L'inizio di un amore frikkettone




Il tetto della casa sbucava dalle cime grigie degli alberi spogli. Sul tetto scuro, coperto di borraccina, un camino lasciava uscire un filo di fumo che si arricciava tutto dopo pochi metri di ascesa in cielo.


Palmira camminava con attenzione sul sentiero verso la casa. Stava facendo buio. Tra le mani teneva una teglia tiepida di lasagne vegetariane: carciofi, carote, patate e besciamella con latte di soia


In prossimità sentì la musica di Rino Gaetano.




Gli altri erano già arrivati.


Le venne incontro Gennaro Maritozzi, il fidanzato trantacinquenne, studente fuori corso e noto pluricornuto, della padrona di casa e sua migliore amica. Indossava abiti sformati e zozzi. Aveva i calzoni lisi e le scarpe fangose.


«Oh, sei arrivata» disse.


«Eh sì» rispose lei.


Perché non era andata in pizzeria con gli ex compagni di classe? Si era fatta quasi un'ora di macchina per ritrovarsi nel posto più buio e umido in cui fosse mai stata. Per cosa, poi? Per passare una serata con quella gente. Non che non fosse affezionata, alcuni erano anche suoi amici, ma insomma.
Entrò in casa stando attenta a dove metteva i piedi. Il pavimento era sconnesso, la colonica era dei primi del secolo e non era mai stata restaurata.
Venne accolta con una serie di "ciao" sommessi.
Erano tutti vicino al fuoco, una decina di persone, l'unico posto riscaldato della casa. Si preannunciava una serata di disagio diffuso coadiuvato da emergenza umido e freddo. Fu tentata di sgattaiolare via. Invece appoggiò la teglia sul tavolo, poi tirò fuori due bottiglie di vino dallo zaino.

Il Maritozzi sbucò alle sue spalle ed esaminò le etichette.

«Accidenti, che grandi vini» disse sarcastico.

«Che state facendo?» domandò Palmira.

Il Maritozzi rispose: «Il fuoco: salsicce e wurstel. Non ho fatto in tempo a fare altro, ho studiato tutto il giorno, ho un esame la prossima settimana. Sono indietro, il mio professore è uno stronzo, non ha voluto spostare l'appello. Dice che non si può fare. Ma ti sembra possibile? No, dico. Ma non posso far casino più di tanto, me lo devo tenere buono per il dopo laurea. Vogliamo partire e andare a Parga, c'è il concerto dei Ramones. Ne approfittiamo per vedere la città. Sai compio 37 anni la prossima settimana, non possono più prendermi per il culo... Te come stai? Aspetta, devo prendere altra legna. Che coglioni, qui non si fa altro che farsi il culo. Ho capito arrivo. Intanto fate qualcosa: mettete la griglia invece di stroncarvi di canne. Merda.»

Nessuno lo considerò né rispose.


Palmira si avvicinò al fuoco per scaldarsi. Vide una faccia nuova, un tipo che le sorrise.


Il tipo cencioso e dinoccolato era tedesco e si chiamava Knut. Aveva i capelli biondissimi e schiacciati. Una mascella prominente e gli occhi vicini e azzurri. Sarà stato alto quasi due metri. Era magro magro, indossava una maglietta aderente con scritto “Akademie der Künste am Hanseatenweg” che gli fasciava i pettorali inesistenti e gli metteva in risalto la pancetta alcolica che su quel corpo filiforme, sembrava una protesi di gommapiuma.


Si presentò.

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