Joan aspirò il fumo della sigaretta mentre spingeva decisa
sull'acceleratore.
La Lexus superaccessoriata si proiettò in avanti schiacciandola contro il sedile in ecopelle color crema. Tutta potenza, niente emozione.
La Lexus superaccessoriata si proiettò in avanti schiacciandola contro il sedile in ecopelle color crema. Tutta potenza, niente emozione.
«Maledetti motori silenziosi, li odio» disse a voce alta anche se era sola.
A volte rimpiangeva lo sferragliare del suo vecchio cassonato. Ma quella era un'altra vita, che adesso non esisteva più. Un colpo di tosse catarroso la fece sussultare.
«Merda.»
Abbassò il vetro e sputò fuori un grumo di muco denso e compatto. Poi diede un'altra boccata di sigaretta e trattenne il fumo nei polmoni. Un tizzone ardente cadde sulla tappezzeria.
«Uff. Non ho tempo per fermarmi, non m'importa del buco sul tappetino. Manca poco; se qui ci scoprono e va tutto a puttane» mormorò, guardando l'orologio sul cruscotto.
Fuori dall'abitacolo climatizzato, una giornata d'inizio autunno stava per cominciare.
Il leggero ticchettio della freccia la tranquillizzò, ormai mancava poco.
Uscì dal raccordo e iniziò a rilassarsi quando riconobbe la zona residenziale, le villette color pastello, i prati curati, le staccionate bianche e gli alberi secolari con le foglie che iniziavano a ingiallirsi.
«Devo arrivare in tempo. Quegli stronzi della produzione non mi devono vedere così.»
Abbassò lo sguardo sul costume da coniglio rosa che indossava ormai da una decina di ore. Era tutto macchiato di vodka, sigarette e...
Joan non ce la fece
a trattenere un sorriso. Che nottata! Peccato che le avessero fregato
i vestiti. Che figli di puttana, adesso doveva tornare a casa in
queste condizioni. Ma non era la prima volta che qualcuno le fotteva
i vestiti durante una serata delle sue. Dopo il secondo furto Bert,
il gestore del Free Spirit Furry Club, le aveva offerto di lasciare
la sua roba nel suo studio.
La gente è
perversa, Bert lo sapeva bene. E un tipo come Joan attirava
pervertiti a stormi, specialmente adesso che aveva una faccia conosciuta.
Molti erano solo squallidi feticisti a caccia di souvenir. Però doveva sempre tenere gli occhi aperti. Bastava una distrazione, come la sera prima, quando era arrivata in ritardo e aveva lasciato i suoi abiti nello spogliatoio, in uno degli armadietti. Era stato un gioco da ragazzi scassinarlo e portargli via tutto. Anche gli slip. Specialmente gli slip... Avrebbe tenuto d'occhio ebay, le era già successo altre volte di ritrovarci roba sua, o spacciata per tale. Una volta avevano venduto a ottanta dollari un suo reggiseno glitterato.
Molti erano solo squallidi feticisti a caccia di souvenir. Però doveva sempre tenere gli occhi aperti. Bastava una distrazione, come la sera prima, quando era arrivata in ritardo e aveva lasciato i suoi abiti nello spogliatoio, in uno degli armadietti. Era stato un gioco da ragazzi scassinarlo e portargli via tutto. Anche gli slip. Specialmente gli slip... Avrebbe tenuto d'occhio ebay, le era già successo altre volte di ritrovarci roba sua, o spacciata per tale. Una volta avevano venduto a ottanta dollari un suo reggiseno glitterato.
Pervertiti, non
c'erano altre parole.
Forse le sarebbe convenuto organizzarsi e vendere la sua biancheria direttamente, garantendone la provenienza, come certi salumi italiani che costavano come alta gioielleria.
Forse le sarebbe convenuto organizzarsi e vendere la sua biancheria direttamente, garantendone la provenienza, come certi salumi italiani che costavano come alta gioielleria.
Tutto il quartiere
era ancora addormentato. In fondo era una zona residenziale di lusso, la
mattina la gente non usciva tanto presto per andare al lavoro. Le
chiome degli alberi erano folte e basse, specialmente nella strada
dove viveva, nonostante l'autunno fosse alle porte. Era un bene, la
proteggevano da occhi indiscreti
E dio solo sapeva
quanto ne avesse bisogno.
Tutti loro avevano
bisogno della massima privacy.
Non riuscì a trattenere un sorriso.
Non riuscì a trattenere un sorriso.
Vide casa sua, color
latte e menta, un'idea dei produttori, e un garage doppio, per le
auto che aveva messo a disposizione lo sponsor. A lei mancava la sua
vecchia casa e la sua roba che giaceva in un magazzino da qualche
parte in Oklaoma, in attesa che la pacchia finisse... come aveva
detto il produttore.
Perché la
pacchia finisce sempre, stampatevelo in testa.
Se lo era stampato
in testa, forte e chiaro.
Aveva fatto bene ad accettare? Se lo chiedeva spesso. Certo che aveva fatto bene. Per i soldi non c'era paragone, ma in cambio le toccava di dividere la vita con quei due stronzi.
Girò di scatto il volante e imboccò il vialetto di casa sua. Il tempo stringeva, i vicini non dovevano vederla vestita da coniglio. Si sarebbero fatti delle domande. Per non parlare di quei ficcanaso della produzione. Aveva firmato un contratto di collaborazione, mica gli aveva venduto l'anima... Però quelli davano per scontato di poterla controllare a loro piacimento. Stronzi.
Però avrebbe fatto meglio a stare calma il più possibile, finché i soldi continuavano ad arrivare in questo modo che a lei piaceva tanto: a palate e facili.
Un botto sordo la fece riscuotere. Aveva urtato qualcosa.
«Cazzo.»
Dal posto di guida
non riusciva a vedere, in fondo era alta solo 93 centimetri, come
ripeteva sempre la sigla iniziale.
Uscì dalla macchina
e le girò intorno.
«Oh, cazzo.»
Il cinese era steso
a terra, svenuto. O morto.
Joan si avvicinò
piano, guardandosi intorno.
Speriamo che i vicini stiano ancora dormendo. A quell'ora ronfavano sempre, ma non si sa mai...
Speriamo che i vicini stiano ancora dormendo. A quell'ora ronfavano sempre, ma non si sa mai...
Sì, sembrava morto.
Lo toccò con la punta del piede.
Oddio, come faccio se l'ho ammazzato? Se ne prendiamo un altro simile il pubblico se ne accorgerà. Ma no, non se ne accorgerebbero. Quando gli abbiamo detto che è un bambino di tre anni se la sono bevuta. Beoti, come si fa a scambiare un nano di quarant'anni per un bambino di tre?
Il pubblico è
fondamentalmente stupido, per questo il vostro show sarà un
successo. L'aveva detto il produttore. Lui sapeva bene quel che
diceva. Ci aveva fatto milioni di dollari con queste cagate.
Joan sospirò, non aveva voglia di pensare al cinese; se era morto, pazienza.La produzione l'avrebbe sostituito in un attimo.
«Ah! Ah!» disse
Will aprendo gli occhi e scattando in piedi come se avesse
rimbalzato.
«Cretino!»
«C'eri cascata,
ammettilo!»
«Ma no.»
«Come sei vestita?»
«Da conigliessa
rosa, ti piace?»
«Mi piace! Molto
più del costume da cangura lilla dell'altra volta, quello lo odio.»
«In effetti non è
il mio preferito, meglio questo, o quello da scimmietta.»
«Quello da
scimpanzé azzurro mi fa sangue, lo adoro!» disse Will, iniziando a
saltellare come una scimmia.
«Sei il solito
porco» disse Joan, sorridendo. «Entriamo adesso, quelli della
produzione saranno qui tra poco, non voglio farmi trovare così e tu
devi cambiarti. Il gessato non è un abbigliamento da bambini di tre
anni.»
«Tranquilla, manca
ancora un po' alle otto. Prima di quell'ora figurati se si
presentano. E poi ho ancora un po' da fare» disse Will indicando con
la testa la porta dello scantinato.
«Sono ancora qui?»
«Stanno andando
via, ma dobbiamo controllare il cash.»
La porticina si aprì e ne uscì un tizio in un abito nero stazzonatissimo. Strizzò gli occhi alla luce flebile dell'alba, si stiracchiò poi salutò Will con un cenno della mano e andò via a testa bassa.
«È andata male?» disse Joan guardandolo allontanarsi.
«Malissimo» disse
Will ghignando. «Ma sa com'è: a volte si vince e a volte si perde.
L'importante è... che guadagni io! Ah ah!»
La porticina si aprì di nuovo. Si affacciò un energumeno cinese, col collo taurino e la faccia tatuata. Disse qualcosa in cinese. Will gli urlò qualcos'altro. Poi rivolto verso Joan disse: «Scusa devo risolvere una questione, arrivo subito.»
La porticina si aprì di nuovo. Si affacciò un energumeno cinese, col collo taurino e la faccia tatuata. Disse qualcosa in cinese. Will gli urlò qualcos'altro. Poi rivolto verso Joan disse: «Scusa devo risolvere una questione, arrivo subito.»
«Qualcuno che ha
perso forte e ora non vuol pagare?»
«Come sempre.»
«Fate piano, il
seminterrato è insonorizzato, ma qualche rumore arriva sempre, ok? E
niente casini qui fuori, ok? Soprattutto niente ambulanze, ché
l'altra volta ci sei andato vicino a farci scoprire...»
«Tranquilla» disse
Will sparendo dietro la porta che venne richiusa subito a doppia
mandata.
Che coglione. Però li sapeva fare i soldi. Aveva tirato su quell'attività da un giorno all'altro.
Questi cinesi sono
organizzati, ci sanno fare, pensò Joan entrando in casa.
Un tanfo indefinito le aggredì le narici. Che cavolo aveva combinato quell'altro coglione?
«Tom?» chiamò.
Nessuna risposta.
Speriamo che stia
dormendo.
Dormendo e basta,
per una volta.
Tom giaceva a bocconi sul tappeto del soggiorno.
Intorno a lui
cartoni di pizza, lattine vuote di birra e il solito sacchetto di
cocaina. Per terra, uno specchio polveroso.
«Tossico di merda» mormorò Joan vedendolo.
«Sveglia Tom!
Alzati!»
Tom farfugliò qualcosa senza aprire gli occhi.
«Tom, cazzo. Sveglia!»
Continua seconda puntata
Che cos'è questo racconto?
"Furry Days" è un racconto in due parti (1 e 2) che fa parte della trilogia che ho dedicato ai programmi di Real Time. Sono tre racconti di fanfiction, ispirati ai programmi che mi sono piaciuti di più l'estate scorsa. Per adesso ne ho pubblicati online due (il primo si intitola "Tagliando"). Tuttavia, a breve, uscirà un ebook per "sotto l'ombrellone" che li raccoglierà tutti e tre e si intitiolerà "Dietro le quinte".
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