Non è la destinazione, ma il viaggio che conta: London calling


Arrivo trafelata nel piazzale di S.M. Novella, giusto in tempo per mettere il culo sul sedile di un autobus fatiscente, carico di fiorentini su di giri, e diretto a Pisa, dove mi attende il solito volo scrauso Ryan Air comprato a caro prezzo all'ultimo momento.

In aeroporto la trafila è estenuante, ripongo deodorante, crema e struccante dentro a un sacchetto trasparente e mi unisco al serpentone di mini trolley.

Passo i controlli, ingollo un caffè che sa di ammoniaca e finalmente mi siedo. Ravano nello zaino cercando di pescare il Kindle, ma mi interrompo subito. C'è di meglio intorno a me. È in atto, infatti, un episodio live di Airport Security "Pisa Edition".


Una coppia di cinesi anziani, suppongo marito e moglie, si rifiutano di farsi controllare i bagagli. Sono circondati da un numero imprecisato di trolley di tutti i colori. Attirerebbero l'attenzione anche tra i capannoni dell'Osmannoro, figuriamoci qui. Sbraitano in mandarino, sono agitatissimi.

Una poliziotta della dogana cerca di convincerli a seguirla, prima con le buone, poi alzando la voce senza convinzione. I due non la considerano manco di striscio. Arriva un altro doganiere, i due cinesi continuano a sbraitare cose incomprensibili.

Documento l'attimo, sono estasiata.


Allora la poliziotta afferra uno dei trolley ed esce seguita dal collega. I cinesi si fermano per un istante, si guardano muti. Poi la seguono urlando tra di loro ancora più forte e portandosi dietro il resto delle valigie.

Spettacolo finito.

Peccato, ci stavo prendendo gusto.

Mi dedico a Stephen King finché ci imbarcano in massa.

Sull'aereo capito in mezzo a un gruppo di adolescenti pisane. È la loro prima vacanza in una capitale europea. Sono felicissime, emozionatissime e non si chetano un secondo. Whatzuppano compulsive e leggono a voce alta le riposte dei loro amici, commentando con grida e risate.

Beata gioventù.

Una di loro è già stata a Londra una volta, coi genitori, e se la tira un monte, fa quella esperta della metropoli. Le altre un po' l'ascoltano un po' se ne fregano, tutte prese da Whatsapp.

Quella di fianco a me sbircia senza pudore quello che sto leggendo. Sento l'odore del suo shampoo.

«Ciao» le dico.

«Ah, ma è italiana!?»

«Sì, sono di Firenze. Tu sei di Pisa, vero?»

«Ma non scherziamo. No. No. Sono di Viareggio. Che non si sente?»

Ma che ne so, penso.

«Ah scusa.»

«Lei c'è già stata a Londra, signora? »

Incasso il "signora" con navigata eleganza.

«Sì, ci sono già stata.»

Evito di dirle che ci sono già stata suppergiù una ventina di volte e che ha smesso di essere la mia città preferita da tanto.  

Londra è una città per ricchi o per giovani, dice la mia amica L.

Non potrei essere più d'accordo.

«Per noi è la prima volta,» dice con un accento pisano, pardon viareggino, marcatissimo.

«È una città splendida, vi divertirete.»

«Vogliamo andare al museo delle cere, come prima cosa.»

«Fate bene, brave,» dico.

Evito di dirle che ho visitato Madame Tussauds una sola volta nella vita, alla loro età, e non ci ho più rimesso piede. Uno dei luoghi più inutili della terra d'Albione, secondo me.

Mi attende una settimana di fiera, in piedi allo stand per dieci ore al giorno, più le scarpinate richieste dagli spostamenti. Sono contenta di farlo, anche se adesso mi sento così stanca che non ci posso pensare.

Ma sono preparata.

Un amico mi ha rivelato il segreto per stare bene mentre si lavora in piedi per tante ore a Londra.


La crema per i piedi!


Yes.

L'aria secca di Londra asciuga pianta e talloni che diventano doloranti e preda di pruriti insopportabili. Svelato il mistero del perché le fiere qui sono sempre un dramma per i miei piedi e altrove no.

Si imparano sempre cose nuove. Comunque una capatina da Boots a prendere i cerotti la faccio lo stesso. Ormai è tradizione.

La ragazza accanto non mi considera più. La hostess sta spiegando al suo gruppetto come si fa le unghie e come funziona il suo mascara permanente. Loro sono estasiate, ridono e cercano di includerla nel loro gruppo di Whatsapp. La hostess si smarca con fare esperto, poi comincia a vendere gratta e vinci.

Ritorno al mio Stephen King che interrompo solo nel tempo che ci vuole per sbarcare e salire sul treno diretto a Liverpool Street.

Alla stazione faccio uno slalom frenetico tra turisti imbranati e pendolari frettolosi. Ritrovo le ragazze intorno a una tipa trentenne che sta dicendo loro di andare subito via da quella zona che non offre nulla di interessante.

Col cavolo.

Povera pazza.

A due isolati c'è Brick Lane, posto che preferisco in città, con architettura industriale dismessa e occupata ("riconvertita" mi pare una parola grossa) da una miriade di locali e negozi ganzissimi. Concerti dal vivo ad ogni angolo di strada, graffiti abnormi che sbucano dalle facciate nelle traverse, alcuni pub di quelli validi in cui le condizioni igieniche selezionano la clientela secondo criteri antropologici, facendo scappare turisti vocianti e fighetti in cerca di esperienza alternative. E poi il mercatino del cibo etnico, mai viste tante bancarelle con un'offerta così varia, dove trovo una tempura di pesce e verdure deliziosa, che adoro consumare sul marciapiede, col sole che mi accarezza la schiena.

Spero di riuscire ad andarci a questo giro.

Ma sì, troverò il modo.
 
Mi dirigo verso la metropolitana per andare in albergo, anche se avrei voglia di una pinta, proprio adesso. In effetti conosco un pub qui di fronte che non è niente male.

4 commenti:

  1. Grrr...E ora, come la fermo l'immaginazione che vuole sapere cosa nascondevano nel trolley i cinesi? Capisci che è troppo succosa quella di immaginarlo pieno di banconote da 1 e 5 euro, accumulate vendendo torri pisane di plastica a qualche bancarella tutto a 1€?
    O invece magari era zeppo di parenti morti fatti a pezzi per il trasporto in patria a scopo sepoltura? (Sai che c'é quella che gira per cui non si sa che fine facciano i cinesi che muoiono in Italia perché non esistono cimiteri dove si trovi una tomba di cinese che sia una, vero?)

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    1. Ti capisco, è il brutto della realtà rispetto alla TV. Su Airport Security ti fanno vedere che cosa succede dietro le quinte e ti informano sui fatti personali dei passeggeri fermati. Anche io sono rimasta con la curiosità.
      Per i cinesi che non muoiono, beh, una spiegazione la dà Saviano in Gomorra. Non so se sia la verità, ma è suggestiva. [SPOILER ALERT:] Praticamente i corpi vengono congelati e rispediti a mezzo containeri in Cina, tipo quarti di bue, per intenderci. Perché preferiscono essere tumulati in patria. Boh.[fine SPOILER]

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  2. Accidenti gatta,a saperti sul posto ti offrivo io una pinta!

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