Sono una persona fortunata.
Professionalmente, intendo.
Sono costantemente, quotidianamente circondata da persone che frullano, fibrillano. Good vibe a iosa. Progetti, idee, start up, visioni, ecumenismo tecnologico tout court.
Persone di spessore che sono consapevoli di aver tanto da dare e da trasmettere al mondo. Il mondo, ok? Niente paesello o cittadina: benvenuta globalizzazione delle idee e delle energie creative.
Sinergie. Io sono un visionario, tra quattro anni questo modello sarà la norma. Investimento è la parola d'ordine. Vision, mission.
Stiamo vendendo a Tokyo, siamo stati presenti alla Fiera più importante del Giappone, a fianco dei colossi. Siamo una realtà dinamica, non ci fermiamo perché questo paese ha bisogno di una spinta vera, di un impegno reale.
Noi stiamo qui, abbiamo scelto di stare qui. Lo vogliamo. La nostra parola d'ordine è sostenibilità, chilometro zero, non ci interessa il profitto: la priorità sono le persone. Qualità. La qualità sempre. Made in Italy. Piccolo è bello. L'attenzione ai dettagli.
In tutto ciò c'è qualcosa, qualcosa di molto familiare.
Ma non mi viene in mente. Mi scervello.
Santo cielo, ora lo so.
Illuminazione e fastidio.
Riprova: cogli i segnali, le sfumature. Guarda nelle pieghe, analizza le smagliature. Dai, sveglia.
È il momento di
essere incisiva.
Mi schiarisco la voce, entrando in "modalità 5 ottobre 1966".
È facile,
siamo nell'era di Instagram, sappiamo che la realtà è solo una
questione di filtri colorati intercambiabili. Tu me la racconti come ti pare, io cambio le lenti e la vedo in un altro modo.
La vedo com'è, appunto.
Perché io ho una guida fidata: la teoria del semiterrato alla giapponese.
Eccola:
- DIARIO: Firenze 5 ottobre 1966. Oggi 5 ottobre ho traslocato a casa di un amico del babbo.
- Conte Mascetti: Che è?
- Luciano: Il diario che la signora maestra ci fa tenere alla fine di ogni giornata.
- Conte Mascetti: Brava, intelligente codesta maestrina.
- DIARIO: Lui dice di essere conte, ma invece sta in un seminterrato
alla giapponese, tutto ghiaccio e umido, senza telefono, senza acqua
calda, col cesso coi piedoni e un fornelletto dove la moglie c'ha
cucinato una frittatina di due uova, che abbiamo mangiato in tre più un
rinforzino, come lo chiama lui, di nove olive di numero, mezz'etto di
stracchino e un quarto di vino sfuso. Tutto, vitto e alloggio, per 150.000
lire che mi pare proprio una rapina anche se lui, per fare il
conte, chiama castello un aggeggio di tre locali.
- Luciano: Loculi.
- DIARIO: Di tre
loculi. Dove mi toccherà dormire assieme alla moglie una donnetta secca e
rifinita come il suo nome: Alice. E la figlia, Mela, che per fortuna non
dà noia, perché è una handicappata, incapace di parlare e camminare alla
sua età. Io dico che codesto conte o è un gran bugiardo, o si è ridotto
proprio come un disperato.
- Conte Mascetti: 10 e lode...
Parliamo del pagamento? Chiedo con nonchalance.
Sa la crisi, non c'è trippa per
gatti, purtroppo le cose vanno come vanno.
Non abbiamo credito, facciamo
a 90 giorni?
Con o senza fattura?
Sì, lo so, sono poche centinaia di euro, ma le assicuro che
non possiamo fare altrimenti. Purtroppo, lei lo sa, di questi tempi... Abbiamo grattato il fondo del barile.
Pensiamo di emigrare come ha fatto l'Azienda Tal del Tali, [abbassando la voce, quasi sussurrando] sa sono in
Svizzera adesso... Abbiamo ridimensionato, purtroppo. Downgrading.
Le attrezzature? No, non possiamo investire. Le banche non ci danno tregua...
Eccolo il monolocale alla giapponese.
In alcune occasioni occorre essere Lucianino.