Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addosso una sensazione di disagio, di irrequietezza che non mi sarei mai aspettata. È un libro di qualche anno fa, nel frattempo l'autore ne ha pubblicati altri due su temi simili.
Mi considero scafata sul tema: "la nostra generazione perduta che aveva tutto ma mancava di facoltà previsionale", in tutte le varie declinazioni possibili immaginabili al punto che non pensavo neanche di leggerlo tutto 'sto libro, tanto è roba già mezza digerita. Invece qui mi sbagliavo.
Di cosa parla La teoria della classe disagiata?
È un'analisi sulla classe media di oggi (ma pure nel tempo e nella storia). C'è un'aria da fine dei giochi che pervade tutto il libro in cui mio malgrado mi trovo a sguazzare dai tempi della legge Treu. Ovvero per quasi tutta la mia vita adulta.
Non entro oltre nei dettagli del libro, le mie recensioni sono autoreferenziali in purezza.
Ma almeno vale la pena leggerlo? Sì, senza dubbio. Ci spiega come funzionanno certi settori della società e dà nome e cognome a concetti e dinamiche che fanno parte del quotidiano di molti di noi.
Stando a una prima infarinatura sommaria che mi sono fatta con due spolliciate su Google, Raffaele Alberto Ventura è un ex blogger. Ma non della prima ora. In più occasioni accenna all'inopportunità di bloggare gratuitamente. Ora, su questo argomento io ho sviluppato una posizione molto diversa, essendo anche un'accanita lettrice di blog da tanti anni, praticamente da quando sono nati. Ritengo che sì certo alcuni blogger vadano pagati, quelli che svolgono ricerche e stanno in una redazione, pubblicano libri, scrivono nelle riviste, eccetera.
Ma non tutti quelli che... (vedi sopra) secondo me vanno pagati.
Ci sono blog, newsletter, (e ora ho cominciato a notarlo anche in alcuni podcast) i cui contenuti potrebbero essere tranquillamente spacciati come stati di Facebook. Naturalmente anche il mio blog, specialmente questo blog, se solo non fossi così luddista nei confronti dei social network. Eppure gli autori tentano lo stesso di monetizzare tramite abbonamenti che in proporzione costano un sacco. Non faccio nomi, evito polemiche, ma mi è capitato di pensare, questo mi interessa, vediamo quanto vuole al mese ché mi fa piacere supportarlo... e trovarmi una cifra troppo alta per i miei standard (di persona che lavora e scrive su svariati blog).
Ma ho divagato, adoro.
Il saggio di Ventura è bello, denso di citazioni. La lettura di La teoria della classe disagiata fa l'effetto di qualcuno che ti sbatte davanti a uno specchio quando sei in pieno hangover.
Voto pittografico d'uopo: 🍷🍷🍷🍷 quattro bicchieri di tavernello travestito da brunello, simbolo e memoria di un benessere che ormai non abbiamo più, anzi che non abbiamo mai avuto nonostante si fosse convinti del contrario. (Ma non c'erano le bottigliette di champagne tra le emoji?)
Un altro motivo per cui vale la pena di leggere questo libro è la sensazione gradevole che l'autore ottiene mischiando i riferimenti culturali "più alti" a quelli pop, ci racconta di filosofi e di Breaking Bad in un discorso che ci cattura perché ci riguarda. Nostro malgrado.