e mi piace passare dal Ponte Vecchio quando mi pare, fermarmi a leggere alla biblioteca del Palagio di Parte Guelfa, attraversare in libertà il cortile di Palazzo Strozzi.
Tutte attività che vorrei continuare a fare gratis, senza alcuna ulteriore limitazione spazio/temporale, ché a Firenze di limitazioni ce ne sono già abbastanza. Dunque non facciamo scherzi.

PS: Ma quanto è bello il soffitto dell'emeroteca di Palagio Parte Guelfa?


Buone azioni quotidiane: il biglietto

Stamani ho fatto una buona azione, di cui mi sono parzialmente pentita subito.
Recap.
Sull'autobus era salita una signora anziana senza biglietto.
L'autista non ne aveva da vendere.
Succede spesso, forse l'Ataf dovrebbe mettere delle macchinette automatiche sugli autobus perché gli autisti odiano vendere i biglietti. Lo fanno sempre come se ti facessero un piacere. Li ho visti tante volte sbuffare e sospirare perché qualcuno aveva osato cercare di acquistare il biglietto a bordo.
Non so perché facciano così e neanche voglio saperlo, io sarei per bypassare l'umano senza tante remore: metti i soldi nella macchinetta e lei ti sputa il biglietto più il resto.
Tutto qui e fanculo all'autista.
Ma sto divagando.
Torniamo alla buona azione.
Dunque la signora era senza biglietto ed era preoccupatissima dei controlli. Pare che i controllori dell'Ataf siano parecchio stronzi. Ha chiesto se qualcuno avesse un biglietto da venderle. Tutti sono rimasti zitti.
Tutti tranne me.
Io signora, ho detto, tirando fuori un biglietto.
Ho cinque euro ha detto lei.
Non ho da farle il resto, ho risposto, però lo prenda lo stesso.
Grazie, ha detto lei prendendo il biglietto, ma come glielo pago?
Si figuri.
Ma mi dispiace, ha detto la signora mettendo il biglietto in tasca, senza timbrarlo.
Vabbè signora, se un giorno...
Ecco sì, se un giorno la ritroverò e lei avrà bisogno di un biglietto, glielo darò. Ha esclamato la vecchia, ispirata.
Eh no, signora, se un giorno lei incontrerà qualcuno, chiunque, senza biglietto, l'aiuterà. Ho puntualizzato.
In quel momento avrei dovuto fotografare la faccia della vecchiaccia mentre mi rispondeva: sì sì, come no.



La caccona di Piazza della Signoria


Mi ricorda una pila di deiezioni canine. Penso che la precedente copertura con l'enorme sacco della spazzatura facesse già parte dell'installazione, o comunque era molto in tema. Di positivo ci sono il posto per sedere sul piedistallo e la consueta indignazione cittadina che mi diverte sempre molto.

Poi scopro che Big Clay #4, questo è il nome dell'enorme scultura di Urs Fisher, rappresenta quel momento "pre-artistico" in cui lo scultore prepara i pezzi di argilla da cui ricaverà l'opera. Questa enorme, inquietante scultura di acciaio e alluminio, è una gigantografia di quanto una volta c'era sul tavolo da lavoro di Urs, con tanto di impronte digitali.

Mi piace di più dopo averlo saputo? Non so. Certo che adesso la guardo con occhi incuriositi, sperando che il prossimo artista che ospiteremo in Piazza della Signoria sia un po' meglio.

Ryanair delle 23 e venti, dall'aeroporto di Pisa alla stazione di Firenze: hic sunt leones




Atterrare all'aeroporto di Pisa alle 23:20 in una domenica di agosto significa ritrovarsi in uno scalo deserto da far paura. Di solito il Galilei è brutto, ma così è proprio desolante. Par d'essere capitati nel corso di una post-apocalisse.

In realtà è molto peggio, almeno dopo un'apocalisse ti puoi arrangiare come credi.

L'importanza di imparare l'inglese... a Firenze sud





Firenze Sud.





Tanto verde e tanti pensionati di enti, ultimi sopravvissuti di quella piccola borghesia benestante che ormai non esiste più, decimata da crisi, debito pubblico stellare e precariato.

Qui gli abitanti della mia età, spesso hanno ereditato l'appartamento dai nonni, altrimenti, con gli stipendi di oggi, sarebbe pressoché impossibile permettersi una casa in queste strade.

Mi sveglio con un lieve dopo sbronza. Lo estinguo sul nascere, grazie a un paio di bicchieri d'acqua del rubinetto. È freschissima perché l'acquedotto (negli anni Ottanta era uno dei più moderni d'Europa) è a due passi, e l'acqua non deve attraversare chilometri di tubature vecchie e incrostate di scorie più o meno nocive come accade in altre parti della città.



Dove vivo io, per esempio.


La voragine

A futura memoria. Foto scattate il 25 maggio 2016 a Firenze



Una delle auto rimosse dalla buca di fango.

L'umarello di destra sta chiedendo a quello di sinistra:
"Ette icché tu ci fai qui?"

Dettagli imprescindibili

Scoprire che il mio smartphone da due lire ha anche dei filtri colorati.





Emergenza idrica, popolazione stremata

I tiggì

Interviste











30 dicembre: il giorno di San Fiorenzo da celebrare con una ricetta antica






A Firenze, varie ricorrenze sono legate al penultimo giorno dell'anno. Ricorre, infatti, il "miracolo di Sant'Ambrogio"*, ma il 30 dicembre è anche il giorno di San Fiorenzo.

Omissioni


Sono al tavolo di un bar del centro con Paola, agente immobiliare, o "real estate manager", come mi corregge sempre lei. Appassionata di pilates e meditazione, Cancro ascendente non ricordo, estrazione altoborghese, erede di un patrimonio cospicuo che le ha permesso di attraversare indenne questi anni di crisi e devasto sociale.

«Carino qui» dico, guardandomi intorno.

«Sì, è nuovo, ci vengo spesso, è un posto accogliente» dice lei, con gli occhi fissi sulla mia testa.

«Allora?» domando.

Siamo alla metà di un consulto importantissimo, e attendo il responso. Paola allunga una mano, prende una ciocca dei miei capelli, la esamina attentamente col piglio dell'entomologa. Infine la sentenza.

Firenze Sud: il devasto profumato

Alcune foto a testimonianza personale del tifone (tempesta? uragano? iradiddio?) che ha colpito Firenze Sud il 2 agosto 2015.

Anche se da tanti anni non vivo più in questa zona, ci vengo tutti i giorni o quasi: la mia famiglia più la maggior parte degli amici più cari, abitano ancora in queste strade oggi strapazzate da vento e pioggia.

Più Logo

Anno 2014, Florentia.

Il giovane sindaco Matteo Renzi ha un'ideona per rilanciare l'immagine della città.

- Bisogna svecchiarsi, via... Rottamare, dare un segnale forte di cambiamento. Ho deciso: Firenze avrà un nuovo logo, anzi: un nuovo brand che la rappresenti in tutto il mondo.
- Ma Sindaco, il logo della città c'è già ed è anche bello.
- Ma davvero?
- Sì, è questo:





Artigianato e palazzo: la manodopera e la connessione a carico dei blogger




Artigianato e Palazzo, la mostra a Firenze dedicata agli artigiani, per il secondo anno "ammette" i blogger. I motivi sono: rilanciare l'evento (che quest'anno compie vent'anni) in un'ottica al passo coi tempi, valorizzare i giovani, e dare risalto al connubio tra tradizione e multimedialità.

Interessante.

E poi quando ci sono di mezzo i blogger mi fa sempre piacere.

La nemesi della palla del Verrocchio e l'ennesima sfumatura di editoria fai da te (sulla crisi economica e di mezza età: alternative al venditore africano di libri)

-...sa, sono claustrofobica. Che dice, secondo lei è il caso salire fin lassù? Come le ho detto, io ci tengo molto...

Mi squadra dalla testa ai piedi. Indossa un completo blu col distintivo dell'Opera del Duomo. Sono sicura che stia valutando con terrore l'ipotesi di trascinare la mia mole importante (svenuta o in pieno attacco di panico) giù per il cunicolo di scale affollato di turisti sudati. In fondo gli ho appena detto che non voglio morire senza essere mai salita sulla cupola della mia città. Mi pare un desiderio legittimo.

Oh, guarda: c'è anche il lampredotto! La svolta del cibo, pardon, del food di lusso a #Firenze


Chiedo opinioni in giro, perché vorrei dare un po' di nuova linfa vitale al blog. Mi è stato suggerito di raccontare qualcosa di attuale, di modaiolo su Firenze, magari sulla vita notturna. Suggerimento ironico perché, tra gli amici, io sono nota per frequentare sempre gli stessi posti e andare a letto presto. Tuttavia negli ultimi mesi in città c'è stata un'ondata di aperture di luoghi del cibo fighetto che mi ha sorpresa per quantità di proposte e mi ha spinta ad avventurarmi verso nuove frontiere sociali. Con lo spirito di una Calamity Jane d'Oltrarno sono andata a visitare il primo piano del Mercato Centrale in San Lorenzo, riaperto giusto da poche settimane. Dopo anni di chiusura, è diventato un centro commerciale gastronomico di lusso. Ma solo al primo piano; al pian terreno è rimasto tutto com'era una volta, per il popolo.

All'entrata della sezione vip un buttafuori con auricolare e cravatta, dà la buonasera ai visitatori. Al primo piano, ci si para di fronte lo spaccio di Eataly che ho trovato un po' claustrofobico e labirintico*, della serie: "cerchiamo di sfruttare fino all'ultimo millimetro gli spazi, ché stare qui costa parecchio caro". L'ho visitato velocemente, è pieno zeppo di prodotti normali ma spacciati come figate ultragalattiche. Per interessarsi anche un minimo, occorre una bella dose di sospensione di incredulità che personalmente preferisco dedicare a prodotti di tutt'altro genere.
Passato questo primo reparto lo scenario si apre, si può godere della vista dell'interno-tetto, una struttura ottocentesca molto bella dove tutto l'ambaradan del mercato trova una sua uniformità di colori e stili. Dal soffitto pendono dei cestoni-lampadari che mi sono piaciuti molto, così come le tante piante di decorazione.
Le bancarelle elegantissime ripropongono quello che si trova anche al piano di sotto, solo che qui è più caro e perciò per gente più figa (con la "g", anche se siamo a Firenze). E le persone affollano l'ambiente e vagano ammirando merce che si trova più o meno tale e quale anche al supermercato sotto casa. Ma con una piccola differenza: i prodotti del supermercato normale sono sfigati, proprio perché non hanno avuto la fortuna di ricevere l'imprimatur del mida del carboidrato Farinetti o di qualche altro riccone della proteina blasonata.
Io sono contenta perché il Mercato Centrale così "infighettito" è un'attrazione per i turisti coi soldi e questo non fa altro che bene alla città.
Il panino al lampredotto però consiglio di prenderlo al pian terreno, dall'inossidabile Nerbone, che fa anche tante altre cose buone della cucina fiorentina**. Occhio che all'ora di pranzo da Nerbone ci sono sempre delle file bulgare. La sera è chiuso, potete andare di sopra. Ma non si mangia il panino al lampredotto la sera, dai.

Un altro posto "food-friendly" è il RED (Read Eat Dream) in piazza della Repubblica, la gastronomia targata Feltrinelli che nasce dalle ceneri chiacchieratissime della libreria Edison. La prima volta ci sono entrata per caso, non mi ricordavo che avesse riaperto e mi sono ritrovata spaesata in quel luogo un po' troppo ibrido per i miei gusti. Entrando assale la tristezza: i libri in mostra all'ingresso sono pochissimi e i titoli si limitano alle ultime uscite di grido, mentre lo spazio in fondo alla sala è dedicato alla vetrina del pizzicagnolo ed ai tavoli per mangiare. Non so quali fossero le intenzioni degli architetti, però a me ha fatto subito venire in mente questo:
Invece il primo piano è carino, c'è lo spazio per sedersi al tavolo oppure in poltrona, con tanti giornali e anche un bancone con le prese per i computer (ma forse questo c'era anche prima, non mi ricordo). Direi che ho apprezzato molto di più il primo piano.

OLGA: Ti dispiace se mi siedo?
FANTOZZI: c'è stato indubbiamente un... contatto e...
OLGA: Ti dispiace se viene una mia amica?
FANTOZZI: Ah, buongiorno si...
FILINI: Ah, bene. Ah, gli scotchs!
OLGA: Ti dispiace se ordino champagne?
CALBONI: Ma sicuro. Cameriere, porta via questa porcheria! Via! Via! Via! Garçon? Champagne!


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*fonti autorevoli in fatto di frequentazioni di alimentari di lusso mi hanno confermato che è un tratto distintivo della casa.
**quando ero più giovane ci andavo una volta a settimana a mangiare il minestrone, tanto per citare sia un'epoca in cui ero magra, sia un cibo che in teoria potrebbe essere anche vegano! Tuttavia anche la porchetta del Nerbone è da urlo, si rasenta il capolavoro in tutte le discipline: bollite, arrostite, dell'orto o della stalla, basta vedere le centinaia di recensioni entusiaste su TripAdvisor.

Il George Clooney fiorentino dell'arte*

Il nuovo film di e con George Clooney, "Monuments Men", mi ha fatto tornare in mente un post che scrissi nel lontano 2006 su un luogo a Firenze che amo particolarmente: la casa-museo di Rodolfo Siviero, al pian terreno del villino del Poggi, sul Lungarno Serristori (a cinquanta metri dalla Porta San Niccolò** e di fronte alla spiaggetta delle pantegane, per intendersi) e tenuto aperto grazie al volontariato degli Amici dei musei, che gentilmente e gratuitamente sono a disposizione dei visitatori***. Rodolfo Siviero è stato un personaggio interessantissimo, di quelli che pensi subito: ma perché non ci avranno ancora fatto un film? 

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...