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Intime distorsioni prima del caffè



Se penso alla mia vita in modo astratto, senza realmente pensare a nulla in particolare, ho sempre la fastidiosa sensazione di aver sempre speso malissimo il mio tempo.

Un po' come lo Zeno Cosini dei frammenti sparsi post "Coscienza di Zeno" che, messo di fronte al classico dilemma faustiano, schifa sdegnato la possibilità dell'eterna giovinezza, perché preferirebbe di gran lunga barattarla con «qualcosa di molto nuovo, qualcosa che mai conobbi, perché non vi sono giorni che vorrei rifare ora che so dove mi condussero*».

Ecco, proprio così.

La sensazione orrenda di un'intera esistenza sprecata in perdite di tempo.

Anche adesso, specialmente adesso, in questo grigio post pranzo domenicale, con la digestione in partenza e il caffè sul fuoco.

Podismo e falsi vegani: un flusso anomalo dagli albori del web al giorno d'oggi



Verso la fine degli Anni Novanta mi ritrovai ad amministrare un forum online di podisti amatoriali. Fu una cosa provvisoria, sostituivo una persona per poche settimane. Su quel forum (purtroppo ho dimenticato il nome, non posso verificare se esista ancora) c'erano varie sezioni dedicate all'allenamento quotidiano, all'attrezzatura da corsa, alla motivazione mentale, alla preparazione in palestra, alla segnalazione delle gare in corso, ecc.
Ricordo che era uno spazio online molto partecipato, direi affollatissimo. Però erano decisamente altri tempi: Facebook sarebbe arrivato solo una decina di anni dopo, tanto per rendere l'idea.

Melensa e sbilenca


Quando sto po' di tempo senza scrivere diventa difficile ricominciare e ritrovare il ritmo. È come riprendere a fare sport dopo una lunga pausa a base di bagordi e divano. All'inizio pare una cosa senza senso, ma poi quando cominciano a far male i muscoli, le tossine vanno via col sudore, e il respiro si regolarizza, senti che lo sforzo fa bene e ti spingi a continuare. Allo stesso modo, scrivere un post dopo aver perso l'abitudine pare un'attività senza senso e piuttosto faticosa, ma andando avanti senti che fa bene, ecc.
E in più in questo periodo sono melensa. Abbacchiata, quasi 'na morticina. Una cosa insopportabile. Eppure non va nemmeno tutto così male. Ho passato periodi ben peggiori.
Allora che cosa c'è che non va? Ci ho pensato per un po' e sono arrivata alla conclusione che sia un problema di baricentro. Il mio è spostato, proprio come quello della torre di Pisa, e mi aggiro nel mondo tutta sbilenca. Un mal di schiena che mi allieta da un paio di giorni conferma questa teoria. Così mi scervello per recuperare un po' di joie de vivre, che così mi faccio uggia da sola. Se adesso trovassi la famosa lampada col genio dentro, non saprei che cavolo chiedergli.
Ci penso a cosa potrei desiderare, mentre la mente si annulla. Ecco, questo è lo stato d'animo che mi accompagna in questi giorni.
Melensa e sbilenca.

La fase Love


Stamani mi sono svegliata in piena fase love.

Quando inizio la giornata così me ne accorgo subito. La percezione del mondo si scalda ed è come se indossassi degli occhiali con le lenti arcobaleno. Apro gli occhi guardo fuori ed esclamo con sincero entusiasmo: "Che bella giornata!".

Indipendentemente dalle condizioni meteorologiche.

Nuove frontiere degli autori "indie" che si montano la testa: l'auto-intervista



Oggi incontriamo Gattasorniona. Buongiorno Gatta.
Buongiorno caro intervistatore fantasma, è sempre un piacere incontrarti.

Hai scritto un libro sul precariato. Il tema è abusatissimo non ti sembra un po' stantio?
Sì, in effetti lo è. Tuttavia quando si parla di precariato e di problematiche sul lavoro, l'approccio è sempre dalla parte del lavoratore sfruttato, dei governi che erodono i diritti dei cittadini, degli imprenditori vessati e disposti a tutto - sfruttamenteo compreso - pur di risparmiare sulle spese.
Ne L'alba dei Farabutti ho cercato di raccontare un altro aspetto della questione di cui secondo me si parla poco: gli imprenditori incapaci. Quelli che proprio non è il caso che... Infatti LADF è la storia di un sedicente imprenditore, ma che in realtà non lo è. Gli mancano i numeri minimi per esserlo, anche se lui è convinto del contrario e di essere la versione sfortunata (perché italiana) di Steve Jobs. Quindi no, non si tratta del il classico racconto sul precariato.

Hai provato a inviarlo a qualche casa editrice?

Dietro le quinte di Real Time: Tagliando


Francesca De Lena ha gentilmente valutato* sul suo blog, I Libri degli altri, un mio racconto intitolato "Tagliando".
L'ho già fatto in privato, ma la ringrazio pubblicamente di cuore per avermi dedicato il suo tempo. Il racconto intero e la valutazione* si trovano qui.

Eccoci, con piano B (scaduto)

Ci sono, ma latito mio malgrado. A volte succede. Il blog è il mio hobby rilassante, la parentesi antistress in una vita tutto sommato non sgradevole. Tuttavia ormai mi conosco bene: quando passano più di due settimane in cui produco solo bozze perché non ho tempo di organizzarmi e fare un post intero, è un brutto segnale: stress che monta e poi si manifesta all'improvviso in pochi, collaudati, modi inopportuni: ingestione di calorie inutili, insonnia, visione bigia dell'esistenza condita con malumori antisociali.
Non sto dicendo che il blog curi tutti i mali e protegga da qualsiasi avversità, però nel mio caso aiuta un casino.
Sarei curiosa di sapere per quante altre persone sia così.

P.s. Comunque, se avessi ancora vent'anni, di certo prenderei in considerazione il "piano B":

Sciabolate artiche


Semafori sfasciati dalle raffiche di vento in via di Novoli a Firenze.

Son due giorni che non dormo quasi per nulla. Ieri notte per colpa del terremoto, stanotte invece per il vento forte che ci ha martellato di raffiche rumorosissime e incessanti. Come se non bastasse, memore del trauma di ieri, sentivo la casa vibrare e allora addio riposo.
 Oggi ho delle occhiaie incredibili, color melanzana marcia, e gli occhi indolenziti.
 Da un meteo online apprendo che questo vento fa parte di una "sciabolata artica" che ci sta colpendo in queste ultime ore e ci sta regalando temperature invernali, da nord a sud.
 E pensare che ero già pronta all'estate, alle passeggiate sul Lungarno al tramonto, allo spostarsi a piedi da un pub all'altro il sabato sera.

Auguri e una riflessione sul calo delle visite sul blog

Collage di immagini dalla prima versione del blog.

Dopo aver letto il post di fine anno di Leonardo, incentrato sulla diminuzione inesorabile dei suoi visitatori, anche io ho fatto mente locale su quello che accade in questi luoghi.

Come tanti altri, anche questo vecchio blog non ha più le visite di una volta. Diciamo pure che non ha manco la metà dei visitatori dei vecchi tempi, i cosiddetti tempi d'oro dei blog, quando esistevano le blogstar e c'era tutto un fermento per questa novità.

Fenomenologia dei pensieri negativi che mi (ci) accompagnano passo passo, giorno per giorno



Sto cercando di occuparmi il più possibile del mio benessere. Dopo una certa età queste cose diventano molto importanti. Adesso per me è tutto un fare attenzione alle energie, alle negatività, alle persone troppo "needy", come dicono gli americani che in quanto all'esaltazione delle prospettive individuali sono maestri indiscussi.

Tu chiamale se vuoi, emozioni

Son tre giorni che scartabello casa moccolando con passione e fantasia.  Ho perso un oggetto a cui tenevo molto. Non so quando né come. Ogni tanto mi succede, non ci posso fare nulla.

Mia nonna diceva: la casa non ruba ma nasconde.

Casa mia pare che si diverta un mondo ad eclissare cose a caso ma sempre quando servono, così, tanto per farmi impazzire.

Ma in questo momento ho un problema ben più grosso per le mani.

Un problema di emozioni.

Diario dell'estate oscura: in agosto a Firenze con Real Time e Dmax



Ho speso questa estate in giro in bicicletta ed a curare con amore piante di basilico e di limoni. Le verdi creature, con estrema riconoscenza, mi hanno ripagata con abbondanti foglie profumate per la pomarola e fette fresche per il tè freddo.

È stata un'estate affollata, non sono mai mancati gli amici che, complice la crisi, sono rimasti quasi tutti in zona. Pochi soldi, poca voglia di spendere, perché chissà in autunno come si metterà col lavoro. Dal 2008 ogni anno va sempre peggio e l'antifona è stata colta abbondantemente.

Romina Power... Solo Performance

In questi giorni c'è stata una reunion televisiva di Albano e Romina di cui tutti hanno parlato: un concertone che ha avuto un sacco di successo. Non cerco info, tanto se ne parla dappertutto. Però mi è ritornata in mente quella volta che Romina fece la mostra dei suoi quadri a Firenze. Erano i primi anni duemila, il 2003 per l'esattezza. All'epoca il Renzi non c'era, ancora non era nemmeno approdato in Provincia che invece era ancora guidata dal sobrio (e pure lui democristiano) Michele Gesualdi. Il sindaco di Firenze era tal Leonardo Domenici, personaggio anonimo dalla pettinatura cotonata, travet dell'amministrazione che ha svolto i suoi mandati senza lasciare tracce. Il Renzi da questo punto di vista ci dà più soddisfazione; vuoi mettere tutte le gag, il Fonzie, ecc. Ma non voglio divagare, ritorniamo a Romina Power. In quel periodo lei era spesso sulle riviste che legge la mia nonna a raccontare di quanto fosse diventata fricchettona e globetrotter dopo la separazione da "ugola di uranio Carrisi"; aveva abbandonato il paesello e viaggiava in India, si vestiva con lunghi camicioni simil etnici e cose così.
Il comune le concesse l'uso del Palagio di Parte Guelfa, un paio di stanzone enormi in via Pellicceria, in pieno centro storico per la sua mostra di pittura dal titolo: The Power of Color. si noti il gioco di parole, please. E lei venne in carne ed ossa a presentare i suoi lavori, accompagnata dal figlio Jari. Me lo ricordo perfettamente perché io ci tenevo davvero tanto a incontrarla, volevo stringerle la mano e vederla dal vivo. Impulso che nella mia vita ho avuto con pochissimi personaggi famosi (perché sono una fiorentina snob, ecco). Romina Power, la Rita Pavone, e pochi altri che adesso non mi vengono in mente, ma vado di fretta, come al solito perché sono in pausa e ho i minuti contati. Un giorno scriverò un post sui blogger che hanno i minuti contati per bloggare le loro cose fondamentali. Ma non divaghiamo. Insomma per farla breve, Romina Power venne insieme al figlio a presentare la mostra, ma lo fece in un giorno di lavoro e a me si spezzò il cuore a non poter essere lì. Mi pare che scrissi un'email di protesta al Comune ed anche un post sul vecchio blog per lamentarmi della cosa che ancora adesso un po' mi brucia.
Nei giorni successivi andai a visitare la mostra per conto mio: volevo vedere le tele che lei aveva dipinto durante gli anni trascorsi in Puglia. Me ne ricordo uno in particolare: un paesaggio del sud, in primo piano due giovani in motorino ripresi da dietro. Lui tozzo, col collo taurino e lei con i lunghi capelli scuri. Se solo ritrovassi la foto.

Appunti banali di diario #4


Appena posso vado in giro a pedalare in centro. Ho provato a cambiare itinierario, ma fuori dalla città c'è tutta quella campagna e mi snervo all'istante. Mi manca subito il traffico, l'arno, i parchi e giardini con la natura in dosi omeopatiche, le strade strette del centro storico e le soste provvidenziali alle fontane per bere l'acqua. Lo devo ricordare per le (rare, a dire il vero) volte in cui penso che sarebbe bello abitare fuori città e vivere più a contatto con la natura.
Faccio un mucchio di foto da quando ho scoperto che la mia macchinetta fotografica ha un sacco di funzioni fighissime e posso fotografare bene qualsiasi cosa. C'è pure un'opzione "food" per fotografare i piatti col cibo, ma giuro solennemente di non abusarne mai. La tratterò come un super-potere, la userò solo in caso di estrema necessità. Ecco. Pensavo di essere io quella negata per le foto: sempre e solo colori piatti e perennemente sfocate, se non mosse. Bastava, invece, cambiare le impostazioni. Le maledette impostazioni che sono sempre state lì, bastava solo premere il tasto giusto. Hai un oggetto da tanti anni e sei convinta che sia una cosa da poco. Poi basta qualcuno più sveglio che ti spiega come funziona per superare la mia incrollabile tendenza alla superficialità pigra. E riprendi subito piacere ad usarlo. Me ne devo ricordare anche per altri aspetti della mia vita, non solo per la stupida macchina fotografica.

Consapevolezze cosmiche

Fa un caldo eccessivo. Io ho sonno e mi perdo nel cazzeggio online tra Twitter e Facebook quando invece dovrei lavorare e soprattutto preparare certi documenti fondamentali per il commercialista perché le scadenze sono scadenze e le scartoffie sono il nutrimento preferito dei Moloch della burocrazia. Ho una gastrite galoppante dall'inizio della settimana e non accenna ad andarsene. Ho ancora la tazzina del caffè qui accanto al computer, intatta, perché il caffè in questo momento per me è veleno e il mio corpo lo rifiuta con tutte le sue forze. Tuttavia l'abitudine di prepararmelo dopo pranzo mi dà conforto e non ci rinuncio per dei volgari bruciori di stomaco. Caldo, estate in città, serate in casa a farsi pungere dalle zanzare, serie TV da rivedere, piccioni quasi annullati del tutto, dall'introduzione dell'ultimo dissuasore di mia invenzione: Nemesi©. Un "Ordigno" di cui parlerò in futuro in un post apposito perché vorrei corredare il tutto con delle foto, descrizione di caratteristiche tecniche e forse qualcos'altro, da condividere con licenza Creative Commons con chi, come lo ero io fino a poco tempo fa, è sotto assedio da piccioni. Ma sto divagando. Volevo parlare d'altro, di robe esistenziali e delicate.
Mi sono resa conto, infatti, di avere dei grossi problemi con la fine delle storie. Ultimamente scrivo un mucchio di racconti, piccole novelle, che salvo in rigoroso txt (sono una talebana del formato) in una cartella di dropbox tutta dedicata alla mia vena creativa. Ieri sera mi sono accorta che la cartella "gss" (gatta sorniona scrittrice) contiene all'incirca una sessantina di file: ogni file un racconto. Tantissimi a pensarci bene. Ma da quando non ho più la tv le mie serate casalinghe le devo pur occupare in qualche modo. Dicevo, una sessantina di racconti , alcuni lunghi altri brevissimi con una caratteristica in comune: non ne ho conclusi neanche uno. Da ciò ho dedotto di avere qualche problema con la conclusione delle storie. E siccome da queste parti in tema di seghe mentali non ci si fa mancare proprio nulla, ho allargato questa mia "caratteristica" a tutti gli aspetti della mia vita. E in effetti, guardando indietro nel tempo, ho sempre avuto grossi problemi a concludere le storie, a prendere direzioni nuove, lasciandomi il "fu" alle spalle, senza paura. Se è vero che la vita è un viaggio, allora il mio è simile a quelle famiglie che vanno tutti gli anni felicemente a fare la villeggiatura nello stesso rassicurante posto, senza porsi il problema del qualcos'altro migliore. Finisco la settimana con la consapevolezza di essere l'incarnazione della famiglia Brambilla. Eccallà la tristezza siderale:

Il terremoto, sfogo terapeutico di una nottata di merda

Una foto del terremoto da Twitter di @massimosesena 

Sono tutta rincoglionita. Svegliarsi alle 4 del mattino con la camera che si muove fa paura. E sono a Firenze, lontana da dove la terra ha tremato davvero facendo danni e vittime.
Quando dicono che le lampadine alogene non vanno cambiate a mani nude hanno ragione: poi si rompono subito. Così ho aspettato al buio, seduta sul letto, che quella scossa interminabile passasse. Stavo lì paralizzata, con lo sguardo fisso sull'armadio lì davanti. Se mi fosse caduto addosso, molto probabilmente non mi sarei spostata: sarei morta all'istante, per colpa di quel coso bianco a quattro ante in stile pre-ikea, solo perché ero completamente paralizzata dalla paura. Poi non so come sono riuscita ad alzarmi, vestirmi velocemente e di nuovo un'altra scossa più lieve. Ho acceso Twitter, ho iniziato a leggere i primi tweet con hashtag #terremoto. Tramite triangolazioni casareccie ho capito più o meno dov'era l'epicentro. Ho visto le prime foto di alcuni crolli di edifici, gente in strada e gente che affollava i bar in cerca di un primo conforto. Ho inviato a mia volta un po' di tweet anche io, dove, tra le varie cose, ho detto che non era bello stare in casa da soli in circostanze come queste. Un paio di persone mi hanno mandato tweet di solidarietà che mi hanno fatto tanto piacere perché ero molto spaventata anche della mia reazione passiva. Piano piano poi mi sono rilassata un pochino, nonostante avessi ancora paura ad alzarmi dal divano e mi fosse preso un freddo atroce. Stavo meglio ma non riuscivo a muovermi. Poi mi sono addormentata o svenuta, non ho capito. Quando mi sono svegliata mi sono trascinata nel letto dove ho dormito male fino a mezzogiorno, sognandomi scosse che in effetti ci sono state sul serio e stanno continuando, quindi non era poi tanto un sogno. Questa è la mia nottata. La ricca colazione fuori tempo massimo al bar, con pasta strabordante di crema pasticcera e mela me la sono meritata tutta. Credo.

L'anello di Möbius


Quando ero piccola ho inventato l'anello di Möbius . Esisteva già, ok, ma l'ho inventato anche io. Andò così. Mi avevano regalato dei rotoli di carta da calcolatrice che si erano ingialliti e non potevano più essere utilizzati. Allora ci costruivo lunghe strisce di Moebius e poi le disegnavo tutte - quasi sempre paesaggi con alberi, fiori e bambini con palloni e palloncini - sul quel foglio con una sola faccia. Si potevano indossare, oppure potevano decorare benissimo qualsiasi ambiente. Oppure potevano costituire la previsione puntuale, tramite arguta metafora, della mia esistenza futura. Comunque sia, senza falsa modestia: autentici sprazzi di genialità. È che mi ha fatto molto piacere ritrovarne un pezzo tra delle vecchie foto da scansionare.

Dello scrivere per lo scrivere: follia al di là del self-publishing

You've been warned

Sto scrivendo un mucchio di racconti. È un'abitudine che ho da qualche mese. Prima tutto quello che mi passava per la testa finiva sul blog. Adesso ho iniziato a scrivere tanti raccontini che spesso non finisco e che poi salvo rigorosamente in txt in una certa cartella di Dropbox che condivido con tutti i miei computer (due di numero, il portatile e "quello grosso", ma fa più figo rimanere nell'indefinito). Scrivo cose di fantasia, roba inventata lì per lì e poi spippolata velocemente con l'idea di rivedere, finire, completare, perfezionare il tutto in un secondo momento. Secondo momento che non arriva mai, ça va sans dire. Il tutto sta in quella certa cartella remota che poi non apro mai. Fino a poco fa, quando non so perché ne co controllato il contenuto. Ci sono una sessantina di file. Davvero un bel po'. C'è pure l'abbozzo di un romanzo breve opera prima che s'intitola "Il Gatto" e parla di un gatto a pelo lungo, di quelli "signorini" col muso tutto schiacciato, ma che in realtà è un manfano di prim'ordine e trascorre le sue giornate girando tra i giaradini tutto sudicio e con tarzanelli di cacca attaccati alla pelliccia e facendo danni a minerali, animali, vegetali di ogni genere. Appartiene al mio periodo: "storie non convenzionali per bambini ché i figli degli amici si divertono un monte quando gliele racconto e questo mi legittima come storyteller infantile universale..." Periodo durato pochissimo, per fortuna. Perché mi sento ancora io una bambina e mi diverto di più a farmele raccontare le storie. Se poi sono storie un po' di fantascienza o contengono zombie famelici allora sono contentissima. Comunque, tanto per chiarire, le avventure del gatto manfano con la merda attaccata al culo sono un classico in certi ambienti casalinghi che frequento.

Volersi bene, sfanculando


Ho staccato il telefono per farmi i cavoli miei. Tutta la mattina. L'ho riacceso solo poco fa e dopo essermi concessa: una passeggiata in centro con pausa caffè, seguita da una lunga nuotata a ritmo rilassato, come piace a me. Bilancio della mia latitanza. Cinque telefonate. Quattro messaggi in segreteria. Tre emergenze super-iper-prioritarie. Due di queste "autorisolte" visto che non ero a tiro. L'altra non so, diciamo che me ne interesserò a tempo e comodo. Ho bisogno di ferie. Nonostante tutto.

La paranoia del grande freddo


Sono giorni che aspetto la neve. Seguo con passione i tweet del sindaco e sono sempre "sul pezzo". Ormai sono perfettamente organizzata per quel momento. Per questo giro per la città carica come un ciuco, indossando tre tipi di sciarpe diverse, contemporaneamente. Per aggravare la situazione ho avuto la bella idea di dedicare questi primi mesi del 2012 alla mia formazione; il "self-improvement" che ci fa tanto bene e ci aiuta a combattere la depressione causata dalla vita contemporanea: costa come la psicoterapia ma ti arricchisce di competenze che prima non avevi. E in più ne guadagni in socialità. Molto "americano" come ragionamento, mi dicono. «Da zitella pragmatica,» rispondo.
Allora ho iniziato a seguire due corsi che necessitano di un bel po' di attrezzature, che sono diventate il mio bagaglio quotidiano. A dire il vero il secondo corso non era in programma, ma mi è stato regalato inaspettatamente e io non mi sono certo fatta sfuggire l'occasione. Oltre a tutto ciò mi porto appresso la borsa per fare sport che già di per sé è un bell'ingombro. Poi ho piazzato ricambi di biancheria e una vecchia tuta da ginnastica nel vano dello scooter, in caso la tormenta pluriannunciata mi impedisse di ritornare a casa per la notte come è accaduto l'anno scorso. E come se non bastasse ho nella  borsa un tot di cose per passare il tempo in luoghi diversi da casa mia: lettore ebook, lettore mp3, quaderno di appunti, e un pacco di fotocopie che devo leggere per la settimana prossima. Quasi quasi auspico che venga giù una bella nevicata di quelle che bloccano tutto e in quel momento preciso, di trovarmi a casa di mia cugina, ovvero l'unica persona che conosco bene in città ad avere un caminetto funzionante e una casa molto tranquilla, ideale per rimanerci un paio di giorni bloccata a bere vin brulé e leggere libri davanti al fuoco. Perché sono memore di quando nel dicembre 2010 la città perse la testa per quei venti centimetri di neve, io non ero organizzata e riuscì a rientrare a casa solo dopo 48 ore e con molte difficoltà. Per fortuna quest'anno ci sono i tweet del Renzi che mi tranquillizzano e mi gasano abbestia.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...