Scena del Crimine*


Ho passato una nottata insonne. C'era qualcuno là fuori che mi spiava. Sentivo continuamente rumori strani, ramoscelli spezzati, un frusciare sinistro di foglie secche, e ho avuto paura paura tutte le volte che sono andata in bagno.
Mi sono svegliata più volte nel buio, col cuore in gola impazzito come quello di un criceto sulla ruota.

Alla fine un rumore più forte degli altri mi ha fatta sobbalzare. Ho acceso la luce anche se era già giorno.

Note per scrittori principianti: conversioni e recupero istantaneo dell'ispirazione perduta



Mi aggiravo per uno SMAU microscopico (un padiglione solo alla Fortezza da Basso), stand minuscoli tipo cabina telefonica, molte novità e workshop interessanti e anche una bella quantità di fuffa tecnologica che mi piace molto. Insomma, mi aggiravo tra gli stand in attesa del workshop successivo, guardandomi intorno malinconica e riflettendo, seriosa, su quanto si faccia sentire il coma farmacologico di DADA nell'IT cittadino.

A un tratto una voce alterata emerge dal brusio naturale della fiera, gridando: "...inutile sparar cazzate, bisogna andare al sodo: CONVERSIONI. Mi segui? CON-VER-SIO-NI."

La nemesi della palla del Verrocchio e l'ennesima sfumatura di editoria fai da te (sulla crisi economica e di mezza età: alternative al venditore africano di libri)

-...sa, sono claustrofobica. Che dice, secondo lei è il caso salire fin lassù? Come le ho detto, io ci tengo molto...

Mi squadra dalla testa ai piedi. Indossa un completo blu col distintivo dell'Opera del Duomo. Sono sicura che stia valutando con terrore l'ipotesi di trascinare la mia mole importante (svenuta o in pieno attacco di panico) giù per il cunicolo di scale affollato di turisti sudati. In fondo gli ho appena detto che non voglio morire senza essere mai salita sulla cupola della mia città. Mi pare un desiderio legittimo.

Lezioni di stile: "Progetto Elvira" di Tommaso Labranca


Ieri sera, mentre la bomba d'acqua* si abbatteva su Firenze, lasciando casa mia al buio, non me ne sono curata più di tanto; munita di torcia elettrica, ho divorato* per l'ennesima volta Progetto Elvira, dissezionando Il Vedovo.

Il pretesto per questo saggio monografico di Tommaso Labranca è stato un remake cinematografico de Il Vedovo che ha fornito all'autore lo spunto per l'analisi, anzi la dissezione accuratissima della pellicola originale del 1959, diretta da Dino Risi e interpretata da Alberto Sordi nella parte di Alberto Nardi.

Crocifissi a tutti i costi che fanno rimpiangere i bei vecchi tempi delle nozze celtiche del Pota


A Padova il sindaco leghista, Massimo Bitonci, impone il crocifisso negli uffici pubblici e dichiara perentorio: "ora in tutti gli edifici e scuole un bel crocifisso obbligatorio regalato dal Comune. E guai a chi lo tocca".

Finalmente in questo paese disastrato, c'è qualcuno che ha in testa delle priorià chiare, deciso ad arginare con piglio pragmatico l'ondata saracena.

Che spettacolo! Diario di una festa cittadina.


Camminiamo veloce, non vogliamo perdere lo spettacolo.
Ci hanno detto che canterà Bocelli, in riva all'Arno.
O forse proprio sull'Arno, su una di quelle strane piattaforme che sono già in acqua, non abbiamo capito. E in fondo non è che ci freghi un granché di Bocelli, ma lo spettacolo non ce lo vogliamo perdere. Trattasi dell'illuminazione del Ponte Vecchio, nuova di zecca. Una cosa spaziale, a quanto dicono, anche iper-ecologica, frutto di un mecenatismo per nulla ostentato, da signori veri*.
Le spallette dell'Arno sono tutte gremite. La gente si accalca per vedere, nessuno sa in che cose consisterà lo spettacolo. Leggende urbane prendono vita e si estinguono come lacrime nella pioggia. Delle ragazze ci chiedono se davvero ci sia Piero Pelù che si esibisce. Non ne ho idea, anche se spero di no. La mia amica spiega con entusiasmo che sa solo che ci sarà Giancarlo Giannini tra gli ospiti vip. Le ragazze non hanno idea di chi sia Giancarlo Giannini e ci guardano strane.

Il candidato



Luciano si guarda intorno spaesato. Sembra che non sappia dove si trova.

È casa sua.

Sua moglie Antonella ci fa accomodare in salotto. Lui la segue con lo sguardo a terra.
C'è una tv ultrapiatta.
Quarantotto pollici, dice lei.
Luciano è quasi in trance. Si riprende un po' solo quando inizia a supercazzolare di hd, pixel antani, risoluzioni, digitale e dolby surround.

Siamo stati convocati con urgenza ansiogena dai due. Non sappiamo perché. Sono stati misteriosissimi al punto che ho sentito puzza di Amway.
Però adesso li vediamo proprio male: stressati, tirati, gonfi. Lui ha uno sfogo sulla tempia. Ho paura che gli sia successo qualcosa di brutto. L'altro ospite pensa la stessa cosa. Siamo a disagio, entrambi li conosciamo da tanto, ma in fondo non sono così intimi.

La mia Combray

L'odore del preparato per risotto agli asparagi Coop - senza glutammato aggiunto, giammai! - che ho sul fuoco mi ricorda il cibo che mangiavo durante le "vacanze studio" in Inghilterra, quando ero giovane, davvero molto giovane.
Inspiro a pieni polmoni i vapori del riso liofilizzato che bollendo s'idrata e mi ritrovo in un parco soleggiato, con scoiattoli in libertà, grosse bici nere appoggiate sull'erba curatissima e una montagna di zaini Invicta tutti uguali tra loro.
Controvoglia ritorno al presente, mi affaccio alla finestra, guardando il traffico di Novoli impazzito per due gocce di pioggia, e sospiro.
E perdo ancora la nozione del tempo, aiutata dal profumo del risotto che continua a bollire, struggendomi nelle immagini di una vita remota e, col senno di poi, meravigliosa.
All'improvviso la realtà: con sollievo mi rendo conto di che grande invenzione sia il politetrafluoroetilene o, per gli amici, teflon antiaderente e con gioia stappo una birra per celebrare.

La piscina delinquente

Entro camminando piano, mi aspetto di venir bloccata da un momento all'altro. Sono un po' intimorita, l'ambiente è elegante, un tempo le stelle erano addirittura cinque. Fa fresco, mi viene la pelle d'oca. Un silenzio irreale; il rumore di ogni passo rimbomba che sembra quasi un eco; camerieri in livrea dappertutto.
Mi viene incontro. Felpa slabbrata e jeans sdruciti. Unica concessione al lusso e alla femminilità: sandali a tacco alto che costano un mucchio di soldi. Anche se li ha comprati ai saldi, sono stati un salasso. Prima dell'acquisto, a casa mia c'è stato un simposio dal tema attualissimo e universale: con questa crisi che ci sconquassa, sarà mica un attimino indecente comprare dei sandali da centosessanta euri?

Oh, guarda: c'è anche il lampredotto! La svolta del cibo, pardon, del food di lusso a #Firenze


Chiedo opinioni in giro, perché vorrei dare un po' di nuova linfa vitale al blog. Mi è stato suggerito di raccontare qualcosa di attuale, di modaiolo su Firenze, magari sulla vita notturna. Suggerimento ironico perché, tra gli amici, io sono nota per frequentare sempre gli stessi posti e andare a letto presto. Tuttavia negli ultimi mesi in città c'è stata un'ondata di aperture di luoghi del cibo fighetto che mi ha sorpresa per quantità di proposte e mi ha spinta ad avventurarmi verso nuove frontiere sociali. Con lo spirito di una Calamity Jane d'Oltrarno sono andata a visitare il primo piano del Mercato Centrale in San Lorenzo, riaperto giusto da poche settimane. Dopo anni di chiusura, è diventato un centro commerciale gastronomico di lusso. Ma solo al primo piano; al pian terreno è rimasto tutto com'era una volta, per il popolo.

All'entrata della sezione vip un buttafuori con auricolare e cravatta, dà la buonasera ai visitatori. Al primo piano, ci si para di fronte lo spaccio di Eataly che ho trovato un po' claustrofobico e labirintico*, della serie: "cerchiamo di sfruttare fino all'ultimo millimetro gli spazi, ché stare qui costa parecchio caro". L'ho visitato velocemente, è pieno zeppo di prodotti normali ma spacciati come figate ultragalattiche. Per interessarsi anche un minimo, occorre una bella dose di sospensione di incredulità che personalmente preferisco dedicare a prodotti di tutt'altro genere.
Passato questo primo reparto lo scenario si apre, si può godere della vista dell'interno-tetto, una struttura ottocentesca molto bella dove tutto l'ambaradan del mercato trova una sua uniformità di colori e stili. Dal soffitto pendono dei cestoni-lampadari che mi sono piaciuti molto, così come le tante piante di decorazione.
Le bancarelle elegantissime ripropongono quello che si trova anche al piano di sotto, solo che qui è più caro e perciò per gente più figa (con la "g", anche se siamo a Firenze). E le persone affollano l'ambiente e vagano ammirando merce che si trova più o meno tale e quale anche al supermercato sotto casa. Ma con una piccola differenza: i prodotti del supermercato normale sono sfigati, proprio perché non hanno avuto la fortuna di ricevere l'imprimatur del mida del carboidrato Farinetti o di qualche altro riccone della proteina blasonata.
Io sono contenta perché il Mercato Centrale così "infighettito" è un'attrazione per i turisti coi soldi e questo non fa altro che bene alla città.
Il panino al lampredotto però consiglio di prenderlo al pian terreno, dall'inossidabile Nerbone, che fa anche tante altre cose buone della cucina fiorentina**. Occhio che all'ora di pranzo da Nerbone ci sono sempre delle file bulgare. La sera è chiuso, potete andare di sopra. Ma non si mangia il panino al lampredotto la sera, dai.

Un altro posto "food-friendly" è il RED (Read Eat Dream) in piazza della Repubblica, la gastronomia targata Feltrinelli che nasce dalle ceneri chiacchieratissime della libreria Edison. La prima volta ci sono entrata per caso, non mi ricordavo che avesse riaperto e mi sono ritrovata spaesata in quel luogo un po' troppo ibrido per i miei gusti. Entrando assale la tristezza: i libri in mostra all'ingresso sono pochissimi e i titoli si limitano alle ultime uscite di grido, mentre lo spazio in fondo alla sala è dedicato alla vetrina del pizzicagnolo ed ai tavoli per mangiare. Non so quali fossero le intenzioni degli architetti, però a me ha fatto subito venire in mente questo:
Invece il primo piano è carino, c'è lo spazio per sedersi al tavolo oppure in poltrona, con tanti giornali e anche un bancone con le prese per i computer (ma forse questo c'era anche prima, non mi ricordo). Direi che ho apprezzato molto di più il primo piano.

OLGA: Ti dispiace se mi siedo?
FANTOZZI: c'è stato indubbiamente un... contatto e...
OLGA: Ti dispiace se viene una mia amica?
FANTOZZI: Ah, buongiorno si...
FILINI: Ah, bene. Ah, gli scotchs!
OLGA: Ti dispiace se ordino champagne?
CALBONI: Ma sicuro. Cameriere, porta via questa porcheria! Via! Via! Via! Garçon? Champagne!


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*fonti autorevoli in fatto di frequentazioni di alimentari di lusso mi hanno confermato che è un tratto distintivo della casa.
**quando ero più giovane ci andavo una volta a settimana a mangiare il minestrone, tanto per citare sia un'epoca in cui ero magra, sia un cibo che in teoria potrebbe essere anche vegano! Tuttavia anche la porchetta del Nerbone è da urlo, si rasenta il capolavoro in tutte le discipline: bollite, arrostite, dell'orto o della stalla, basta vedere le centinaia di recensioni entusiaste su TripAdvisor.

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