Non andrà tutto bene, non va mai tutto bene. Ma non andrà neanche tutto in merda come ti pare adesso

Varie dal mondo

Web ㅡ Il post sul libro su Tommaso Labranca è stato il più visto dell'ultimo periodo, con un distacco notevole rispetto agli altri. Ottimo, ci tengo molto. Questa lieta info arriva dalla nuova interfaccia di Blogger – un restyling paraculo as usual – che coincide con la mia rinata voglia di bloggare. Ho già individuato alcuni bug e li ho comunicati a Google LLC che credo stia investendo in tutto il "progetto blogspot" non più di due pizze di fango del Camerun.

Shopping ㅡ Mi sono comprata un cavo lungo 3 metri per ricaricare il telefono. Diosanto che goduria. Perché non l'ho fatto prima?
Mi sono comprata 3 paia di calzoni estivi. Stesso modello ma colori differenti. Erano in sconto e stavo andando in giro con quelli invernali. Il lockdown non favorisce lo shopping, l'abbiamo appurato collettivamente.

Politica ㅡ Leggo della politica americana, mi dispiace tantissimo per come stanno affrontando l'epidemia, ovvero con la prevalenza dei mentecatti. Mi dispiace tantissimo per tutti gli altri, intendo. Nel frattempo godo che non abbiano fatto sbarcare in Sardegna i tizi arrivati dagli USA con un jet privato che pretendevano di fare come gli pare solo perché ricchi. Il presidente della regione costernatissimo perché gli hanno rimandato indietro 'sti tizi che, guardacaso, erano arrivati in Sardegna per portarci grandi affari, prenotando pure hotel lussuoso + villa, ma adesso nulla, andranno a far piovere soldi altrove ecc. Ma Solinas non è lo stesso che in altri momenti voleva vietare gli arrivi sull'isola dal resto d'Italia, blaterando di passaporto sanitario?

Varie dall'omino del cervello

Memorie dal lockdown.

Non andrà tutto bene, non va mai tutto bene. Ma non andrà neanche tutto in merda come ti pare adesso. 

Questo il discorso stretegico che mi sono fatta durante il lockdown, una volta che mi ero svegliata storta, convinta di avere il covid-19 e che sarei morta da sola nel mio appartamento in periferia, nell'indifferenza e nella solitudine. Perché sempre meglio così che essere ammassata come un pacco ingombrante in una corsia d'ospedale. 


Stamani camminavo per il centro e dopo aver preso il caffè da Rivoire mi è tornata in mente quella mattina di fine marzo 2020 in cui, in preda all'angoscia, ho giurato solennemente a me stessa che sarei morta per cazzi miei. A quel punto ricordo di aver tirato fuori la frase motivazionale e poi di essermi dedicata al decluttering fino all'ora di pranzo.
Oggi ho passeggiato al sole e all'ombra, bevuto il caffè e fatto un po' di foto.


L'importanza di Postal Market nella formazione della giovane blogger

Postal Market è fallito nel 2015. L'anno prossimo ritornerà più agguerrito che mai con la voglia di primeggiare contro Amazon. Io tifo per PM, naturalmente. Il mio amore per Postal Market inizia negli anni Settanta, ed è una relazione complessa, con un ruolo piuttosto importante nella mia vita. Ricordo ancora le sensazioni dei polpastrelli sulle pagine e l'odore della stampa patinata.

[...] mi sono chiesta: ma la prima volta che ho letto qualcosa di scritto? Ebbene, pare che abbia cominciato a capire le parole scritte prima del tempo della scuola. Intelligente, vero?
Mi piacerebbe tanto poter raccontare che tutto ciò fosse dovuto a fantastiche letture di libri bellissimi, tipo Piccole Donne o l'Isola del tesoro che facevo aiutata dalla mamma, per esempio. Invece no, nulla di tutto questo. I miei primi passi con la lettura li ho fatti per conto mio, su un mitico catalogo Postal Market.

Il catalogo Postal Market era un trattato di "acquistologia" importantissimo e imprescindibile in paese. In città, invece, non si usava perché non ce n'era bisogno e si poteva trovare tutto sotto casa, nei banali negozi. Soltanto adesso mi rendo conto che la mia attuale idiosincrasia per lo shopping probabilmente nasce proprio da questo provincialismo congenito.

Ma torniamo agli anni Settanta.

Il catalogo Postal Market arrivava sempre in contemporanea a tre o quattro famiglie del paese e tutti si mettevano a studiarlo con impegno. Nei caldi pomeriggi estivi l'aia tufacea e ben ombreggiata dalle casce, diventava il punto nevralgico di tutta la faccenda: ognuno arrivava portandosi la sedia e la propria copia di Postal Market per sfogliarlo e discuterne con gli altri.

C'erano dei grandi dibattiti interfamiliari sugli acquisti da fare e sulle priorità di spesa e le discussioni erano sempre accese, spesso e volentieri incazzose.



Poi venivano fatti gli acquisti, compilando e spedendo l'apposita cartolina acclusa al catalogo.

Solo a quel punto noi bambini potevamo prendere possesso del prezioso tomo e finalmente sfogliarne le pagine patinate, passando da una sezione all'altra.
Ecco, anche se sono passati più di trent'anni (impressionante, vero?) io la ferrea tassonomia merceologica di Postal Market me la ricordo ancora benissimo.
Si cominciava con l'abbigliamento: modelli in carne ed ossa ma tali e quali ai Fuccons, indossavano con finta disinvoltura la moda popolare del momento. È bene ricordare che erano gli anni Settanta e i poliesteri la facevano da padrone, almeno negli ambienti che frequentavo io.
A seguire venivano: la sezione degli accessori per la cucina, per la casa, il fai da te, il giardino, lo sport, i giochi e la cancelleria.

Ogni oggetto in vendita era fotografato e aveva un numero che lo rimandava ad una descrizione nella stessa pagina. È così che ho imparato a riconoscere le prime parole, per districarmi in quel meraviglioso mondo di cose interessanti e così a portata di mano.

Vuoi mettere la comodità?

Poco fa pensavo che se allora ci fosse stata Internet, si sarebbe guardato tutti il catalogo Hammacher Schlemmer, altro che quel troiaio di Postal Market. Sarei scoppiata dalla gioia e sarei cresciuta sicuramente in modo migliore.

Già che ci sono la butto lì: se qualcuno mi volesse fare un regalo mi piacciono molto: questo coso ganzissimo , la me-ra-vi-gli-o-sa bici d'acqua, il più grande cruciverba del mondo che pare un ricamo di fine fattura, il valido sistituto per il banale tostapane e, infine lo status simbol per eccellenza: ovvero il tocco di classe creare ovunque l'atmosfera giusta [link rimossi perché ormai non più funzionanti, ndr].

Amarcord per corrispondenza, tratto da un mio post del 13 aprile 2006 pubblicato sul mio vecchio blog su Splinder.

Le alternative non esistono di Claudio Giunta (recensione)



Ho finito di leggere Le alternative non esistono. La vita e le opere di Tommaso Labranca, scritto Claudio Giunta, nei Saggi de Il Mulino.

È il libro che stavo aspettando con impazienza, da quando ho saputo da Luca Rossi che era in lavorazione, credo ormai un paio di anni fa. Il commesso della Feltrinelli è andato in magazzino a toglierlo dallo scatolone perché mi sono fiondata in libreria al momento delle consegne, per non perdere neanche un minuto.

Per me è un libro fondamentale, Tommaso Labranca è stata una persona importantissima – lo è ancora – e avevo paura che il Giunta me lo maltrattasse troppo o non gli rendesse giustizia.

Ho trovato un libro ricchissimo di citazioni, documentato in maniera impeccabile, costruito anche per intrattenere ma rigoroso nei contenuti. Un po' lo maltratta, ma gli rende anche giustizia.

Si apre con il funerale di Tommaso, con la conta di chi c'era e chi non c'era, e certi nomi ricorreranno nella narrazione a costruire quella che è stata la vita professionale sociale del mio scrittore preferito.

Lo screening di chi c'era e chi mancava al funerale iniziò durante il funerale stesso. Attonita mi guardavo intorno cercando inutilmente di far mente locale. Fazio, non c'è Fazio? E Nove? Ecc. Mi ricordo Orietta Berti che fu meravigliosa e rimase a consolare la mamma di Tommaso per tutto il tempo. E mi ha fatto piacere vederla citata più volte, per non parlare del magnifico endorsement che lei ha fatto al libro pochi giorni fa.

Io ho pianto tipo fontana alla seconda pagina... dell'introduzione. Ma per il lettore "normale" è un libro pazzesco che dà uno spaccato importante dell'Italia quotidiana – televisiva, sociale, culturale – degli ultimi trent'anni.

Poi mi fermo qui perché mi impallo sempre quando scrivo dei libri che mi colpiscono di più. Questo poi tocca così tante corde personali, di ricordi tra me e Tommaso, che è stata una lettura per tanti versi anche dolorosa.


Ringrazio Giunta di aver citato l'intervista che gli feci nel 2014. Mi piace un casino e mi rende orgogliosa essere presente con nick e pseudonimo nell'indice dei nomi di questo volume fondamentale.

A Tommaso non era piaciuta quell'intervista. Anzi, gli aveva proprio fatto schifo perché avevo posto questioni troppo autoreferenziali. Aveva ragione, lo capii subito. Avevo agito da fan, non da intervistatrice.
In quell'occasione Tommaso mi aveva suggerito di andare a vedere lo stile della Fallaci per capire da lei come si fanno le domande.
Non ho più avuto occasione di intervistarlo. Tuttavia Intervista con la Storia è nella mia libreria tra i volumi a cui tengo di più e l'Oriana-giornalista è diventata un mio mito e oggetto di studio.
Non quanto Labranca, ça va sans dire.

Non aggiungo altro, solo quello che ho scritto sul post di ieri che rende bene l'idea del perché questa lettura per me è più che altro una faccenda personale:

«Sono stranita soprattutto perché ieri ho finito il libro di Claudio Giunta su Tommaso Labranca, Le alternative non esistono. È bellissimo, Giunta ha fatto un gran lavoro. Non sono ancora pronta a parlarne in modo più esteso, prima devo digerirlo bene. Mi ha fatto l'effetto di quell'ovo sodo che non va né in giù né in su. Sto rileggendo alcuni passi, soprattutto chiarirmi alcune idee. Mi sono resa conto di tante cose di cui non mi ero accorta di persona, e in un paio di momenti mi sono sentita anche un po' bischera.»

Il voto lo do solo perché ormai ho preso l'abitudine a fare così, anche se in questo caso mi sembra fuori luogo.
Comunque, cinque ville sul lago di Como per un buen ritiro elegante e sobrio.
🏡🏡🏡🏡🏡

Proprio quando avevo deciso di smettere di essere povera


Come proposito per il nuovo anno, avevo deciso di smettere di essere povera.

O almeno provarci.

Ho iniziato il 2020 dicendo a me stessa: «smetterò di essere povera quest'anno, troverò il sistema di fare un po' più di soldi, perché così non è possibile andare avanti». Mi sembrava un proposito condivisibile.

Poi è arrivato il virus, la chiusura, la crisi per tutti, i tentativi di galleggiamento generali che stiamo vivendo adesso.

Ora, ritengo inutile prendersela con chicchessia. Nessuno avrebbe potuto immaginare una cosa del genere; non ha senso dire che gli scienziati lo avevano detto, Bill Gates l'aveva previsto in quel famoso Ted... 'sta pandemia che ci ha mandato tutti a gambe all'aria ci ha travolti come un tir sbucato all'improvviso.

E nel mio piccolo, i miei piani di arricchimento al di sopra della soglia di povertà sono falliti sul nascere.

Adesso mi trovo in una posizione che è fortunata ma non troppo, perché sono in cassa integrazione anche se non la pagano. Perché naturalmente l'azienda per cui lavoro se ne approfitta e i soldi dallo Stato non arrivano.

Non si sa quando finirà la cig e ogni volta che la data ipotizzata si avvicina, oplà, ce la allungano di nuovo per un altro mesetto tondo. A me hanno comunicato da poco che anche tutto luglio sarà così, al lavoro per due giorni a settimana.

Agosto non pervenuto. Per ora è come se non esistesse un mese che si chiama Agosto. Si materializzerà verso la fine di luglio. Sento già voci stridule rimbombare: «ma a-Agosto?! Icché si faaa a-Agosto?» In queste condizioni è impossibile pianificare alcunché. È impossibile anche lavorare al meglio.

Ma il mio è uno sfogo banale, ne sento di continuo di racconti come questo arrivare da gente che lavora nelle aziende più disparate.

Cerco di rimanere calma quando sento cose inaudite come "bisogna consumare", "bonus vacanze", "tornare a mangiare fuori in pausa pranzo".

Mi appresto a passare l'ennesima estate della mia vita nel mio quartiere. Che non è così male, sia chiaro. Mi godo Firenze che adesso è bellissima, senza turisti o quasi. Un po' stanno ritornando, ma non ai livelli di formicaio brulicante soliti.

Durante le mie passeggiate mi porto dietro uno strano magone. Come se tutto quello che sto facendo in questi giorni sia senza senso. Non che cerchi il senso profondo delle cose per forza, ma questo vivere lasciandosi andare avanti mi ha fatto capire che la mia vita, scevra dagli impegni sociali, è un po' vuota e ci vorrebbe qualcos'altro a riempirla.

Il lavoro è importante e me lo tengo stretto, va bene, ma porca miseria è sempre peggio. È come se ogni volta, ogni giorno, un tassellino di sicurezze e conquiste mi venisse asportato, spingendomi sempre più in una situazione precaria da cui pensavo di essere in maniera definitiva uscita già da un po'. Questa sensazione, ho notato, è condivisa; parlando con amici vengono fuori più o meno le stesse problematiche, le stesse preoccupazioni, la stessa apatia mista a paura, mista a inquietudine per il futuro. Perché il lavoro è quello che ci dà le risorse per fare il resto e adesso queste risorse sono sempre meno.

Ieri è stato San Giovanni e per la prima volta non ci sono stati i fuochi artificiali sparati dal Piazzale Michelangelo. Precauzione contro il covid-19 che condivido, ci mancherebbe. Così sono rimasta a casa, un po' stranita a dettare la bozza di questo post alla app di blogger, invece di essere fuori con un aperitivo in mano, studiando la postazione migliore per vedere lo spettacolo pirotecnico senza prendere i tizzoni sul capo.

E poi si sa, i fochi dell'anno scorso erano meglio.

Chissà che cosa diremo l'anno prossimo.

Sono stranita soprattutto perché ieri ho finito il libro di Claudio Giunta su Tommaso Labranca, Le alternative non esistono. È bellissimo, Giunta ha fatto un gran lavoro. Non sono ancora pronta a parlarne in modo più esteso, prima devo digerirlo bene. Mi ha fatto l'effetto di quell'ovo sodo che non va né in giù né in su. Sto rileggendo alcuni passi, soprattutto chiarirmi alcune idee. Mi sono resa conto di tante cose di cui non mi ero accorta di persona, e in un paio di momenti mi sono sentita anche un po' bischera. Ma non mi va di parlarne adesso.

Domenica mattina a Firenze tra i turisti che ritornano e incontri inaspettati

Piazza della Signoria, si chiama piazza della Signoria, porcotutto.


A Firenze sono ritornati i turisti.


Che bellaaaa, come si chiama questa piazza?
Uhmmm... piazza Palazzo Vecchio.
Guardaaaa, c'è anche la fontana!


PIANTALA DI FRIGNARE!
NO, NON TI PRENDO IN BRACCIO, È INUTILE CHE TI ROTOLI PER TERRA


Scusi quella zingara le ha detto figlia di pu***.
Sì, ho sentito.
Anna! ANNA! La zingara ha detto a questa signora figlia di pu***!
Cosa? La che?
LA ZINGARA!
Ma chi?
Quella zingara ha detto a questa signora figlia di pu***.
A chi, a lei?
ANNA, QUELLA ZINGARA LAGGIU, QUESTA SIGNORA... la zingara è passata da qui e le ha detto: figlia di pu***...


Qui puoi mangiare con cinque-dieci euro.
Io preferisco mangiare qualcosa di tipico.


Che cos'è il lampredotto?


Firenze sta tornando alla normalità di un tempo.



Sono riapparsi anche i terribili gruppi di pensionati ridanciani con auricolari e targhette numerate. In questa fase, i turisti sono per lo più italiani. Dal modo in cui indossano o non indossano la mascherina provo a identificarne la regione di provenienza.

Mi siedo all'ombra in piazza Signoria, dopo aver subito il trattamento di cui sopra dalla zingara che è tornata a bazzicare nei dintorni. Di solito le rispondo con un cortese ma fermo: "grazie, auguri anche a te e famiglia" che la fa allontanare all'istante.

A quanto pare oggi la zingara era più incarognita del solito.

Ma io boh.

Mi rilasso un attimo dopo la lunga passeggiata, con l'intenzione di ritornare verso casa.

- Guarda chi c'è!

Alzo gli occhi preoccupata. Antonella e Luciano sono di fronte a me. Sembrano in forma. Sono passati anni, tanti anni dall'ultima volta che ci siamo visti.

Mi hanno riconosciuta nonostante la mascherina.

Bravi.

Abbassano la loro sotto il mento. Entrambe viola-Fiorentina calcio.

- Ehi, come state?
- Bene, grazie. E te?
- Tu ci hai fatto un bel servizio con quell'articolo! - dice Antonella.
- Quale articolo?
Quello dove ci prendevi per il culo.
- Ah, quello. Ma ho cambiato i nomi, dai.
- Sì, ma io non ti ho mai detto che volevo un blog come quello di Beppe. Ti ho detto che avresti potuto prendere spunto da lì - puntualizza lui.
- Vabbè dai, come ve la passate?
- Bene, dai. Abbiamo scoperto lo zen...
- Ah bene-cerco di tagliar corto perché sono una brutta persona e ne ho già abbastanza.
- Il potere del riordino.
- Ah, la tipa giapponese-dico, alzandomi per andare via.
- L'ordine esteriore ha una connessione speciale con la psiche - continua Antonella ispiratissima.
- Naturalmente - dico riponendo il telefono nello zaino.
- Durante il lockdown abbiamo fatto pulizia, seguendo quello che c'era scritto nel libro. Dovresti provarci.
- È liberatorio. Non è stato facile, eh!- aggiunge Luciano.
- Non ho molto da buttare - dico.
- Dicono tutti così.
- Immagino. Via devo andare. Alla prossima - taglio corto.
- Vediamo di non far passare altri... - dice Luciano.
- Piuttosto vedi di non scrivere nulla di questo incontro - lo interrompe Antonella guardandomi male.
- Certamente, ciao!



I bravi musicisti.

Fa già un caldo cane e io mentalmente sono ancora a marzo.

Firenze vs Gaiba


Firenze ha una bellezza talvolta ostile.
Non ti accoglie, rimane fredda e per starci devi conquistarti con le unghie il tuo spazio di comfort.
È bellissima e bruttissima, dipende dove si vive, che posti si frequentano.
Firenze ti rende difficile abitarla, è cara assatanata, caotica, poco fruibile.
È piena di gente che arriva qui solo per rimanerci dalla mattina alla sera.
Firenze è ambita.
Un'amica mi ha detto che ci sono 12 milioni di turisti all'anno*. Però all'ora di cena buona parte della città è semi-deserta.
Viverci, infatti, è tutt'altra cosa.
Esserci nati e viverci da sempre, un'altra cosa ancora.
Quando visito qualche altra città, mi pare sempre sia più semplice da abitare**.
Qui a Firenze è perennemente un gran casino. Soprattutto dal punto di vista logistico.

Ho avuto un moto d'invidia genuino quando anni fa ho visitato Gaiba in provincia di Rovigo. Mi sembrava un posto tranquillo, di quelli dov'è semplice vivere e lavorare. Gaiba ha un museo della Fantascienza — all'epoca nuovissimo, credo il primo d'Italia, curato da uno dei massimi esperti del genere — più una sala multimediale che ad avercene qui a Novoli.

Tanto per fare un esempio dei luoghi che mi capita di invidiare in quanto fiorentina.

Oggi scopro che il museo della fantascienza di Gaiba è chiuso già da un paio di anni, per mancanza di fondi. Mi dispiace un casino, volevo tornarci prima o poi.

*Questo post l'ho scritto prima del lockdown, intorno ai primi di dicembre 2019;
** Tranne Venezia, naturalmente.

👽Believing the strangest things, loving the alien 🎶


L'intelligenza emotiva di Daniel Goleman (recensione)


Ho finito L'intelligenza emotiva di Daniel Goleman edizioni Rizzoli.
Traduttore non pervenuto.
Ora, non ne volevo neanche parlare di questo libro, che ho finito controvoglia autoimponendomi di non iniziare altro finché non fossi arrivata in fondo.

Intendiamoci, questo patire auto-inflitto non perché sia un libro pessimo, anzi...

Stop.

La voce della coscienza mi fa fermare per rileggere la frase precedente: "non perché sia un libro pessimo, anzi..."
Ecco il problema.
Non è il libro, ma il fatto che non mi vanno molto a genio questo genere di letture.

E allora perché l'hai letto?

Proprio di questo volevo parlare. Ho comprato questo libro per una coincidenza curiosa. Nel giro di una quindicina di giorni, due persone che mi conoscono ⎼ non in relazione tra di loro ⎼ me l'hanno consigliato. Una si è pure raccomandata che lo leggessi. È bastato questo ad accendere la mia curiosità. Che a ben vedere è più che sufficiente, considerando che si tratta di un libro degli anni Novanta anche se viene stampato ancora.

Purtroppo, tempo un centinaio di pagine, ho iniziato ad annoiarmi a morte. Anche se non avevo mai sentito parlare di intelligenza emotiva, mi è sembrata una lettura piuttosto datata. È pieno di aneddoti che vertono tutti su bambini e matrimonio, due cose che non fanno parte della mia vita e con cui faccio fatica a relazionarmi.

È un libro pieno di liste e di acronimi. Questo è un aspetto che mi è piaciuto.

Per esempio, si parla del modello "socs" per la soluzione dei problemi: situazione, opzioni, conseguenze, soluzioni. È un metodo in quattro fasi che consiste nel prendere atto della situazione problematica identificando i nostri sentimenti al riguardo; pensare alle opzioni per risolverla; valutare a quali potrebbero essere le conseguenze in seguito alla messa in atto di tali opzioni; scegliere una soluzione e realizzarla. Una cosa banale, che ho trovato anche un pochino infantile.

Ci sono anche cose interessanti, tipo le 6 emozioni fondamentali nell'essere umano: felicità, tristezza, collera, sorpresa, timore, disgusto.
Ora, se questa informazione è giusta, noi tutti disponiamo di una base di emozioni di cui: 4 negative, una neutra, è solo una positiva.

Siamo nati per soffrire.

Un'altra lista divertente sono i 7 ingredienti fondamentali sul "come si impara", capacità importantissima nella vita ⎼ e che te lo dico a fare? ⎼ che per sbocciare ha bisogno di: fiducia, curiosità, intenzionalità, autocontrollo, connessione, capacità di comunicare, capacità di cooperare.

Allo stesso modo potremmo chiederci quali sono gli ingredienti del genio:




Vabbè, l'associazione è venuta spontanea.

Una curiosità che mi ha fatto concludere la lettura col sorriso. L'intelligenza emotiva finisce con la frase più passivo aggressiva di sempre:


Comunque l'ho portato avanti fino in fondo, dedicandogli un mucchio di ore, e ora non voglio dare un voto basso solo perché il libro di Goleman non è adatto a me, e i due che me l'hanno consigliato chissà a che pensavano  💞  Tutto sommato, nel suo genere credo sia una lettura valida.

Così come voto gli do 4 cacchette, ovvero l'espressione del genio 💩💩💩💩

Diario di oggi e di ieri


Oggi sono un po' più nervosa del solito. Il motivo è lavoro, ma non solo. Gli orari sballati, la cassa integrazione, l'atmosfera che non è delle più distese. Ci sono cose peggiori, ne sono consapevole, ma ogni tanto lo sconforto prende il sopravvento. Poi torno a casa, mi faccio una tisana e mi accampo sul divano col sottofondo musicale: Baby shark, senza soluzione di continuità. La bimba dei vicini ne va matta e i muri sono sottili. 
Tra un sorso e l'altro di malva e finocchio, razionalizzo il mio piccolo universo entropico.
Dovrei essere più riconoscente nei confronti della mia buona stella; i tempi sono quelli che sono, ci sono persone che il lavoro l'hanno perso, altre che non sanno dove sbatteranno la testa tra un mese. 
Per adesso io ho una grossa fortuna. 
Ma.
Ma, c'è un ma. A parte i soldi della cassa integrazione che non arrivano, c'è anche quel per adesso che ha già cominciato a farmi dormire malino. 
Ufficio riorganizzato, gente che viene tenuta a casa perché tanto paga lo Stato, scambi di orari che sballano tutto, scadenze che devono essere rispettate come se il covid-19 fosse scoppiato su una galassia lontana anni luce dalla nostra.
Da giorni la mia idea, il mio impulso più forte è mollare tutto e andare via. Niente di trascendentale, è un impulso normale, tutti lo proviamo di tanto in tanto. C'è chi lo sente di continuo. Poi nessuno si muove perché all'atto pratico: andare via dove? Come si campa andando via? Questa vita è quella che mi rimane attaccata addosso ed è quella che mi devo tenere perché non son mica sicura che ce ne siano altre migliori. 
Uh, che bel momento di depressione. 
C'è anche un altro motivo per tutto questo sconforto. 
Ho cominciato a leggere il libro su Tommaso Labranca "Le alternative non esistono" scritto da Claudio Giunta. Ho pianto alla seconda pagina. È una lettura abbastanza intensa per me, impegnativa in ogni senso. Lo leggerò piano piano. Il libro è bello – per quel poco che ho letto fino adesso – scritto e documentato bene. Ci sono alcune cose che non mi tornano, ma non mi aspettavo diversamente e ne scriverò quando l'avrò finito. 


Ieri sono passata davanti all'Antico Vinaio in via de' Neri e c'era gente, si cominciano a vedere i primi turisti in fila per la schiacciata. Quel vinaino snobbato dai fiorentini – me compresa, poco più avanti c'è un alimentari storico con un prosciutto fenomenale – è il primo segnale della ripresa turistica cittadina. 
Si rianimano le strade e le piazze che erano bellissime deserte, ma anche vederle riprendere vita non è malaccio. Gli amici che lavorano in centro hanno ricominciato a tirare su i bandoni ed è una bellissima notizia. 
E poi è tornato anche lui:

Un giorno questo dolore ti sarà utile di Peter Cameron (recensione)




Una fortunata lettura casuale questo romanzo piuttosto breve, di cui poi ho scoperto che esiste anche un film di qualche anno fa. Il libro è Un giorno questo dolore ti sarà utile, scritto da Peter Cameron e pubblicato in Italia da Adelphi con la traduzione di Giuseppina Oneto.

Mi è piaciuto.
Racconta alcuni giorni nodali di un ragazzo newyorkese di 18 anni, sotto forma di diario in prima persona, con tanto flusso di coscienza.
Mi piace molto il flusso di coscienza quando è fatto bene.
Una narrazione gradevole, un po' "giovane Holden" ma con in più tanto background di psicanalisi.
Il periodo è i primi anni 2000, in seguito al crollo delle torri gemelle e questo ragazzo con genitori separati è un introverso con un piede nell'autismo.
Solitario, lavora nella galleria d'arte della madre, non vuole andare all'università, sta bene da solo e va a trovare volentieri solo la nonna.
Non riesce a comunicare con nessuno della sua famiglia ed è incapace non solo di gestire, ma anche di comprendere i propri sentimenti e impulsi più basilari. Si trova così a vivere distaccato dagli eventi, sempre col cervello altrove, sentendosi un non-adatto.
Ora, mi scoccia ammetterlo, ma questo romanzo mi ha fatto squillare nella testa tanti piccoli campanelli, legati ad altrettanti dettagli nella narrazione. Col risultato che mi sono ritrovata in questo personaggio molto più di quanto mi piaccia ammettere.

Voto 4 aperitivi da bere assieme alla nonna, a casa sua in una sera d'estate: 🍸🍸🍸🍸

Della poca differenza



Molto del disappunto di questi giorni nasce dal rafforzarsi della consapevolezza che il nuovo mondo, della cui idea tutti ci siamo invaghiti, sarà ben poco differente dal vecchio. 
Certo, negli ultimi due mesi ci sono tante cose che sono cambiate, però - stringi stringi - nulla di veramente significativo. Superficialità, quisquilie, rotture di scatole, impoverimento. Cassa integrazione.

Mi viene in mente un dettaglio divertente.

Anzi, mi fa proprio ridere.

Parlo con amici che sono sempre stati un po' col piedino tendente a destra, con la manina pronta a scattare producendosi in rigidità grottesche, e adesso li scopro incazzatissimi per quanto le forze dell'ordine siano repressive, perché quella volta si stavano facendo i cavoli loro, gli hanno chiesto dove andate, hanno voluto i documenti, li hanno redarguiti con fare paternalistico per concludere con: questa volta non vi facciamo la multa e cose del genere, quando invece l'ordinanza non era chiara e dovrebbero essere più rispettosi dei cittadini. Cittadini-che-pagano-le-tasse.

Nel 2020 scoprire da insospettabili criptofascistelli – cartina di tornasole per individuarli: malcelata soddisfazione per i massacri di Genova 2001 + inossidabile tendenza all'autocommiserazione tout court – che le forze dell'ordine hanno bisogno di regole altrimenti tendono a diventare tracotanti è interessante, perché vuol dire aver vissuto poco o aver vissuto forse in qualche nicchia ovattata fatta di privilegi micragnosi e troppa televisione.
Accoppiata che ottunde e dà una percezione distorta di sé e del mondo in cui si vive.
Percezione che è pronta a volatilizzarsi in un puf! con un brusco tonfo nella "realtà vera" in caso, per esempio, di panedemia.
Ma anche in caso di molto meno.

Comunque che certe cose diventino un problema solo quando capitano in prima persona è un'altra "cartina tornasole dell'imbecillità" (cit. Tommaso Labranca❤️).

Le alternative non esistono


Domani esce il libro di Claudio Giunta su Tommaso Labranca.

Si intitola Le alternative non esistono e lo pubblica Il Mulino.

Aspettavo questo libro da quando ne ho sentito parlare per la prima volta, forse un paio di anni fa.

Nell'attesa ormai agli sgoccioli, mi delizio con questo video di presentazione della sig.ra Orietta Berti che - fortunatissima - ne ha una copia in anteprima.




Tommaso mi manca tantissimo.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...