La spacciatrice di libri



Una discussione sull'opportunità di buttare i libri oppure no, nata tra i commenti al post sul libro di Marie Kondo, la tipa giapponese che ha scritto "Il magico potere del riordino",  sul blog della Giovane Libraia, mi hanno fatto tornare in mente un episodio della mia vita giovanile.


Una ventina di anni fa avevo un'amica che faceva la bibliotecaria di quartiere. Le piaceva molto quel lavoro e ricordo che ne parlava sempre in termini entusiastici.

La mia amica amava i libri, con un amore genuino e incondizionato che ricordo ancora con tanta ammirazione. Frequentandola ho imparato una cosa importante: i libri delle biblioteche possono venire destinari al macero. Brutto da dirsi, ma succede anche piuttosto spesso. C'est la vie, ça va sans dire. I libri fanno quella fine quando sono troppo usurati oppure se non risultano mai andati in prestito o, secondo altri criteri che un tempo conoscevo e che invece adesso mi rendo conto aver dimenticato.

Le biblioteche di quartiere trovano la loro ragion d'essere nella diffusione della lettura e della cultura tra la popolazione, e dunque cercano di favorire la fruizione dei volumi come meglio credono. Invece esiste un altro tipo di biblioteche, come la Nazionale, che hanno lo scopo di tramandare il patrimonio culturale alle generazioni future. E infatti in questi luoghi l'accesso e la fruizione sono un po' più complessi.

Però la mia amica bibliotecaria aveva un problema: non riusciva a buttare via i libri destinati al macero. Era più forte di lei, non ce la faceva. Soffriva troppo, una sofferenza fisica che la portava a bestemmiare in modo virtuosistico sul luogo di lavoro.

Così iniziò a cercare di salvare quei volumi sdruciti, dandogli rifugio nel bagagliaio della sua utilitaria, che in breve si riempì di ogni sorta di letture e trasformò la mia amica in una spacciatrice di libri.

In ogni momento possibile, infatti, ti si approcciava sussurrando: "Libri? Ti interessano dei libri?" Poi apriva il portellone rivelando quel cumulo di volumi sempre più strapazzati. "Prendine quanti ne vuoi, non fare complimenti. Prendine per regalarli anche a chi ti pare" ripeteva la mia amica, chissà perché sempre sussurrando.

Quei libri avevano i timbri e l'etichetta sulla costina della biblioteca da cui provenivano, e sfoggiavano un marchio violaceo: "destinato al macero". Così ti sentivi anche contenta di aver salvato quel volume da una fine troppo triste.

Piano piano credo che la mia amica abbia smesso di spacciare i libri, che ricordo le danneggiatono di brutto gli ammortizzatori posteriori. Nel frattempo ci siamo perse di vista e credo non lavori nemmeno più in biblioteca. Però la forza del tabù del buttare i libri la conosco bene e so che reazioni possa scatenare.

Ogni tanto, spulciando nella mia libreria, mi capita ancora di imbattermi in uno di quei volumi "destinato al macero".

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