Proprio quando avevo deciso di smettere di essere povera


Come proposito per il nuovo anno, avevo deciso di smettere di essere povera.

O almeno provarci.

Ho iniziato il 2020 dicendo a me stessa: «smetterò di essere povera quest'anno, troverò il sistema di fare un po' più di soldi, perché così non è possibile andare avanti». Mi sembrava un proposito condivisibile.

Poi è arrivato il virus, la chiusura, la crisi per tutti, i tentativi di galleggiamento generali che stiamo vivendo adesso.

Ora, ritengo inutile prendersela con chicchessia. Nessuno avrebbe potuto immaginare una cosa del genere; non ha senso dire che gli scienziati lo avevano detto, Bill Gates l'aveva previsto in quel famoso Ted... 'sta pandemia che ci ha mandato tutti a gambe all'aria ci ha travolti come un tir sbucato all'improvviso.

E nel mio piccolo, i miei piani di arricchimento al di sopra della soglia di povertà sono falliti sul nascere.

Adesso mi trovo in una posizione che è fortunata ma non troppo, perché sono in cassa integrazione anche se non la pagano. Perché naturalmente l'azienda per cui lavoro se ne approfitta e i soldi dallo Stato non arrivano.

Non si sa quando finirà la cig e ogni volta che la data ipotizzata si avvicina, oplà, ce la allungano di nuovo per un altro mesetto tondo. A me hanno comunicato da poco che anche tutto luglio sarà così, al lavoro per due giorni a settimana.

Agosto non pervenuto. Per ora è come se non esistesse un mese che si chiama Agosto. Si materializzerà verso la fine di luglio. Sento già voci stridule rimbombare: «ma a-Agosto?! Icché si faaa a-Agosto?» In queste condizioni è impossibile pianificare alcunché. È impossibile anche lavorare al meglio.

Ma il mio è uno sfogo banale, ne sento di continuo di racconti come questo arrivare da gente che lavora nelle aziende più disparate.

Cerco di rimanere calma quando sento cose inaudite come "bisogna consumare", "bonus vacanze", "tornare a mangiare fuori in pausa pranzo".

Mi appresto a passare l'ennesima estate della mia vita nel mio quartiere. Che non è così male, sia chiaro. Mi godo Firenze che adesso è bellissima, senza turisti o quasi. Un po' stanno ritornando, ma non ai livelli di formicaio brulicante soliti.

Durante le mie passeggiate mi porto dietro uno strano magone. Come se tutto quello che sto facendo in questi giorni sia senza senso. Non che cerchi il senso profondo delle cose per forza, ma questo vivere lasciandosi andare avanti mi ha fatto capire che la mia vita, scevra dagli impegni sociali, è un po' vuota e ci vorrebbe qualcos'altro a riempirla.

Il lavoro è importante e me lo tengo stretto, va bene, ma porca miseria è sempre peggio. È come se ogni volta, ogni giorno, un tassellino di sicurezze e conquiste mi venisse asportato, spingendomi sempre più in una situazione precaria da cui pensavo di essere in maniera definitiva uscita già da un po'. Questa sensazione, ho notato, è condivisa; parlando con amici vengono fuori più o meno le stesse problematiche, le stesse preoccupazioni, la stessa apatia mista a paura, mista a inquietudine per il futuro. Perché il lavoro è quello che ci dà le risorse per fare il resto e adesso queste risorse sono sempre meno.

Ieri è stato San Giovanni e per la prima volta non ci sono stati i fuochi artificiali sparati dal Piazzale Michelangelo. Precauzione contro il covid-19 che condivido, ci mancherebbe. Così sono rimasta a casa, un po' stranita a dettare la bozza di questo post alla app di blogger, invece di essere fuori con un aperitivo in mano, studiando la postazione migliore per vedere lo spettacolo pirotecnico senza prendere i tizzoni sul capo.

E poi si sa, i fochi dell'anno scorso erano meglio.

Chissà che cosa diremo l'anno prossimo.

Sono stranita soprattutto perché ieri ho finito il libro di Claudio Giunta su Tommaso Labranca, Le alternative non esistono. È bellissimo, Giunta ha fatto un gran lavoro. Non sono ancora pronta a parlarne in modo più esteso, prima devo digerirlo bene. Mi ha fatto l'effetto di quell'ovo sodo che non va né in giù né in su. Sto rileggendo alcuni passi, soprattutto chiarirmi alcune idee. Mi sono resa conto di tante cose di cui non mi ero accorta di persona, e in un paio di momenti mi sono sentita anche un po' bischera. Ma non mi va di parlarne adesso.

4 commenti:

  1. E' la seconda volta che incappo n una tua citazione del libro di Labranca, così mi hai messo curiosità', ci sarà una ragione se un libro ha bisogno di essere digerito prima di parlarne (cosa che mi capita anche con certi, rari, film).
    Insomma, sembra banae ma il blog di stampo classico ha sempre un suo intramontabile perché: serve a chi vi scrive per dire dei propri crucci (che speriamo passeggeri) e servono a chi legge, che per quante ne sappia trova sempre qualcosa che lo ispira.
    Avanti, un passo dopo l'altro, indomiti e fieri.

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    1. Ciao Ross, ma grazie! Ne ho parlato tante volte di Labranca, mia passione da tanti anni. Adesso è uscito il libro su di lui e se ne sta parlando su siti e giornali di più, mi fa molto piacere. Comuque nel post che ho pubblicato oggi faccio la recensione del suo libro, forse si capisce meglio la cosa della digestione.
      Il blog vecchio stampo è una cosa bellissima, l'avevo abbandonato per un po'. La community si è spopolata, ma qualcuno è rimasto. E' un tipo di scrittura più nelle mie corde di quella che si fa su facebook con cui non mi trovo benissimo.

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    2. Infatti. Solo chi ha vissuto i pochi splendidi anni di Splinder sa cosa sia davvero una "community", non c'è paragone con null'altro, tranne forse i primi due anni su blogspot, che però forse manteneva la comunità che da lì si era traslocata.
      Io ho praticamente mollato, forse non ho più niente da dire o forse non voglio più dire niente, chi lo sa?
      O magari è per via di quel che scrive Milan Kundera in Il libro del riso e del pianto (nel 1978! Chissà cosa ne direbbe ora...):
      "L'irrefrenabile crescita della grafomania tra uomini politici, tassisti, partorienti, amanti, assassini, ladri, prostitute, prefetti, medici e pazienti, mi dimostra che ogni uomo, senza eccezione, porta in sé uno scrittore virtuale, sicché tutto il genere umano potrebbe a buon diritto scendere per strada e gridare: Siamo tutti scrittori!
      Tutti, infatti, soffrono all'idea di scomparire non visti e non uditi in un universo indifferente, e per questo vogliono, finché sono in tempo, trasformare se stessi in un universo di parole"

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    3. Non so cosa sia per me a livello profondo, ma è un'attività rilassante. :-)

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