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Ormai

 

Il principale motivo per cui mi risulta difficile scrivere è che in questo periodo faccio una vita piuttosto ritirata.

Non è successo all'improvviso, ci mancherebbe. 

A poco a poco, negli ultimi anni, in seguito a una serie di scelte e situazioni di cui forse non sono neanche responsabile al cento per cento, mi sono trovata a percorrere un sentiero che non so come ormai è diventato il percorso di una buona porzione della mia vita. 

Non ho più la tele da quasi una quindicina di anni, ormai. Leggo i giornali solo quando mi fermo al bar, ormai. Frequento socialmente solo nicchie e bolle a me congeniali, ormai.

Si capisce che in una situazione così gli argomenti da blog decadano. 

Di brutto.

Al contempo sento anche che non mi evolvo più come un tempo, e non so se è perché ormai sono troppo vecchia o perché 'sta bolla è diventata di gomma dura, impermeabile come dei vecchi pneumatici lisci e per nulla ecologici.

È brutta la sensazione di rimanere nello stesso posto.

Cinque anni fa, adesso, tra cinque anni: sempre la stessa minestra.

Quando attraverso fasi esistenziali come questa il primo campanello di allarme sono le letture. Occhio alle letture. Per esempio, adesso sto leggendo questo libro, più di un campanello è una sirena ululante.

Ecco cambiare ok, ma tutto sommato non si sta così male, allora cambiare poco, pochissimo alla volta, ma anche no.

E in questo orizzonte lo scrivere mi risulta difficoltoso.

Ma non volevo scrivere questa roba. La foto, volevo parlare della FOTO. 

Guardiamo attentamente la foto, please.

La foto mi manda fuori di testa. 

Pensiamoci un attimo. Se un anno fa avessimo potuto vedere un'anticipazione, un flash del futuro e ci fosse apparsa questa foto, che avremmo pensato?

Londra o niente



Alla fine del 2019 ho comprato un biglietto aereo per Londra da usare in estate.
Le mie ferie.
Mi pare una cosa distante ere geologiche, invece è successa pochi mesi fa e ci siamo quasi.
Dovrei partire i primi di agosto, rimanendoci cinque giorni.
Le mie ferie.
Ho comprato quel biglietto ben prima della faccenda covid, quando mi pareva furbo approfittare di un'offerta per un volo molto comodo verso una destinazione gettonatissima.
Mai avrei pensato che sarebbe successo 'sto pandemonio.
Vabbè, a dicembre nessuno si aspettava una pandemia.
Nessuno tranne Bill Gates, naturalmente.
Adesso non so che cosa fare, se andare o no a Londra.
Ho tanta paura, gli inglesi mi sono sembrati molto superficiali nell'affrontare il virus e hanno ancora dei numeri alti di contagiati e morti.
E come se non bastasse, vacanza a Londra significa prendere la metropolitana per spostarsi in città, altro motivo di angoscia.
L'alternativa a Londra è niente, perché con la cassa integrazione che non viene pagata e tutto quanto, non posso permettermi altro.
E sono già molto fortunata.

Dicono che scrivere di un problema ne aiuti la soluzione.

Diario di oggi e di ieri


Oggi sono un po' più nervosa del solito. Il motivo è lavoro, ma non solo. Gli orari sballati, la cassa integrazione, l'atmosfera che non è delle più distese. Ci sono cose peggiori, ne sono consapevole, ma ogni tanto lo sconforto prende il sopravvento. Poi torno a casa, mi faccio una tisana e mi accampo sul divano col sottofondo musicale: Baby shark, senza soluzione di continuità. La bimba dei vicini ne va matta e i muri sono sottili. 
Tra un sorso e l'altro di malva e finocchio, razionalizzo il mio piccolo universo entropico.
Dovrei essere più riconoscente nei confronti della mia buona stella; i tempi sono quelli che sono, ci sono persone che il lavoro l'hanno perso, altre che non sanno dove sbatteranno la testa tra un mese. 
Per adesso io ho una grossa fortuna. 
Ma.
Ma, c'è un ma. A parte i soldi della cassa integrazione che non arrivano, c'è anche quel per adesso che ha già cominciato a farmi dormire malino. 
Ufficio riorganizzato, gente che viene tenuta a casa perché tanto paga lo Stato, scambi di orari che sballano tutto, scadenze che devono essere rispettate come se il covid-19 fosse scoppiato su una galassia lontana anni luce dalla nostra.
Da giorni la mia idea, il mio impulso più forte è mollare tutto e andare via. Niente di trascendentale, è un impulso normale, tutti lo proviamo di tanto in tanto. C'è chi lo sente di continuo. Poi nessuno si muove perché all'atto pratico: andare via dove? Come si campa andando via? Questa vita è quella che mi rimane attaccata addosso ed è quella che mi devo tenere perché non son mica sicura che ce ne siano altre migliori. 
Uh, che bel momento di depressione. 
C'è anche un altro motivo per tutto questo sconforto. 
Ho cominciato a leggere il libro su Tommaso Labranca "Le alternative non esistono" scritto da Claudio Giunta. Ho pianto alla seconda pagina. È una lettura abbastanza intensa per me, impegnativa in ogni senso. Lo leggerò piano piano. Il libro è bello – per quel poco che ho letto fino adesso – scritto e documentato bene. Ci sono alcune cose che non mi tornano, ma non mi aspettavo diversamente e ne scriverò quando l'avrò finito. 


Ieri sono passata davanti all'Antico Vinaio in via de' Neri e c'era gente, si cominciano a vedere i primi turisti in fila per la schiacciata. Quel vinaino snobbato dai fiorentini – me compresa, poco più avanti c'è un alimentari storico con un prosciutto fenomenale – è il primo segnale della ripresa turistica cittadina. 
Si rianimano le strade e le piazze che erano bellissime deserte, ma anche vederle riprendere vita non è malaccio. Gli amici che lavorano in centro hanno ricominciato a tirare su i bandoni ed è una bellissima notizia. 
E poi è tornato anche lui:

Della poca differenza



Molto del disappunto di questi giorni nasce dal rafforzarsi della consapevolezza che il nuovo mondo, della cui idea tutti ci siamo invaghiti, sarà ben poco differente dal vecchio. 
Certo, negli ultimi due mesi ci sono tante cose che sono cambiate, però - stringi stringi - nulla di veramente significativo. Superficialità, quisquilie, rotture di scatole, impoverimento. Cassa integrazione.

Mi viene in mente un dettaglio divertente.

Anzi, mi fa proprio ridere.

Parlo con amici che sono sempre stati un po' col piedino tendente a destra, con la manina pronta a scattare producendosi in rigidità grottesche, e adesso li scopro incazzatissimi per quanto le forze dell'ordine siano repressive, perché quella volta si stavano facendo i cavoli loro, gli hanno chiesto dove andate, hanno voluto i documenti, li hanno redarguiti con fare paternalistico per concludere con: questa volta non vi facciamo la multa e cose del genere, quando invece l'ordinanza non era chiara e dovrebbero essere più rispettosi dei cittadini. Cittadini-che-pagano-le-tasse.

Nel 2020 scoprire da insospettabili criptofascistelli – cartina di tornasole per individuarli: malcelata soddisfazione per i massacri di Genova 2001 + inossidabile tendenza all'autocommiserazione tout court – che le forze dell'ordine hanno bisogno di regole altrimenti tendono a diventare tracotanti è interessante, perché vuol dire aver vissuto poco o aver vissuto forse in qualche nicchia ovattata fatta di privilegi micragnosi e troppa televisione.
Accoppiata che ottunde e dà una percezione distorta di sé e del mondo in cui si vive.
Percezione che è pronta a volatilizzarsi in un puf! con un brusco tonfo nella "realtà vera" in caso, per esempio, di panedemia.
Ma anche in caso di molto meno.

Comunque che certe cose diventino un problema solo quando capitano in prima persona è un'altra "cartina tornasole dell'imbecillità" (cit. Tommaso Labranca❤️).

Sul ritorno alla cosiddetta normalità: anatomia di un bar preferito qualsiasi

Com'è bella Firenze senza turisti. 
Siamo sull'orlo della catastrofe economica, certo, 
ma la città in questi giorni è una meraviglia.

Sono stata a prendere un caffè nel mio bar preferito, finalmente hanno riaperto.

Adesso il bar funziona così.

Si entra con lo sguardo basso perché si devono seguire i segni sul pavimento fatti col nastro adesivo e prendere confidenza con le nuove misure.
Il posto è lo stesso di sempre, tuttavia adesso è differente. In senso distopico, intendo.
Due corsie nel corridoio che era già stretto di suo, ma nessuno ci aveva mai fatto caso tranne, forse, nelle ore di punta, ma in fondo sticazzi.
Sticazzi nel mondo di prima.
Invece ora salta all'occhio subito quanto sia stretto quel corridoio: da una parte si entra, dall'altra si defluisce. Il tutto uno alla volta.

Per terra ci sono anche delle croci, sempre fatte con il nastro, che indicano dove si può sostare in piedi per consumare. Le croci segnano i pochi posti disponibili di fronte al bancone, mentre tutto il resto del locale non è agibile.
In compenso non ho notato plexiglass, forse solo un poco di fronte alla cassa.

Allora sono entrata, ho salutato sorridendo (tra mascherina e occhiali non so quanto si sia visto), mi sono avvicinata al bancone, ho chiesto un caffè, che ho consumato con la mascherina abbassata e gli occhi chiusi.
Il rumore nel bar non è lo stesso di sempre, non c'è verso di ingannare il cervello.

Ho messo giù la tazzina e fatto un passo laterale per posizionarmi coi piedi sulla X di nastro adesivo di fronte alla cassa.
Ho rivolto un'occhiata ai posti a sedere dove altro nastro adesivo, distribuito con abbondanza, ne segnalava l'indisponibilità.

"Ancora non siamo sicuri come dobbiamo comportarci," hanno detto quelli del bar tra l'intimorito e il malinconico.
E li capisco, le zone grigie sono quelle dove il Comune pascola.
Specialmente in questo periodo di crisi.
Ho pagato, ho salutato dicendo che ero contenta di vederli e poi sono uscita tenendo d'occhio lo scotch sul pavimento.
All'aria aperta, nonostante il bar fosse tutto aperto, ho respirato a pieni polmoni.

Mi sa che questa normalità ce la dobbiamo conquistare di nuovo, e non sarà così semplice e non sarà così uguale a prima.

Ma neanche tanto diversa (ma su questo punto ci scrivo un post a parte).

Cosa ci rimane addosso?

Cosa rimarrà addosso dopo la clausura?

Ci penso un secondo, la domanda è pertinente.
A ben guardare ci sono delle cose che già sono cambiate nella mia vita. Piccole cose, ma su cui vale la pena soffermarsi un attimo, solo per mettere i puntini sulle i.
Tipo la qualità, oltre alla quantità, del tempo che passo a casa. 
Prima del coronavirus a casa ci stavo per le cose strettamente necessarie: dormire, lavatrici, pochi pasti. Tutto qui. Per il resto via via via, fuori il più possibile.
Negli ultimi anni sempre peggio.
Non so perché.
Adesso in casa ci passo più tempo.
All'inizio per forza di cose, naturalmente.
Ora, invece, perché mi fa piacere.
Ho superato quella certa soglia che un tempo mi terrorizzava molto più del covid: lo stare da sola e stare bene per questo.
Il "bastarsi" l'ho sempre visto come un punto di non ritorno esistenziale.
Adesso lo vedo come una fase. Come società ora sappiamo che possiamo stare chiusi in casa per due mesi e piano piano ritornare alla normalità.
Qualunque sia la normalità d'ora innanzi.
Sarà interessante scoprirlo.
Quindi addio teoria del non ritorno esistenziale.

Prima del covid non sapevo rispondere alla domanda "come ti vedi tra cinque anni?".
Domanda fondamentale ai colloqui di lavoro, ma che ha anche senso porsi di tanto in tanto per conto proprio. Lo facciamo tra amiche, per esempio.
Ecco, io non riuscivo più a rispondere, rimanevo interdetta e di malumore.
Il motivo era perché misuravo la prospettiva del futuro basandomi sul passato.
Mi spiego meglio, è una cosa di cui mi sono resa conto da poco. Andando indietro nel tempo, cinque, dieci anni fa, mi rendevo conto quanto poco fosse cambiato nella mia vita e inferivo su quanto poco sarebbe cambiato.
Un determinismo pessimista, frutto del precariato e della crisi che la quarantena ha smontato in gran parte. Se mi fai la domanda adesso, infatti, i malumori non si sono dissipati del tutto, ma almeno so rispondere. Ho capito qual è la direzione che voglio prendere, niente di che, piccoli progetti che non erano all'orizzonte due mesi fa. Piccole cose che cercherò di realizzare piano piano, tenendo stretto quello che ho adesso, ché con la crisi che ci sta piombando tra capo e collo, non è il caso fare colpi di testa. Alla mia età, poi.

Se qualcuno passa di qui (ho sempre il dubbio dopo gli anni di abbandono), mi piacerebbe tanto ascoltare altre esperienze e punti di vista.


Diario dalla reclusione

Riattivo questo blog per un motivo personalissimo. Stamani ho ritrovato una pagina del diario che dai primi di marzo era mia intenzione scrivere durante tutto il periodo dell'isolamento. Mi era sembrato un espediente azzeccato per ritornare a scrivere di cose personali, senza pubblicarle online, usando un vecchio blocco note ingiallito, chissene frega, solo per la soddisfazione che mi dà fissare i pensieri con le parole. E anche togliermi un po' di ruggine ché non sono più abituata a scrivere robe mie e ogni tanto mi manca, nonostante continui a scrivere online regolarmente, ma su altri argomenti. Temi che mi interessano, sia chiaro, però sono altro rispetto alla scrittura personale.

La buona intenzione del diario è durata un giorno, poi ho lasciato correre, vinta da quel senso di inquietudine e paura che ha preso il sopravvento durante il primo periodo della reclusione, quando ancora si pensava che tutta la questione coronavirus sarebbe durata un paio di settimane e rizzati.

Oggi, intorno al quarantesimo giorno, sono in preda a un'inquietudine più variegata che, oltre a comprendere il maledetto coronavirus, include anche il lavoro, la mia salute extra covid-19, alcune scadenze, una cosa che è saltata e su cui avevo lavorato un anno, alcuni genitori di amici che nel frattempo si sono ammalati.
Uno si sta riprendendo, un'altra è messa male e si trova dall'altra parte del mondo, in quel Massachusetts dove milizie private di invasati con le svastiche vanno a protestare contro le chiusure, imbracciando armi da assalto che gli rimbalzano sulle pance da birra.
Come si fa a consolare un'amica che sta perdendo la madre, senza poterla vedere ormai da settimane? In più, in un momento del genere, ritrovarsi con The Orange Man - come lo chiama lei - al potere e i nazisti del Massachusetts (semicit.) a giro incazzati è il non plus ultra della sfiga.

Poi penso che sono fortunata. Abito a Firenze e non nel Massachusetts. I miei genitori stanno bene, non li vedo da quasi due mesi e a loro va benissimo, hanno smesso di fare gli spavaldi ("te non mettere bocca, sappiamo noi come comportarci") da quando un loro amico è finito a Careggi con il covid e se l'è vista brutta.
Poi sono a casa mia, dove non ho mai passato così tanto tempo dall'età adulta. Ho fatto alcuni lavoretti, ho imparato a riparare cose che mai avrei pensato, tipo le prese elettriche, ho fatto mente locale su altre cose da fare appena riapriranno i tappezzieri e i mercatini dell'usato.

Però in queste settimane ho fatto una gran fatica a leggere. Proprio non ne avevo voglia. E sì che mi vanto di essere una lettrice attiva (mi sta antipatico usare "forte"), di macinare un libro dietro l'altro. Ecco, col coronavirus a tenermi in casa tutto il giorno mi è passata la voglia in un botto. Eppure era sempre stato il mio desiderio avere giornate tutte per leggere. Con la prospettiva reale di disporre di giorni e giorni chiusa in casa, mi è passata la voglia di libri in un attimo.
Leggendo sui social, non sono stata l'unica a sentirmi così. C'è un sacco di gente su Facebok sorpresa dal non riuscire a trovare la concentrazione né le motivazioni in un momento che, in teoria, sarebbe l'ideale. E nei commenti tantissimi confessavano le stesse difficoltà.

Alla fine ho vinto l'angoscia e sono riuscita a trovare di nuovo la voglia di leggere, usando un espediente casuale: i libri da "pilucco". Quelli che sai che ti piacciono e li apri a caso per leggerne qualche pagina, senza impegno, solo per il gusto di. Nel mio caso questi due:


Ottimi entrambi, sono stati l'apripista per farmi ritrovare la voglia di leggere.
Ed è stato un bene perché in questi giorni ho letto un libro favoloso che non anticipo, perché voglio scriverci un post a parte. Dico solo che mi ha donato ore di goduria pura.

Ecco, volevo riportare il diario di un mese fa, invece ho divagato, come ai vecchi tempi.

Meglio così.

Appunto dal passato

Dentro a un libro preso a caso dallo scaffale, ho ritrovato un appunto risalente a otto, forse nove anni fa che mi ha fatta sorridere.


Penso alla crisi economica mentre sul fuoco una palla di contorno tricolore Orogel si scongela nella padella antiaderente. David Bowie canta Changes e nel bicchiere a calice ho dell'ottimo Valmont vin de pays d'oc comprato a meno di due euri all'Esselunga, insieme a un tot di cose inutili, ma prendi due e paghi uno, a cui non ho saputo resistere. Dopo la giornata in ufficio dovrei sbrigare delle faccende in casa, ma non ho molta voglia, così sorseggio vino aspettando Un posto al sole.

Garante, call center in Albania e altri fastidi. Il call center aziendale che chiamava da un altro continente col prefisso della mia città.



In questi giorni sono piuttosto inviperita contro il garante della privacy e la famigerata "cookie law". Me ne sono dovuta occupare per lavoro e mi sono resa conto direttamente di quanto la normativa sia scritta male, e di quanto lasci troppo spazio alla discrezionalità di chi dovrà controllare e sanzionare.

Ma Matteo: proprio con i più sfigati te la dovevi prendere? Il Santo Natale si vede dalle piccole cose quotidiane...


La tipa dietro la scrivania è immersa in un libretto Sellerio tutto sbertucciato, con il bollino della biblioteca di quartiere.
Da dove mi trovo non vedo il titolo, riesco a leggere solo: Camilleri.

La tipa legge senza curarsi del resto, non ha risposto nemmeno al mio "buongiorno".
La osservo rapita, ha una faccia arcigna che in giro se ne vedono poche di così antipatiche.
Di tanto in tanto, appoggia il libro sul tavolo e sottolinea qualche frase a matita.

Lui dice di essere conte, ma invece sta in un seminterrato alla giapponese



Sono una persona fortunata.

Professionalmente, intendo.

Sono costantemente, quotidianamente circondata da persone che frullano, fibrillano. Good vibe a iosa. Progetti, idee, start up, visioni, ecumenismo tecnologico tout court.
Persone di spessore che sono consapevoli di aver tanto da dare e da trasmettere al mondo. Il mondo, ok? Niente paesello o cittadina: benvenuta globalizzazione delle idee e delle energie creative.
Sinergie. Io sono un visionario, tra quattro anni questo modello sarà la norma. Investimento è la parola d'ordine. Vision, mission.
Stiamo vendendo a Tokyo, siamo stati presenti alla Fiera più importante del Giappone, a fianco dei colossi. Siamo una realtà dinamica, non ci fermiamo perché questo paese ha bisogno di una spinta vera, di un impegno reale.
Noi stiamo qui, abbiamo scelto di stare qui. Lo vogliamo. La nostra parola d'ordine è sostenibilità, chilometro zero, non ci interessa il profitto: la priorità sono le persone. Qualità. La qualità sempre. Made in Italy. Piccolo è bello. L'attenzione ai dettagli.


In tutto ciò c'è qualcosa, qualcosa di molto familiare.

Ma non mi viene in mente. Mi scervello.

Santo cielo, ora lo so.

Illuminazione e fastidio.

Riprova: cogli i segnali, le sfumature. Guarda nelle pieghe, analizza le smagliature. Dai, sveglia.

È il momento di essere incisiva.

Mi schiarisco la voce, entrando in "modalità 5 ottobre 1966".
È facile, siamo nell'era di Instagram, sappiamo che la realtà è solo una questione di filtri colorati intercambiabili. Tu me la racconti come ti pare, io cambio le lenti e la vedo in un altro modo.

La vedo com'è, appunto.

Perché io ho una guida fidata: la teoria del semiterrato alla giapponese.

Eccola:
  • DIARIO: Firenze 5 ottobre 1966. Oggi 5 ottobre ho traslocato a casa di un amico del babbo.
  • Conte Mascetti: Che è?
  • Luciano: Il diario che la signora maestra ci fa tenere alla fine di ogni giornata.
  • Conte Mascetti: Brava, intelligente codesta maestrina.
  • DIARIO: Lui dice di essere conte, ma invece sta in un seminterrato alla giapponese, tutto ghiaccio e umido, senza telefono, senza acqua calda, col cesso coi piedoni e un fornelletto dove la moglie c'ha cucinato una frittatina di due uova, che abbiamo mangiato in tre più un rinforzino, come lo chiama lui, di nove olive di numero, mezz'etto di stracchino e un quarto di vino sfuso. Tutto, vitto e alloggio, per 150.000 lire che mi pare proprio una rapina anche se lui, per fare il conte, chiama castello un aggeggio di tre locali. 
  • Luciano: Loculi. 
  • DIARIO: Di tre loculi. Dove mi toccherà dormire assieme alla moglie una donnetta secca e rifinita come il suo nome: Alice. E la figlia, Mela, che per fortuna non dà noia, perché è una handicappata, incapace di parlare e camminare alla sua età. Io dico che codesto conte o è un gran bugiardo, o si è ridotto proprio come un disperato.
  • Conte Mascetti: 10 e lode...

Parliamo del pagamento? Chiedo con nonchalance.

Sa la crisi, non c'è trippa per gatti, purtroppo le cose vanno come vanno.
Non abbiamo credito, facciamo a 90 giorni?
Con o senza fattura?
Sì, lo so, sono poche centinaia di euro, ma le assicuro che non possiamo fare altrimenti. Purtroppo, lei lo sa, di questi tempi... Abbiamo grattato il fondo del barile.
Pensiamo di emigrare come ha fatto l'Azienda Tal del Tali, [abbassando la voce, quasi sussurrando] sa sono in Svizzera adesso... Abbiamo ridimensionato, purtroppo. Downgrading.
Le attrezzature? No, non possiamo investire. Le banche non ci danno tregua...


Eccolo il monolocale alla giapponese.


In alcune occasioni occorre essere Lucianino.

Il drone che volava sulla campagna toscana per eludere i recensori di Trip Advisor

Guardo un'altra volta le immagini della facciata secolare, screziata dal sole d'estate.
L'inquadratura sale in un crescendo di velocità, finché la villa scompare e al suo posto spuntano le colline.
Cipressi, ulivi, ville, un campanile in lontananza.
Il campo di ripresa percorre filari di viti, campi morbidi, cavalli che galoppano su un prato.
Poi una zona industriale: capannoni, furgoni, un parcheggio.
«Questo lo tagliamo» dice con disappunto.

Antoinette, pazza per la spesa. Contenta lei.


Antoinette ha 29 anni e vive nella periferia di Chicago. Chicago è una delle dieci città più care degli Stati Uniti. È dura approvvigionarsi per una madre che non lavora, come Antoinette. Lei è disoccupata, tuttavia non si considera così: il suo lavoro è far la spesa al supermercato coi buoni sconto.

E ne va fiera.

La piscina delinquente

Entro camminando piano, mi aspetto di venir bloccata da un momento all'altro. Sono un po' intimorita, l'ambiente è elegante, un tempo le stelle erano addirittura cinque. Fa fresco, mi viene la pelle d'oca. Un silenzio irreale; il rumore di ogni passo rimbomba che sembra quasi un eco; camerieri in livrea dappertutto.
Mi viene incontro. Felpa slabbrata e jeans sdruciti. Unica concessione al lusso e alla femminilità: sandali a tacco alto che costano un mucchio di soldi. Anche se li ha comprati ai saldi, sono stati un salasso. Prima dell'acquisto, a casa mia c'è stato un simposio dal tema attualissimo e universale: con questa crisi che ci sconquassa, sarà mica un attimino indecente comprare dei sandali da centosessanta euri?

Il troppo stroppia, intervista di inizio 2013


Gattasorniona, ti posso disturbare per qualche domanda di inizio anno?
«Ma certo, caro intervistatore fantasma, chiedi quel che vuoi.»
Bene, secondo te, quando la "misura è colma"?
«La misura è colma quando inizia a provare un certo fastidio alle richieste più elementari. Mi fai quello? Mi fai questo? E via il primo moto è di insofferenza. No, non ti faccio un cavolo è la prima risposta che ti viene dal profondo del cuore, ma non puoi dire di no, anche per semplici ragioni di urbanità. Allora dici sì, ma lo fai controvoglia, sempre cercando di non concedere nemmeno una virgola in più ché tanto non verrebbe apprezzata, attaccandoti alle parole dette/scritte per poterti affrancare al momento opportuno dagli ingrati compiti. Perché tanto non ti vengono pagati, il lavoro non si pesa in certi casi.
Ma dopo tanti anni di professione...
«Appunto, caro intervistatore, proprio dopo tanti anni di professione. Quando lo sbattimento supera il guadagno e attenzione: con guadagno - anime belle - intendo cash, soldi, euri, €€€, bonifici, la grana... insomma qualsiasi valore che possa spendere subito dove mi pare per comprarmi quel che mi pare. Tutto il resto non conta.»
Grazie Gattasorniona. Propositi per l'anno 2013?
«Ma ti pare. Il 2013 sarà l'anno dell'Ariete, quindi non ho bisogno di fare propositi, verrà tutto da sé... ;)»

Una lezione di economia da non perdere



Un'ora di lezione di economia da non perdere: Nino Galloni, economista e direttore generale del Ministero del Lavoro ripercorre la storia economica dell'italia dal dopoguerra a oggi. La crisi in tutti i suoi aspetti spiegata in modo chiaro, finalmente:
«Non ci dimentichiamo che alla fine degli Anni Settanta l'Italia aveva superato l'Inghiterra - e nessuno trent'anni prima poteva immaginare un risultato del genere - aveva quasi appaiato la Francia e stava minacciando la Germania. È uin quella situazione che si stabilsce in europa l'accordo per i cambi fissi...»

Da Il funzionario oscuro che faceva paura a Khol (link)

Alla ricerca dell'espediente perduto

 Vintage Geekdom: Only suited for animal themed orgies.

- Sono troppo vecchia per fare l'olgettina?
- Purtroppo sì, altrimenti sarebbe bellissimo, pensaci: una strada in discesa.
- Mah, non son mica tanto d'accordo; io c'ho la fobia kafkiana della giustizia. Se dovessi presentarmi a un processo penale morirei di paura...
- Macché paura, figurati, in quel caso tu c'avresti Silvio a ricompensarti del tempo perduto e dello stress versato. Ti pagherebbe bene: in soldi "sonanti" e in poltrone prestigiose da fancazzista parassita.
- Sarà... però io non la voglio la poltrona. Faccio un mestiere tecnico, preferisco di gran lunga una sedia ergonomica a cinque zampe, fatta rispettando i requisiti funzionali previsti dalle norme di sicurezza sul lavoro, UNI...
- Vedi che non sai pensare in grande? Sei povera dentro, hai una visione limitata. Qui si tratta di fare un mucchio di soldi.
- Certo, un mucchio di soldi, ma devi anche andare a letto con quella cariatide del Berlusca. Non è mica facile, io non ce la farei.
- Lo so, queste son cose da professioniste, impossibile improvvisare. Infatti le bagasce in questo business fanno bene a prendergli un sacco di soldi a quel vecchio laido.
- A parte il trombarci, ma pensa solo a sentirlo chiaccherare. T'immagini che coglioni?
- Infatti. Lasciamo perdere, su.
- E vabbè, lasciamo perdere.
- Ma allora qual è la strada giusta per uscire da questa semi-miseria - data dalla crisi internazionale siamo sempre a rischio Grecia quindi è giusto pagare per debiti che hanno fatto altri che hanno visssuto al di sopra delle loro possibilità... ecc. - che mi avrebbe anche stancata?
- La risposta ce l'hai davanti agli occhi.
- Cioè?
- Il blog.
- Il blog?
- Sì, proprio il blog. Aprire un blog di successo e...
- Ma che cavolo dici? Il blog! Ma senti che bischerata. Siamo nel 2012, abbiamo più di dieci anni di esperienza alle spalle, e tu mi parli ancora di blog come fonte di guadagno? Suvvia, siamo realisti.
- Fammici pensare un attimo, allora.
- Sì ma fai una cosa di giorno, ché qui si diventa vecchi e le cose peggiorano sempre di più.
- La Grecia incombe su di noi. Tu lo sai come sono le cose laggiù adesso, vero? E alla televisione non dicono nulla, 'sti bastardi.
- E dagli con 'sta Grecia. Guarda che noi siamo diversi dalla Grecia, proprio come paese, come risorse, abbiamo industrie che la Grecia non ha e...
- Vabbè,  ma l'hai sentito Monti? Qui stiamo a rischiare grosso: tassare, tassare, tassare altrimenti è maiala per tutti...
- Io di Monti non mi fido, voglio le elezioni subito e partiti coraggiosi indipendenti da influenze esterne, con leader decenti e italiani più svegli. Chiedo troppo?
- Sì, chiedi troppo.
- Lo so.
- Ma questo non risolve il problema iniziale: cosa fare per sfangare questo momento di crisi?
- Qui non si fattura, ci sono le tasse, gli anticipi, cristi e madonne. La soluzione deve essere immediata e possibilmente poco ortodossa ché mi son rotta i coglioni di essere sempre quella "a modo".
- Mmmm... sto pensando. Hai qualche soldo da parte?
- Sì qualcosa, son vent'anni che lavoro. Ma poca roba.
- Ecco. Adesso è il momento di chiudere la P.IVA che tanto l'avevi aperta per forza e ti costa un sacco di soldi e di dichiararsi disoccupati: io sono di-soc-cu-pa-ta.
- E poi?
- E poi vedi, intanto ti sei levata da questo meccanismo. Sfancula lo sfanculabile.
- Beh, ha un senso, mi piace. E poi?
- E poi... Tu non sei religiosa, vero?
- No. "Dio vede e provvede" con me non funziona. Anzi, mi pare una stronzata.
- Allora la vedo dura.
- Vabbè, intanto esco dal sistema.
- Poi prepara la valigia.
- Ottima idea.

Una bella giornata, con riserva


Mi sono alzata senza fretta, concedendomi la mia colazione preferita: tè verde, pane integrale, marmellata di fragole. Poi mi sono preparata per andare in centro. Ho fatto una lunga passeggiata, è pieno di turisti e di polline da far paura; la bella stagione è iniziata alla grande. Quando ne ho avuto abbastanza del sole e della gente, sono andata a rifugiarmi nell'ufficio di un amico. Mi sono accomodata sul suo divano comodo, ho fatto un po' di conversazione alternandola alla lettura del giornale.
Tempo di metterci al corrente sulle rispettive vite e sono uscita di nuovo andando verso la Feltrinelli di via Cerretani e poi alla Edison in piazza della Repubblica. Ho sfogliato qualche libro per aggiornarmi sulle ultime novità, capire se sia uscito qualche cosa di imperdibile (no, non è uscito niente del genere), finché mi ha raggiunta un'amica per il pranzo.
Abbiamo mangiato un boccone facendo conversazione. Dopo il caffè ci siamo salutate con molta calma. A quel punto sono andata a un appuntamento di lavoro sulle colline. Il cliente mi ha offerto un altro caffè e Baci Perugina. Abbiamo parlato con tranquillità di fronte a una finestra su al panorama mozzafiato della collina di Fiesole; i telefoni erano muti e non siamo mai stati interrotti. Adesso mi sento coccolata e appagata dalla bella giornata. Perché è una bella giornata.
Tuttavia poiché nella vita non esiste il godimento fine a sé stesso, adesso sono anche molto preoccupata. Il lavoro è calato. Tanto, per tutti. La crisi si percepisce chiaramente: è nell'aria, come questo maledetto polline che mi irrita occhi e naso di continuo; impossibile non farci caso. Siamo tutti in recessione. Godiamoci il sole, la conversazione con gli amici, le belle letture.

Ufficiali giudiziari e Paolo Fox

Giustizia e Oroscopo

Gattasorniona ci racconti come hai iniziato questo 2012?
«Ma ben volentieri, caro intervistatore fantasma. Allora in ditta sono arrivati due ufficiali giudiziari in due giorni - sì, proprio uno al dì - per tentare di consegnare degli atti. Siccome il titolare e destinatario delle notifiche è all'estero, nessuno li ha ritirati per paura di lasciare la firma su roba che sicuramente finirà in tribunale. Ecco, questa è la notizia del giorno. Ed è anche la notizia clou di ieri. E questo mi fa riflettere, perché è inutile cercare spiegazioni di questa depressione cronica nei massimi sistemi, nelle micragne della vita contemporanea, nei vent'anni di berluconismo e altre bischerate new age. Perché quando si fa una vita come la mia è inevitabile diventare un tutt'uno con lo spleen depressivo. Diciamo che fa parte del gioco.»

Allora, come reagire? Qual è il modo di sfangarla?
«Non ne ho idea, sto ancora cercando la magica ricetta esistenziale che mi salverà da 'sto baratro nero che m'insegue inesorabile. E questa ricerca mi porta a esplorare territori inaspettati e spesso piacevoli, ad ascoltare le esperienze di persone che alla fine hanno trovato la loro formula per non lasciarsi sopraffare dalla quotidianità melmosa che ci lambisce tutti, di continuo.
Adesso so che la ricetta è molto personale e gli altri, se scelti con cura, possono solo essere fonte d'ispirazione e di conforto. Ma trovare l'alchimia giusta tocca solo a me. E questo lo posso fare anche trovando il coraggio di sfanculare le cose che, sulla base di esperienze passate, so già che non mi porteranno alcun giovamento, né vantaggi.
Perciò lo scrivo chiaramente: addio Paolo Fox, mi hai delusa, non ne hai azzeccata una nel 2011. D'ora in poi si torna da Rob Brezsny

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

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