Decisioni difficili per chi si auto-pubblica in ebook


Prima di tutto una buona notizia che ho scritto altrove ma non qui: Gattasorniona The Antology, opera prima costola del vecchio blog su Splinder, ha superato i 700 download. Niente male. Ho postato il dato su Facebook, tutta orgogliosa: sono numeri di tutto rispetto!
E lì mi è stata fatta una domanda che mi ha messa in crisi all'istante, ossia: "con un libro a pagamento ce la faresti a superare questo numero?" Istintivamente ho pensato di no e infatti ho risposto che la vedevo difficile.

La pazzia e lo spirito del Natale


Sono esausta dopo i festeggiamenti di rito coi parenti e tutto l'apparato consueto. Ma ho voglia di raccontare una piccola storia di Natale.

Tragedie telefonate: cadiamo tutti dal pero


Sono diventata una creatura contemporanea e così ho perso l'abitudine di commentare i fatti di cronaca qui sul blog. Di solito mi basta un tweet e via. Ma oggi la tragedia è di quelle grosse, sette persone morte al Macrolotto nel rogo di un capannone fatto con l'amianto, pieno di lavoratori cinesi che lì dentro ci vivevano e ci lavoravano. Si chiamano fabbriche/dormitorio, una "specialità tradizionale garantita" che per l'appunto vanta una zona d'eccellenza a qualche chilometro da qui.

Una riflessione a livello zolla sulla privacy dei nostri dati

Gli americani ci spiano con sistemi ultra sofisticati, centri della NSA in tutto il mondo, social network saccheggiati per le info degli utenti, big data, servizi come Dropbox che uno si chiede: come cavolo campano questi? Ma poi lo usi lo stesso perché è tanto comodo. Pure questa piattaforma blog, approdata a Google da anni. Ho letto molto su questo argomento, le vicende di Edward Snowden, del povero Kim Dot Com, ecc. Ho letto anche stronzate megagalattiche come quella notizia che Putin avrebbe regalato delle chiavette "USB spia" al G20. Ce lo vedo perfettamente: dopo le foto con i capi di stato, Putin si avvicina alla Merkel, a Berlusconi o forse Monti e compagnia bella e gli dà il gadget. Come a una convention aziendale, di quelle scrause. Anche gli altri capi di stato tirano fuori i loro gadget, tipo l'utilissima lampadina da tenere attaccata al portachiavi per aprire le serrature al buio, oppure il calzino porta-cellulare, oppure il tappetino per il mouse. Plausibilissimo, complimenti per lo scoop giornalistico.
Comunque ci sono tanti blog che ne stanno parlando anni luce meglio di quanto possa fare io. Allora, come consuetudine di questa casa dell'autoreferenzialità, vorrei raccontare un piccolo episodio che mi riguarda anche se di striscio e per caso.
Tempo fa un medico della provincia di Roma mi ha inoltrato un'email di un centro di analisi mediche, convenzionato ASL, sempre della provincia di Roma. Un forward "brutale", dal telefono a un indirizzo credo simile al mio nickname sennò non si spiega l'errore.
Questa email contiene in allegato i risultati delle analisi mediche di 11 persone.
Nome, cognome, data di nascita, cod. paziente, valori del sangue... Sono persone giovani e quasi tutte, tranne una, hanno dei nomi stranieri. Uno di loro ha la glicemia alta. Gli altri non so; non ho guardato bene, mi servivano solo poche info per scrivere questo post.
Alcuni di questi nomi sono su Facebook (forse tutti, io ne ho cercati solo due o tre). So che lavoro fanno e ho visto le loro foto. Se dovessi assumere uno sarei già a conoscenza della loro situazione di salute e potrei scegliere più oculatamente, magari scartando quello con la glicemia alta, per esempio.
Linkedin mi dice che questo medico si è laureato in Medicina e Chirurgia presso l'Università La Sapienza Di Roma ed è iscritto all'Ordine dei Medici di Roma. Poi si è specializzato in medicina del lavoro all'università di Napoli e ha lavorato in un discreto numero di enti e società varie. C'è l'elenco dettagliato. Nel riquadro delle competenze ha segnato (incollo pari pari):

Prove tecniche di copertina

Continua la mia ricerca incessante della foto per la copertina perfetta del mio prossimo ebook. Ecco uno studio in due atti di: Biancone con piccione schifoso in posa sorniona ad altezza culo. Di seguito due versioni dello stesso soggetto, ma con due livelli ben diversi di ironia.


Avevo l'idea per un post arguto ma...

...in un battito di ciglia: volatilizzata.
Nulla, sono una creatura autoreferenziale, mettiamoci l'animo in pace. Stamani mi sono svegliata con una frase che mi rimbomba in testa come un tormentone da hit parade tamarra: sbagliare è umano e perseverare è diabolico. Dunque io sarei direttamente connessa a satana in persona. Praticamente due amiconi. Ne sono convinta perché non riesco a liberarmi di certe dinamiche nocive del cavolo e le ripeto, pari pari, regolarmente. Da tutta la vita, che pesantezza. E che cavolo.
Non so come né perché, ma qui la mia esistenza sta passando, sempre uguale e da anni non mi regala non dico felicità che sarebbe anche ingenuo, ma almeno novità interessanti. E questo dipende da me, in particolare dal mio sistema interiore di priorità che dovrei rivoluzionare ma non so come fare. Ho capito dov'è il problema ma pecco di tecnica. Come si cambia un lato del carattere che non ci piace? Certo io ci provo, ormai so qual è il problema. Ma poi gli automatismi di una vita riprendono il sopravvento e eccallà la solita minestra riscaldata, tanto per citare un personaggio di Verdone che amo tanto, l'Idealtypus di sfigato con le fette di prosciutto davanti agli occhi. Io sono su quel modello. Basterebbe spostare l'asticella della self-priority (anglismo inventato di sana pianta, ma ci sta bene) a un livello più a monte, verso la me stessa che tanto bistratto per delle cazzate sempre più spesso irrilevanti.
Ora, io sto mettendo da parte cose mie, cose prioritarie, cose fondamentali porca miseriaccia cane, perché subisco, pardon, mi faccio fare interventi a gamba tesa continui. Da pressoché chiunque. Non è una cosa sensata. Io non lo faccio agli altri perché non è la mia natura, certo, ma anche perché gli altri, quelli normali, non me lo permettono. Sto parlando di sentirsi in diritto di prendersi il braccio quando l'altra, molto gentilmente, ha offerto solo il dito. Ecco, io devo trovare il tempismo di sfanculare nel momento in cui il dito non è più sufficiente, e di ritirare tutta la mano.

Misteri d'Italia



Dudù qui, Dudù là... tutto un gran parlare di Dudù. Ma la cagnolina Vittoria che fine avrà fatto?

Non potendo permettermi l'analista...


... freudiano ortodosso, naturalmente, di quelli che ti lasciano delirare senza guardarti in faccia e poi ti dicono che c'hai le peggio repressioni sessuali... Dunque, non potendo permettermi l'analista mi sfogo sul blog. Adesso, di getto, che ho poco tempo. Ho appena consegnato un lavoro e mi prendo un quarto d'ora di pausa-blog prima di un appuntamento improcrastinabile. Un appuntamento URGENTE tutto maiuscolo, come ha scritto il cliente nell'oggetto dell'email, tanto per aumentare il mio stato d'ansia, manco vendessi farmaci salvavita.

Brevi appunti banali per chi si pubblica da sé: 3,99 è il nuovo 2,99!

Condivido un po' di riflessioni e letture sull'autopubblicarsi in ebook. C'è chi pensa sia un passatempo da sfigati, invece io lo trovo divertente. Il mio prossimo ebook è ancora fresco di riscrittura estiva molteplice. Un altro paio di revisioni ulteriori e lo pubblicherò online con Smashwords. Nel frattempo cerco di dargli una copertina e un titolo decenti. Operazioni difficilissime!
A questo giro voglio provare a venderlo e così cerco anche di documentarmi sull'argomento che mi interessa molto. Mi è costato tanto tempo scriverlo e tratta di un tema che (mi sono accorta solo dopo averlo finito) è molto presente nella top ten dei post più letti di questo blog. Ora, il mio vecchio blog non ha alcun valore statistico, ma è il mio passatempo, ci faccio quello che mi pare e mi funge da trastullo anche per trarne conclusioni strategiche.
Ma torniamo all'autopubblicazione.

In ognuno di noi c’è un fattore di stupidità, che è sempre più grande di quanto supponiamo


Quando si fa una buona azione il karma ci ricompensa. C'è chi ci crede sul serio a 'sta cosa. Invece aiuti qualcuno che ritieni importante e che nel momento del (suo) bisogno entra a gamba tesa nella tua vita e... niente. Non che mi aspettassi ricompense, per carità, non l'avevo fatto per questo. Ho agito come si suol dire col cuore, ascoltando la richiesta di aiuto di una persona cara che sta attraversando un momento difficile e ho cercato di fare il possibile. Adesso mi sento solo una bischera presa per il culo. Ho sbagliato, certo, non farò lo stesso errore mai più. D'ora in poi mi atterrò alle teorie del prof. Cipolla e non agirò più stupidamente ma mi muoverò solo sui terreni dove il mio vantaggio e benessere saranno chiari e prioritari. Ciao karma, è stato bello conoscerti e testarti. Nel frattempo fisso qui questa esperienza per ricordarmela. Con la modalità criptica che piace a me, anche se non ha più senso che stia tanto a mantenere l'anonimato. Ma suvvia. Perché le persone non sono mai come dicono di essere (banale, ma vero), alcune sono proprio dei pozzi neri. Apri il tombino e il tanfo è insopportabile. Allora scopro che rubi in casa dei parenti, come un tossico farabutto. Mi sa di anni Ottanta. Ma te lo ricordi che fine hanno fatto i nostri amici più grandi che vivevano in quel modo? Dai, via, fai cacare. Poi scopro che non è vero quello che hai raccontato: mi hai detto un cumulo di panzane. E io mi ero pure preoccupata. Per poco, ma mi sono preoccupata. Poi scopro che hai venduto l'argenteria. Che cavolo è, un film? Mia madre se li ricorda ancora quei pezzi, stavano nella tua famiglia dal Settecento. Ma come hai fatto a venderti l'argenteria? Ma dai, ma che vergogna. Poi vengo a sapere da una persona a te vicina, attonita e sfinita, che sei un bugiardo patologico. Non recupererò più i miei soldi, lo so per certo, ma tu hai perso tutto e tutti. Crepa, te lo dico col cuore.

#Ruralia 2013: flora e fauna @ Expo Rurale Toscana


"Il bambino Simone si è perso e attendiamo i genitori al banco informazioni", "si pregano i signori visitatori di non entrare nello spazio antistante riservato a balle di fieno e spaventapasseri", "mi dà un pezzo di pane per il mio bambino?*", "Elisabetta attende la mamma e il babbo al banco informazioni", "ricordiamo che lo spazio antistante al padiglione Spadolini è riservato agli spaventapasseri e alle balle di fieno", "un pezzetto di pane... per il bambino... si può avere?*", "Nicola attende il babbo al banco informazioni", "i signori visitatori sono pregati di non invadere lo spazio riservato a spaventapasseri e balle di fieno", "un pezzo di pane, che me lo da, c'ho i' bambino?!*", "Caterina aspetta i genitori al banco informazioni all'ingresso"...

Sono stanca.

Sono molto stanca. 

*niente drammi della povertà, ma solo pezzetti di pane semplice, con cui spezzare le degustazioni alcoliche, scambiati per bruschette gratis da tutti i passanti questuanti (e insistenti).

Mancano 101 giorni a Natale


Ci risiamo. Le solite inquietudini di settembre. Dissidio interiore e stress. Lo ammetto: ho provato ad aprire un altro blog, con un altro nick. Tanto per rinnovarmi. Ogni tanto lo faccio. Dico vaffanculo a tutto e apro un altro blog. È una bella valvola di sfogo. Poi mi pento e chiudo tutto nello spazio di due o tre post.
L'unico che è sopravvissuto è questo. Sono 11 anni tondi che Gattasorniona esiste e blogga. Un decennio più un anno, cavolo. Ma ora mi sono esaurita, gnà fo più. Soluzione: sparire e ricominciare da capo. Con un nuovo blog. Un nuovo nick. Boh.
È una prospettiva allettante ricominciare. Qui "sul" virtuale pare più facile. Fuori dai pixel lasciamo perdere, è un casino solo andar via un paio di giorni, signoramia. Ma adesso anche internet è diventata come la vita reale, piena di obblighi e consuetudini sociali improcrasinabili. E che palle. Allora, magari, ricominciare da capo fuori da internet, in una di quelle darknet di cui si parla tanto. Poi però io non ci so andare nelle darknet coi nerd smanettoni e allora rimango qui a fare il chilo. Ma è il pensiero che conta. Ragazzi nerd, sono con voi.
Riciclarsi, cambiar nome, come fanno i partiti polititici quando sono bolliti. E io sono bollita. Una signora lampredotto. Voglio un nuovo nickname, che mi calzi a pennello. A dire il vero l'avrei anche trovato, una parola sola a questo giro. Non dico qual è, ci sto ancora pensando. Poi mi dico: ma chi me lo fa fare? Non è più semplice rimanere così?
È un sabato pomeriggio intriso della tipica, concitata, irritante vivacità settembrina. Non sono andata ancora in ferie e mancano 101 giorni a Natale.

Appunti banali di diario #4


Appena posso vado in giro a pedalare in centro. Ho provato a cambiare itinierario, ma fuori dalla città c'è tutta quella campagna e mi snervo all'istante. Mi manca subito il traffico, l'arno, i parchi e giardini con la natura in dosi omeopatiche, le strade strette del centro storico e le soste provvidenziali alle fontane per bere l'acqua. Lo devo ricordare per le (rare, a dire il vero) volte in cui penso che sarebbe bello abitare fuori città e vivere più a contatto con la natura.
Faccio un mucchio di foto da quando ho scoperto che la mia macchinetta fotografica ha un sacco di funzioni fighissime e posso fotografare bene qualsiasi cosa. C'è pure un'opzione "food" per fotografare i piatti col cibo, ma giuro solennemente di non abusarne mai. La tratterò come un super-potere, la userò solo in caso di estrema necessità. Ecco. Pensavo di essere io quella negata per le foto: sempre e solo colori piatti e perennemente sfocate, se non mosse. Bastava, invece, cambiare le impostazioni. Le maledette impostazioni che sono sempre state lì, bastava solo premere il tasto giusto. Hai un oggetto da tanti anni e sei convinta che sia una cosa da poco. Poi basta qualcuno più sveglio che ti spiega come funziona per superare la mia incrollabile tendenza alla superficialità pigra. E riprendi subito piacere ad usarlo. Me ne devo ricordare anche per altri aspetti della mia vita, non solo per la stupida macchina fotografica.

Buon anno!



Il mio agosto 2013:
Uso della bici: quotidiano (o quasi);
Notti insonni: 3 o 4 (evvai!);
Litigate telefoniche con mia madre: 1;
Attacchi di claustrofobia: 1 (maledetto ascensore senza specchio);
Attacchi di agorafobia: 1 (chiesetta di campagna: mi parevi innocua e invece...);
Attacchi di panico: 0;
Panini al lampredotto: 0;
Sbronze: 1;
Momenti di riflessione polemica e angosciata sul futuro prossimo venturo (Grecia, ti stiamo raggiungendo in allegria): tutti i giorni, più volte;
Feste: 1;
Cene con amici: 2;
Appuntamenti rimandati perché tanto è agosto e "non c'è nessuno" si fa a settembre quando siamo tutti: perso il conto, ma tanti;
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Intervento di emergenza per assistere amica in profonda crisi esistenziale: 2;
Utilizzo della fontanella di piazza Signoria: quasi quotidiano;
Magone allo stomaco, senza un motivo apparente, gratis, diciamo: tutti i giorni, per 10/15 minuti in media;
Episodi de I Soprano: intorno ai 20, forse qualcosina in più;
Libri letti: 4 o 5;
Barattoli di marmellata consumati per colazione: quasi 2;

Prova generale di povertà: un esperimento sociologico di decrescita reale

Finalmente sono ritornata in possesso di denaro. È una storia che risale alla settimana scorsa quando, dio solo sa perché, mio padre ha scambiato la mia borsa con un suo porta documenti (non si assomigliano manco un po') ed è partito per la campagna portandosi dietro i miei soldi, bancomat, carta di credito, occhiali da vista e documenti vari, tra cui la tessera del pub.
Così ho passato quasi una settimana in povertà, comprando generi di prima necessità con gli spiccioli abbandonati nelle tasche dei vestiti. E poi due giorni completamente senza soldi. Una prova generale del mio (nostro?) futuro prossimo venturo, mi vien da pensare.
Comunque ci tenevo raccontare che sono sopravvissuta, senza raccontare a nessuno degli amici del mio stato d'indigenza (altrimenti mi avrebbero prestato il necessario, ma allora addio esperimento sociologico). Senza poter far la spesa, mi sono nutrita della mia dispensa, dando fondo alle mie misere scorte. Alla fine l'esperienza è stata anche positiva e ho deciso di ripeterla ogni tanto. Sempre come allenamento per il nostro futuro prossimo venturo.
La decrescita reale. È una cosa a cui penso spesso, mio malgrado.
Tempo fa ho letto anche un libro sull'argomento: "Adesso basta. Lasciare il lavoro e cambiare vita. Filosofia e strategia di chi ce l'ha fatta". Però è scritto da un tizio che da ricchissimo ha scelto di diventare un po' meno ricco; la sua idea di decrescita (o downshifting) corrisponde alla mia idea di vivere alla grande, senza farsi mancare niente. Tuttavia questo libro contiene diversi spunti interessanti anche per chi è spiantato. Primo fra tutti, una vera e propria lezione di vita che non mi scorderò più: se non sei un manager che guadagna cifre spropositate, ma hai uno stipendiuccio da fame come la maggior parte di noi, allora devi fare mente locale, calcolare più o meno quanto ti lasceranno in eredità i tuoi genitori e regolare il tuo modo di vivere su questo parametro, in attesa della loro dipartita. Cavolo, una strategia di ferro. Complimenti. Lo farei leggere a mia madre per sapere la sua opinione, ma poi so che comincerebbe a guardarmi storto, allora lascio perdere. Continua?

Abulia d'Agosto.



Praticamente sono al pascolo. Non ho voglia di fare niente: un momento di apatia totale che sconterò nei mesi autunnali con gastrite, insonnia ecc.
Ho passato un Agosto inutile, apatico, bolso. Ho svolto perlopiù attività inutili, anche se ho superato lo shock da incidente con pirata della strada e ho ripreso ad andare in bici senza paura e di questo sono contentissima. Agosto non è ancora finito, però intanto mi avvantaggio col resoconto. Veloce, ché la giornata è splendida e me ne voglio andare in bici.
L'unica cosa "concreta" che ho fatto in questo mese e di cui sono contenta: ho finito (per l'ennesima volta, da un anno a questa parte) il mio nuovo libro. Dopo le revisioni dei mesi scorsi - grazie ai cari amici Gatta e Mauro per i preziosi consigli, che ho seguito e di cui parlerò successivamente, in un post a parte - adesso il racconto ha preso un'altra piega e mi piace di più, anche se nel frattempo mi sono venute idee nuove e c'è ancora molto da lavorarci (ma non so ancora quando lo pubblicherò, le Edizioni il Piccione devono pazientare).
Poi ci sono stati i Soprano che non conoscevo quasi per niente. Bello, l'ho visto più di metà, posticipando all'anno prossimo la seconda visione di Lost che avevo programmato per questi mesi estivi.
Poi c'è stata la graditissima serie dei Labrancoteque, l'egozine di Tommaso Labranca. Uno più bello dell'altro, scaricateli se non l'avete ancora fatto. Il penultimo, per esempio, contiene tutti gli scritti labranchiani in tema "Madonna" (quella profana, ça va sans dire). Ma non finisce qui: nel n. 4 c'è una mia intervista a T.La. Soddisfazione tremenda.
Tuttavia il mio preferito è il 6: monotematico, è il racconto di un viaggio a Liverpool, che ho già ho riletto più volte.
Altra cosa appassionante sono stati i programmi di Real TV. Forse dovrei mostrare un po' di amor proprio e vergognarmi come una ladra a confessare candidamente tutto ciò. Ma il dovere di ciana mi spinge a raccontare che mi ci sono tuffata come una drogata in crisi di astinenza, sentendomi in colpa dopo ogni dose. Proprio come quando mangio la pastasciutta troppo spesso.
Programmi assurdi, dove ogni mestiere diventa protagonista. Per esempio c'è quello sui rigattieri (ma lì hanno un nome cool che adesso non ricordo), tizi che vanno alle aste dei garage/magazzini abbandonati per comprare cianfrusaglie e poi le rivendono. Poi c'è il programma dei tizi, buzzurri all'ennesima potenza, che fanno recupero crediti. E poi quelli più inquietanti, i tizi che hanno la mania di raccattare di tutto e vivono in case stipate all'inverosimile di schifezze da cui non si possono separare. Questi mi interessano anche a livello personale. Io vivo in una casa pressoché vuota (l'ho scritto tante volte), patologicamente sono tutto l'opposto di questi "accumulatori" (li chiamano così). Chissà come si chiama la mia passione per il vuoto domestico e chissà se prima o poi ci faranno un programma tv.
Sono opere di puro montaggio paraculo, dal ritmo veloce e dai contenuti sempre uguali, con ripetizioni continue, modello Teletubbies. Roba ipnotica.
Tra questi, il mio preferito credo sia Breaking Amish, che è anche quello più strano. Racconta di quattro tizi Amish che mollano la fattoria e la parrocchia in campagna per andare a cercare fortuna a New York (lo guardo online, in caso interessasse l'approfondimento).
Ed è subito autunno.

Teorema delle ferie di Gattasorniona


Il numero ottimale di compagni di viaggio è inversamente proporzionale alla distanza da percorrere.


[Gattasorniona, Splinder 2006]

L'assedio


Il rumore di un battito d'ali, simile a un grido strozzato. Rimango di sasso. È il piccione che si avvicina alle serrande abbassate. Lo sento quando si posa sul davanzale anche se non emette nessun rumore. Sono fuori, lo vedo lassù che finge di guardare lontano, mentre scagazza sul mio cornicione. Sono dentro, io so che è lì. Gruga all'improvviso, le mani si bloccano sulla tastiera. L'azione comincia, scateniamo l'inferno. Il caldo fiaccante sparisce in un istante, l'aria ritorna respirabile, l'attenzione è tutta lì fuori, a pochi centimentri. Bastardo, cadrai sotto i miei colpi. Mi alzo lentamente, anche il più piccolo rumore potrebbe far scappare la preda. Ma io oggi voglio il mio tributo di sangue, mi spetta, ho accumulato l'anzianità necessaria, santo cielo. Afferro l'arma e mi preparo al fuoco. Al corpo, devo mirare al corpo. Faccio piano, mi metto in posizione, pronta alla raffica definitiva. Con l'altra mano afferro la fettuccia della serranda, in alto, perché il colpo deve essere uno e secco. Mi acquatto, devo fare pipì, ma ora non è il momento dei bisogni corporali. Ora è il momento dell'azione. Colpo secco. La serranda si alza. Faccio fuoco, anzi acqua, lo schizzo fa un arco nel cielo. Il piccione è lontano, questa volta illeso. Vado in bagno per pipì e ricarica di pistola ad acqua, cantando fiera dilegua, o notte, tramontate, stelle, all'alba vincerò, vincerò, ecc.

Fanculo la crisi, voglio cambiare lavoro: 5 cose che mi piacerebbe fare.

Fanculo la crisi, voglio cambiare lavoro. Ecco l'elenco di desideri professionali "reali", frutto di riflessioni ponderate che ho buttato giù sul taccuino che tengo sempre in borsa.

1. Un classico per chi mi conosce: lavorare in una società di organizzazione/gestione Fiere (pronta a partire, anche subito)

2. L'usciera in un condominio di lusso. Dopo aver letto L'Eleganza del riccio (no, non mi è piaciuto manco per nulla) ho avuto l'idea. Insomma potrei stare in guardiola a leggere/spippolare quello che mi pare, senza star dietro ai discorsi della gente. Magari di notte, quando c'è ancora più calma in giro. Preferirei un condominio di lusso, con gente spocchiosa; mi guarderebbero dall'alto in basso e non sarei costretta a rivolgere la parola a nessuno. Una pacchia.

3. La guardiana in una villa nei dintorni di Firenze. Sono una persona affidabile, approfitto per propormi sul serio: gattasorniona [at] gmail [dot] com (spammer, tiè!).

4. Quella che ricarica i distributori automatici di bibite e merendine (questo punto l'ho scritto prima di pranzo, mi sa).

5. La lampredottaia. Amo l'idea, ma è il più difficile da realizzare. Non ho il capitale per acquistare il banchino e, lo ammetto, ho serie difficoltà a maneggiare le frattaglie crude, specialmente in grandi quantità (sì, c'ho provato). Tuttavia, in caso qualcuno cercasse una socia, sono qui.


A proposito Robert Galbraith aka JK Rowling

Negli ultimi tempi sono incappata in diverse discussioni su Facebook su questo tono:



Credo che il caso della Rowling non sia indicativo di una malattia dell'editoria, anzi, a mio avviso non c'entra proprio niente.

Facili esotismi



Ieri sera sono andata al Forte Belvedere. Come tutta Firenze. Ho fatto lì la mia consueta passeggiata preserale antistress. Bello, ma si sapeva. La scultura dell'artista cinese mi è piaciuta un sacco. Mi piacciono tutte le cose che danno una smossa all'immobilità paesaggio cittadino.
Ero da sola. Nel pomeriggio avevo spedito quattro sms per raccattare qualcuno con cui andarci ma ho ricevuto soltanto: un rifiuto, un antani e due non pervenuti.

Incubi notturni e serie TV

Stanotte ho sognato che ero morta ammazzata. Non so per quale motivo mi avessero uccisa; a dire il vero neppure a me importava molto di essere morta, fatto sta che ero all'obitorio, sul tavolo delle autopsie. Intorno c'erano altri tavoli con gente decomposta sopra. Morti ammazzati pure loro. Sfiga.  Comunque ero perfettamente consapevole di essere in quella situazione e non mi tangeva più di tanto.
Poi sono arrivati i poliziotti e hanno esaminato le mie mani.
Io ascoltavo i loro commenti: non riuscivano a trovarmi nulla sotto le unghie perché, prima di crepare morta ammazzata, avevo fatto una manicure accurata e si vedeva. E da morta io ero molto contenta di ascoltare questi apprezzamenti.
È cominciata la terza serie di The Killing. Mi piace molto. A quanto pare piace anche al mio inconscio.

Libri elettronici a scuola #ebook, secondo me

Che bello, questo è un post a richiesta, proprio come se io fossi juke box vecchia maniera, quelli suggestivi, col braccetto rachitico che metteva e cambiava i dischi. È dedicato a una coppia di amici con figlia quasi alle medie, proprio perché da tanti anni io e il mio lettorino e-ink siamo inseparabili (mentre lo scrivo accarezzo sensuale il Kindle qui accanto a me, è una bella immagine che ci tengo a condividere).
Quando comprai il mio primo lettore di ebook, all'incirca cinque/sei anni fa, pensavo di poterci studiare tranquillamente e metterci sopra i manuali corposi e in evoluzione continua che devo leggermi per lavoro.
Comprai su ebay da un tizio all'estero un Sony prs-505 usato; in Italia questo genere di lettori, fatti per simulare il libro "tradizionale", ancora non se ne trovavano. Prima di fare l'acquisto mi ero informata, avevo girato su blog e per forum, alla fine avevo scelto il modello che mi aveva convinta di più. E fu una scelta bellissima. Quel Sony è bellissimo.

Commenti fantasma e bocconcini di bufala online

Allora, adesso i commenti sono spariti dal blog e... non so che farci. Mi sono scervellata: ho tentato di resettare tutto, ho pure rifatto il template da capo. "Rifatto" è una parola grossa: ho preso un modello dei semplici di Blogger e c'ho messo lo sfondo giallo che è cosa nota: dove c'è #ffc c'è blog.
Un minuto netto di restyling/recoding. Un record. Ma tutto inutile, i commenti sono ancora scomparsi. Non so cos'altro fare e l'opzione "basta, mollo tutto e vado su wordpress" si avvicina sempre di più.
Non oggi, non domani, ma la tengo in considerazione.
Cambio argomento, ma rimango sul nerd. Mi ha colpita molto la storia del giovane webdesigner, Giuseppe De Napoli, che ha oscurato il sito web di un cliente che non gli saldava la fattura da mesi, con una schermata di fine sputtanamento che mi ha fatto sorridere: la nemesi della gioventù.
Il problema lo conosco bene. Ho lavori iniziati più di un anno fa che non ho ancora riscosso perché la crisi, perché il momento, perché cippalippa... Le scuse sono tante i piagnistei ancor di più.
Sono vecchia: ho visto gente perdere la dignità piuttosto che saldare cento euro pattuiti, non mi stupisco più di nulla. Anzi, ne approfitto per una pre-auto-marchetta: il mio prossimo ebook parlerà proprio di questo.
Ma torniamo a Giuseppe De Napoli. Bravo, coraggioso, oppure bischero? Comunque sia aggiungerei anche l'aggettivo "strano". Infatti il dominio oscurato risulta essere di sua proprietà. Basta fare un whois qualsiasi per appurare che http://www.agitmediasrl.com/ appartiene proprio alla società di Giuseppe Di Napoli, la Creorin. Quindi De Napoli ha agito sul suo, oscurandosi da solo. Buon per lui, questo lo rende meno sprovveduto. Ora mi chiedo: il tizio debitore (se esiste e se la storia è vera) saprà che in realtà il dominio non è registrato a suo nome?
Mi rimetto a vedere se sistemo i commenti.



Perché la mia esigenza dei commenti in fondo è semplice. Commenti aperti (con possibilità di moderazione), e senza chiedere tante info: nick e url del blog, ma facoltativi. Come ai vecchi tempi, che io ho tanti lurker e commentatori anonimi e Disqus li ha irritati. 

Aggiornamento fondamentale: i commenti di default sono ritornati (miracolo?). Non sono il massimo, ma meglio di nulla...!

La Biblioteca Nazionale di #Firenze nel suo inesorabile degrado

Poche cose mi provocano malessere come il degrado in cui si trova la Biblioteca Nazionale. Forse perché ormai ci vado di rado e allora quando ci metto piede diventa più evidente. C'è un'aria di abbandono, sembra che la Guerra Fredda sia finita l'altro ieri. 
A parte l'atmosfera grigia e mortifera in quello che dovrebbe essere un luogo di eccellenza della cultura, il personale spesso è maleducato e indisponente* e c'è un'aria perenne di dismissione polverosa.
Capisco perché Nadia Desdemona Lioce incontrasse qui i suoi complici per organizzare l'omicidio D'Antona: ci ritrovava inalterata l'atmosfera suggestiva e (per lei) motivante dei primi anni di piombo. Ho fatto delle foto, documentiamo, anche se solo adesso mi rendo conto che il bianco e nero sarebbe stato più appropriato:





"il cartello in alto dice: questo ascensore resterà fermo. per sempre, intendono."

*Son più di vent'anni che frequento il luogo, ormai sono convinta che i custodi/impiegati li scelgano apposta, forse per dare agli utenti un'esperienza simile al ristorante La Parolaccia:

Oltre masterchef: i precursori


Tagliatelle al salmone di Wilma De Angelis 1992 (circa).



Un piatto che mi fa venir voglia di ascoltare i Duran Duran in cassetta e poi passare il pomeriggio in centro.

Tra le altre cose, celebro matrimoni

Vorrei ricordare (e il certificato qui sopra ne è la prova lampante!) che dal 2 settembre 2005 io sono una vera Reverenda della ULC, ovvero la Universal Life Church. Trattasi di roba seria. Senza scendere in dettagli pesanti, dico solo che mi fanno compagnia anche un bel tot. di vip come: Ringo Starr, Sharon Stone, Barbra Streisand e tanti altri.
Dunque confermo di essere ancora* disponibile a celebrare matrimoni in giro per il mondo, in cambio di vitto, alloggio e magari anche viaggio.

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I commenti al blog non sono ancora a posto, anche se a quanto ho potuto constatare funzionano. Meno male che il sito di Diqus dice che ci vogliono solo 24 ore per l'importazione e il ripristino...

*non posso più linkare il vecchio blog...

Il risveglio: auto blu e pezzi grossi a giro

Stamani ero sull'autobus 22, in via Maragliano, piuttosto pieno di gente. Tutti in silenzio, chi con gli occhi sul telefono, chi con le cuffiette, chi assorto nei propri pensieri.
Si sono sentite delle sirene in lontananza, il traffico si è bloccato all'istante, mentre le sirene si avvicinavano sempre di più.
Ci hanno superato a tutta velocità un'auto blu e due pattuglie di polizia a sirene spiegate, dirette verso il centro. Poi l'autobus ha ripreso la sua corsa regolare.
A quel punto, però, è successa una cosa a mio avviso straordinaria: l'autobus si è come svegliato all'improvviso. Tutti hanno iniziato a fare i conti di quanto ci costino quelle due pattuglie e quell'auto blu. Rimbalzavano cifre da una parte all'altra della vettura, ogni tanto qualcuno diceva: «è una vergogna» e gli altri gli davano ragione. Qualcuno ha esclamato: «ma 'sti politici non possono far la fila nel traffico come tutti?» Un coro di approvazione. Qualcun'altro ha fatto un calcolo a cazzotto su quanti personaggi del genere che si permettono di viaggiare in quel modo abbiamo sul groppone in quanto cittadini italiani. Ancora voci di approvazione e chiacchiericcio sommesso. Il risveglio dell'autobus.
Adesso io non so chi fosse quel "pezzo grosso" che è passato da via Maragliano questa mattina con la scorta. Magari è un personaggio che ha davvero bisogno di due pattuglie di polizia e del macchinone statale. Però mi ha colpito come tutte quelle persone si siano risvegliate all'istante e si siano messi tutti a far calcoli di quanto ci costino certi privilegi di pochi. Nessuno si è posto il problema di chi ci fosse su quella macchina (nemmeno io, per carità).
Questo episodio mi dà una misura di qual è il clima generale e di come mai il Movimento 5 Stelle abbia spopolato alle elezioni.
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Aggiornamento: pare che l'auto blu trasportasse D'Alema.

Profiling estemporaneo: la food blogger

non sono io, ok?
Giorni fa ero a una fiera enogastronomica, ospite allo stand di un amico. C'era tanta gente che passava, si scambiavano due parole, un contatto, qualche info e via.
A un certo punto è arrivata una tipa sulla quarantina, una signora tipo me, per intendersi. È arrivata tutta sparata allo stand e si è presentata tirandosela un monte: "Ciao, io sono una food blogger". "Okei" rispondiamo all'unisono, "ciao".
Le facciamo assaggiare qualche cosa e la tipa non ci capisce nulla, si vede lontano un chilometro che non le interessa nemmeno tanto capire il prodotto che ha davanti.
Ma non importa: in queste occasioni son così tanti i parvenu che alla fine non ci si fa più caso. Ora va di moda il cibo, il bere, ecc.
E per fortuna (sì) io sono vecchia e ho memoria, posso andare indietro nel tempo e lo faccio con piacere.
Nel secolo scorso ho visto cuochi usare la panna dappertutto e poi vergognarsene e rinnegare di averlo mai fatto.
Poi ho visto cuochi usare la rucola dappertutto e poi vergognarsene e rinnegare.
E poi ho visto cuochi sdoganare la Nutella Ferrero e poi vergognarsene e rinnegare; brutte multinazionali cattive.
Adesso attendo che la stessa cosa accada con l'aceto balsamico e le sue riduzioni che ce lo propinano dappertutto, quasi sempre a sproposito.
Già dall'anno scorso il fenomeno si è un po' ridimensionato; adesso aspetto con trepidazione, sperando accada presto, il momento: vergogna + abiura a grappolo.
Per non parlare poi del cosiddetto "mondo del vino"... ma sto divagando, i pensieri si accavallano e il tempo è poco.
Torniamo alla tipa sono una food blogger.
Io rimango scioccata quando si presentano così. Che cavolo vuol dire food blogger?
Allora le ho chiesto subito, senza tanti convenevoli: "nome del blog, prego".
Me l'ha detto.
"Mai sentito", ho risposto.
Non ha fatto una piega e mi ha allungato un biglietto da visita fatto in casa. Nome, cognome, titolo "foodblogger" scritto nero su bianco, telefono e un url di Blogspot.
Sono rimasta un attimo attonita, dopo tanta cerimonia mi aspettavo almeno un Dissapore, un Cavoletto, robe così. O al limite un dominio registrato che sarebbe il minimo sindacale.
La tipa lanciatissima mi comunica, tirandosela ancor di più, che il giorno prima ha pubblicato un post e ha ricevuto degli apprezzamenti perfino dalla Russia.
Cappero.
Mette la quarta e mi racconta con orgoglio che pubblica ricette di sua invenzione e tutorial e che ha un pubblico che la segue con affetto.
Bene, porca miseria, buon per lei.
Si vede che non le interessano i nostri prodotti, vuol solo presentarsi e vantarsi del suo blog.
Ok, maremma santa.
Dopo che se n'è andata, curiosa come una scimmia, ho aperto la pagina e mi sono trovata davanti agli occhi un blog miserello pieno di "gif agitate", spam (eccoli i russi!), tutto scritto in comic sans.
Ora, non è per essere spocchiosa anche se mi rendo conto di esserlo, ma come si fa?
È come se io andassi in giro a vantarmi di questo blog. Mi vengono i bordoni solo a ipotizzarla una cosa del genere. Sono cose da manicomio, secondo me. E indicative di tante cose. Forse sono io che non mi so valorizzare, per carità, ma il livello di farloccheria che si vede in giro è pazzesco.
C'è da dire che il cibo e i suoi derivati sono settori che si prestano molto bene a dare corda alla fabulazione negli animi semplici.
Però, dai.

Numeri e zombi.


Questo blog ha 132 post pubblicati. Anzi 133, comprendendo anche questo. Poi ha 534 commenti che non sono una gran quantità; io sono un po' assente, il network per funzionare va curato e purtroppo non ho il tempo che vorrei. Questo blog ha pure la bellezza di 84 bozze di post. Tutta roba che ho iniziato a scrivere e che non ho mai finito per i soliti motivi: mancanza di tempo, fine dell'ispirazione, telefonata inopportuna che distoglie, telefilm la mia droga, amnesia geriatrica, maledetti social network, oppure un classico dell'accumulo in bozza: il post andato a male. Perché è cosa risaputa: la maggior parte dei post nei blog son longevi come le mozzarelle di bufala fuori dal frigo, in una giornata d'estate. Adesso, per esempio ho scordato quel che volevo scrivere all'inizio, ma oggi non metto in bozza: pubblico e via; chi c'è, c'è. Vado di fretta ho gli ultimi 7 minuti di The Walking Dead s.3 ep.11 da vedere prima di uscire e gli zombi son creaturine simpatiche che mi mettono il buon umore addosso, soprattutto in una giornata uggiosa e piovosa come questa.

Letture: Mu di Tommaso Labranca

Qualche sera fa, uscendo dalla fiera di Rimini, mi sono trovata davanti le quattro torri illuminate di azzurro che si stagliavano, perfettamente ortogonali, sulla neve appena caduta e mi sono chiesta: chissà se Mu avrebbe apprezzato la geometrica semplicità dell'ingresso di Rimini Fiera sotto la neve?
Chi è Mu? Mu è il personaggio che dà il titolo all'ultimo romanzo di Tommaso Labranca. Mu è un ragazzo trentenne che vive con la madre e la sorella in un paesino dell'entroterra molisano. Mu è solo, quasi un alieno nel suo ambiente familiare e fa un lavoro squallido. Mu medita la fuga, vuole andare via per mettersi alla ricerca dell'Iperborea, luogo mitico dal sapore nordico che si è costruito in testa e che adesso vuole ritrovare anche nel mondo reale.
È il racconto di questo viaggio, dei luoghi e dei personaggi incontrati durante la ricerca di quel mondo dalla geometria perfetta in cui iniziare una nuova vita. Il viaggio di Mu ricalca il pellegrinaggio mistico e comincia con la decisione di bruciare la risaia per poi andare alla ricerca di quell'isola che non c'è e che invece si potrebbe nascondere dietro l'angolo. Mu non sa dove si trovi Iperborea e così inizia a cercarla con pazienza, liberandosi a poco a poco del caos cafone delle forme della contemporaneità che lo assillano e che sono l'ostacolo principale nella sua ricerca del vuoto e dell'ordine geometrici. Perché Mu aspira ad ambienti ed atmosfere essenziali, accoglienti, illuminati da luci calde e circondati da paesaggi nordici ghiacciati. Nel suo percorso incontra tanti personaggi più o meno coatti, guidati da dinamiche mainstream e televisive, come il tizio alternativo dei centri sociali, archetipo di un certo tipo di personaggio che ci sarà capitato a tutti noi di incontrare innumerevoli volte.
Ho trovato il racconto delicato e tanto spassoso. Mi ha ricordato un po' il Piccolo Isolazionista, anche se questa è una fiaba contemporanea molto tenera con punte di umorismo e con un retrogusto di leggero cinismo che ho gradito molto.
Le atmosfere nordiche a cui Mu anela e che alimenta grazie alle sporadiche letture e agli ascolti musicali secondo me rappresentano quel desiderio che abbiamo tutti di riuscire a trovare quel posto speciale che abbiamo in testa e che ci siamo costruiti con la fantasia (ce l'ho anche io ma non lo dico, sennò divago troppo).
Mu si trova in ebook su ultima books (credo anche altrove, io l'ho comprato ). Sto aspettando l'uscita del cartaceo (a questo punto per puro feticismo e giammai che mi manchi un libro di Tommaso Labranca).
Rileggendo il tutto mi rendo conto di essere una frana a scrivere di libri (anche di telefilm, ogni tanto ci provo ma non è il caso). Invidio fino alla vergogna i ragazzi di serialmente.com che sono uno più bravo dell'altro. Io invece quando mi vien voglia di scrivere di qualcosa che ho apprezzato per condividerla ho sempre la sensazione di far più male che bene. Tuttavia sono recidiva e Mu è da leggere.

Spleen del ritorno a casa

baite nella neve (*)

Sono stata via, in un luogo con la neve che può cadere quanto le pare: tanto non blocca la città. Esperienze nuove queste. Sono ritornata a Firenze e sono triste come tutte le volte che ritorno a casa. È una tristezza nervosa, la mia, una sorta di riflesso condizionato dall'accumulo ad libitum di caterve di rotture di scatole quotidiane, mi ha spiegato una voce professionale amica, durante un aperitivo piuttosto alcolico in cui chiedevo lumi sul mio perenne spleen del ritorno. Di solito accade il contrario, come quasi tutta la letteratura insegna... Mentre ero via ci sono state le elezioni con: l'avvento di Grillo, l'arrivo dei "grillini" a Roma, la giacca a vento di Grillo. Confesso che mi piaceva molto quella giacca perché tiene calda la faccia e ripara dal vento. Poi però ho scoperto che costa troppo per i miei standard e allora non me la posso permettere. Dovrei fondare un partito per migliorare la mia situazione finanziaria. Oppure potevo fare un podcast e candidarmi anche io: se ce l'ha fatta tal Paolo Bernini chiunque avrebbe avuto chance...

(*) ho scelto questa immagine per l'idea di calma che riesce a dare. In realtà non sono un'amante dei posti isolati e difficilmente accessibili. In un luogo del genere mi romperei le scatole e tenterei il ritorno alla civiltà dopo non più di mezz'ora...

Colazione con uno sguardo al futuro prossimo venturo


Quando mi chiedono di pensare a come sarà la mia tra cinque anni, un brivido freddo percorre tutta la mia schiena e devo distogliere la mente per non cadere in défaillance nervose imbarazzanti.

Fuga dalla scuola media* (riprendo il discorso #bullismo)

A grande richiesta di una lettrice lurker d'annata (un'email e un messaggio su Facebook per me sono una grande richiesta, nda) ripropongo un vecchio post del 2007 sul bullismo nella mia scuola media e di come l'ho vissuto e subito.

09/04/2007 
[...] ma non volevo raccontare del pranzo pasquale in famiglia ma dell'incubo della scuola media. È bastato leggere questo post di Giuseppe Genna su Carmilla per farmi ritornare in mente degli episodi dei miei undici anni o giù di lì che mai mi scorderò.
In questo periodo va parecchio di moda parlare di bullismo a scuola e di professori fuori di testa finiti nel database di Youtube e pare che queste cose abbiano cominciato ad accadere solo da quando si sono diffusi i cellulari dotati di mini-videocamere in grado di documentare ciò che invece prima accadeva lo stesso, ma rimaneva confinato alle quattro mura dell'aula scolastica. E dalle reazioni che sento e che leggo in giro, sembra che nessuno sia mai andato a scuola. Tutti cadono dal pero. Eppure credo siano davvero in pochi quelli che non hanno subito soprusi durante gli anni della scuola.
Quando andavo alle medie c'erano due tipe nella mia classe, chiamiamole Vanessa e Maria, due nomi abbastanza simili a quelli veri. Queste due povere imbecilli al giorno d'oggi sarebbero considerate delle vere e proprie 'bulle da YouTube' e avrebbero già spopolato a Studio Aperto con qualche filmatino sgranato e coi volti criptati in cui si sarebbero viste vessare, in modo fantasioso, qualche povero compagno sfigato.
Insomma, queste due fave erano parecchio violente e si vantavano di fare uso di droga e, nota bene, erano gli anni Ottanta, periodo in cui aveva ancora un senso parlare di droga al singolare perché l'eroina era diffusissima e di aids ancora non se ne parlava. Ma queste due bischere non si bucavano mica: si vantavano solo di farlo perché probabilmente le faceva sentire più ganze.
A scuola erano l'incubo collettivo: minacciavano e picchiavano tutti. Una cosa terribile che non mi faceva dormire la notte. Non c'era merenda che non venisse assaggiata e in caso requisita dalle due deficienti; la colletta obbligatoria degli spiccioli scattava tutte le sante mattine e credo di avere mio malgrado finanziato la nascente tossicodipendenza di almeno una delle due. E poi rubavano tutto, anche le cose più inutili, così per il gusto di rompere i coglioni alla vittima di turno. Mi ricordo che una volta la Maria mi fregò gli scaldamuscoli rosa e poi quell'altra volta in cui mi prese una penna a quattro colori di metallo pesantissima a cui ero davvero affezionata e che non ho mai più ritrovato uguale.
Spesso, in classe, intervenivano i carabinieri del quartiere per calmare la situazione. Per loro era comodo: arrivavano a piedi perché la caserma era proprio dietro l'angolo.
Una volta la Vanessa venne portata in caserma perché aveva versato un barattolone di Vinavil™ in testa ad una ragazza di un'altra classe rea di non averla cagata con sufficiente deferenza. Mi ricordo, come se fosse adesso, il vecchio e pingue brigadiere che la teneva a braccetto cercando di abbozzare, senza successo, una paternale e lei che gli sbraitava contro: «non mi mettere le mani addosso, io t'ammazzo, capito? t'ammazzo...» ecc. ecc. Un'altra volta stessa situazione con un'unica variante: niente Vinavil™ ma accendino Bic™, i capelli della vittima di turno completamente bruciati e puzzo di zampa di pollo in tutta la scuola. Mi ricordo che ogni volta ho sperato che le incarcerassero entrambe almeno fino all'esame di terza media, invece se la sono sempre cavata con una ramanzina e qualche giorno di sospensione.
E te le ritrovavi in classe, più stronze di prima e di nuovo pronte a cagare il cazzo a tutti.
I professori facevano finta di nulla in un mutuo accordo di vivi e lascia vivere. Le due delinquentelle avevano minacciato quella di artistica e gli altri insegnanti non volevano noie e preferivano fregarsene. Come tutti anch'io gli stavo sul cazzo e ogni tanto mi minacciavano di aspettarmi fuori e di riempirmi di botte. Terrorizzata facevo parte della bassa manovalanza della Maria: dovevo copiarle i compiti, che ovviamente non faceva mai. Il suo quaderno di matematica conosceva solo la mia calligrafia e quell'imbecille di professoressa non ha mai detto nulla. D'altronde la Maria non aveva tempo di copiare: se ne doveva stare sempre nel cortile di fronte alla scuola seduta sul suo Ciao bordò - incredibile, me lo ricordo ancora! - a giobbare con la cricca dei pisquani ripetenti cronici. Io non avevo il motorino perché non avevo ancora l'età per guidarlo. Invece quelle due stronze erano segate innumerevoli volte e entro breve avrebbero potuto guidare anche la macchina.
Per anni si sono divertite a tormentare una povera ragazza con problemi di mobilità, buttando oggetti a terra e facendoglieli raccogliere perché vederla mentre faceva uno sforzo pazzesco per piegarsi le divertiva molto.
Quando volevano dare un avvertimento a qualcuno che in quel momento non gli garbava, aspettavano che fosse solo e poi si mettevano a girargli intorno con i motorini e gli urlavano in faccia di tutto, dagli insulti alle minacce. Un'esperienza terrorizzante a viverla.
All'ennesima bocciatura la Vanessa, con gran sollievo di tutti, si ritirò e non l'ho più vista ne ne ho più avuto sue notizie. Maria, invece, rimase ancora un po' e poi non mi ricordo bene, però mi pare che interruppe gli studi anche lei.
Dopo anni ho saputo che la Maria, da perfetta imbecille qual era, era entrata davvero in quel tunel di eroina di cui si vantava tanto di far parte. Ho avuto amici che l'hanno vista per strada in condizioni pietose a elemosinare qualche spicciolo o un passaggio. E pensare che mi sono odiata per anni di non averle mai spaccato la faccia o comunque di non aver tentato di farlo. Col senno di poi sono sicura che qualche ceffone dato bene sarei riuscita ad ammollarglielo. Ancora adesso, quando mi capita di pensarci mi pento di non aver mai reagito. Ma per dirla con Giuseppe Genna, non tornerei a quei tempi nemmeno morta.
*Il titolo del post è il titolo italiano del film del '95.    

Domenica pomeriggio a #Firenze: passeggiata di depressione...

...nel parco in cui andavo a giocare da bambina, l'Albereta, zona Firenze Sud. Due passi veloci tanto per favorire la digestione in un luogo in cui ho passato un'infinità di pomeriggi in epoche remote. Santo cielo che depressione, oggi...

Deposito di materiali vari dell'Acquedotto di Firenze,
adiacente al parco dell'Albereta.

Deposito di materiali vari,
più che altro tubi enormi (bellissimi da vedere) dell'Acquedotto di Firenze,
 adiacente al parco dell'Albereta.

La sede della RAI a Firenze,
da qui negli anni Ottanta trasmettevano una parte di Tandem (mi pare),
poi il nulla (mi pare).


Alberi tristi fotografati stando seduta su una ancor più triste panchina.
#vecchiaia #solitudine #abbiocco

Accidenti a #Facebook

L'incontro sgradito è un classico. Tutti l'abbiamo provato e lo proviamo, in continuazione.
La reazione spontanea è far finta di non vedere il tizio, ma lui ti chiama, si sbraccia, attraversa la strada a passo svelto e ti bacia tutto felice di averti ritrovata.
Ti interroga meticolosamente su tutti i conoscenti che avete in comune, per la maggior parte si tratta di gente di cui non sai più nulla da vent'anni. È interessato a qualsiasi notizia: chi tromba con chi, chi lavora dove, chi ha figliato e con chi, ecc. Ti dice che ti trova bene. Non è vero, ma cerchi di essere cortese, l'interrogatorio incalzante ti costringe a una concisione e capacità di sintesi mai sperimentate.
Comincia a venirti freddo ai piedi, voglia di fare la pipì e di andare il più lontano possibile da questo spettro del passato, portatore sano di depressione. Ma lui non molla: ti propone un caffè in un locale che conosce lui. Ringrazi, dici che ti rincresce ma non hai tempo di... Allora lui ti propone il bar lì vicino.
Rispondi ancora che hai da fare, ma lui insiste. E va bene allora solo un caffè. In memoria dei vecchi tempi, aggiunge lui con una battuta di spirito che fa ridere solo lui.
Davanti al bancone ti confessa che ha avuto "una cotta" per te per diversi anni. Non te ne frega nulla di acquisire questa informazione e vuoi solo che questa parentesi amarcord a senso unico si concluda al più presto.
Lui si apre subito e sprizza cliché da tutti i pori. Succo del discorso: il suo matrimonio è alla frutta, gli urge crearsi un nuovo giro di figa. Provarci con qualcuna che non si frequenta da vent'anni ha il suo porco fascino. Novità e vecchi tempi in un tutt'uno: malsano e morboso.
Sfanculare subito, tagliare corto. No, non voglio sapere che vita fai, nessuno ti ha ordinato di sposarti la fidanzatina del liceo, ora non ti lamentare. Non m'interessa.
Fingi un impegno, fai per pagare ma lui ti blocca. Con un gesto solenne, offre lui ci mancherebbe. Tira fuori un portamonete del nonno e ci mette minuti a contare gli spiccioli da dare alla cassiera. Ha una quantità incredibile di monete da uno e due centesimi da smaltire. Chiede alla cassiera di ricontarli perché pensa di averle dato di più. Mi allontano per non vedere la scena.
Appena ha lo scontrino in mano ribadisco l'impegno improvviso, saluto velocemente con convenevoli di circostanza: "alla prossima, è stato un piacere, non facciamo passare altri venti anni.". Lui cerca di trattenermi ma io sono decisa; mi viene la depressione solo a sentire quel tono di voce lagnoso che mi domanda a raffica di gente di cui non so più nulla da decenni.
Esco in strada e cammino veloce, mi allontano sollevata. Svolto a un angolo, poi ancora a quello successivo. Sola finalmente, maremma che appiccicume disperato.
Il cellulare vibra in tasca. Facebook mi avverte che ho una richiesta di amicizia. Accidenti a Facebook.

3 oroscopi online da non perdere


In ordine di gradimento e compulsione alla lettura:

1) Quello di Internazionale
2) L'Oroscopo della Susi Brescia
3) L'oroscopo di Paolo Fox, si avevo detto che, ma dai ogni tanto un'occhiata gliela continuo a dare (e poi è giornaliero, addattissimo per chi è "addicted"...)

Altri oroscopi che leggo ogni tanto, ma che mi danno meno soddisfazione: Branko e Horus.


La signora Goljadkin


Tutti abbiamo un sosia, come ci ricorda questa galleria fotografica di Repubblicapuntoit, composta da coppie di perfetti sconosciuti, ma simili tra di loro. Il Doppelgänger è un tema affascinante, che può riempire una mezz'oretta di tempo in un pomeriggio grigio e smorto come quello odierno.
Anche io ho una sosia in città che non ho mai incontrato. Lo so perché sono anni che spesso mi dicono che in giro c'è sta tipa tale e quale a me.
Il mio meccanico una volta mi ha domandato se mi fossi divertita a una certa partita di calcio a cui non sono mai stata. Ed era sicuro che io lo stessi prendendo in giro perché quella che aveva visto ero senz'altro io.
Poi mi è capitato di andare a cena fuori in un posto nuovo e il gestore della trattoria mi ha chiesto se lavorassi ancora nel negozio tal dei tali. Manco a dirlo un luogo in cui non ho mai lavorato, né sono mai stata.
Ma non finisce qui. Ci sono alcuni conoscenti dell'Antella che giurano di avermi vista alla casa del popolo in diverse occasioni. Ora io non metto piede in quella casa del popolo da almeno dieci anni, forse più, perciò ne deduco che sia sempre la mia sosia che si aggira più o meno nelle mie stesse zone, senza che ci incontriamo mai. Inquietante, vero?
Chissà se la incontrassi... riusciremmo a cogliere la somiglianza tra noi, così come la colgono gli altri? Mi starebbe simpatica oppure no? Conoscendomi credo di no e poi questa sosia mi sa di persona perfettina, con un'esistenza più stabile e appagante della mia. Insopportabile.
Reprimo un moto di antipatia spontanea per una tipa che non conosco. Però non ho problemi ad ammetterlo: la mia sosia mi sta sulle scatole, quando la incontrerò glielo dirò in faccia chiaro e tondo.

Il troppo stroppia, intervista di inizio 2013


Gattasorniona, ti posso disturbare per qualche domanda di inizio anno?
«Ma certo, caro intervistatore fantasma, chiedi quel che vuoi.»
Bene, secondo te, quando la "misura è colma"?
«La misura è colma quando inizia a provare un certo fastidio alle richieste più elementari. Mi fai quello? Mi fai questo? E via il primo moto è di insofferenza. No, non ti faccio un cavolo è la prima risposta che ti viene dal profondo del cuore, ma non puoi dire di no, anche per semplici ragioni di urbanità. Allora dici sì, ma lo fai controvoglia, sempre cercando di non concedere nemmeno una virgola in più ché tanto non verrebbe apprezzata, attaccandoti alle parole dette/scritte per poterti affrancare al momento opportuno dagli ingrati compiti. Perché tanto non ti vengono pagati, il lavoro non si pesa in certi casi.
Ma dopo tanti anni di professione...
«Appunto, caro intervistatore, proprio dopo tanti anni di professione. Quando lo sbattimento supera il guadagno e attenzione: con guadagno - anime belle - intendo cash, soldi, euri, €€€, bonifici, la grana... insomma qualsiasi valore che possa spendere subito dove mi pare per comprarmi quel che mi pare. Tutto il resto non conta.»
Grazie Gattasorniona. Propositi per l'anno 2013?
«Ma ti pare. Il 2013 sarà l'anno dell'Ariete, quindi non ho bisogno di fare propositi, verrà tutto da sé... ;)»

Cronaca dell'acquisto di un ebook con i maledetti #DRM Adobe

Ho comprato un ebook protetto da DRM Adobe. Ho sbagliato e non lo farò mai più. Lo giuro solennemente. Ho cliccato con disinvoltura, troppa, ma pensavo davvero di aver acquistato un file di testo vero e proprio, per la discreta somma di quasi €10 (dieci euri).
Per un gruzzolo del genere ti devono dare il file e basta. Invece no, ecco i maledetti DRM Adobe. E io me ne sono accorta soltanto dopo averlo pagato, porca miseria.
Da fedele lettrice di blog come Baionette Librarie e Gamberi Fantasy avevo imparato a stare alla larga dai DRM e da schifarli di default, perché per me vale la regola che se reperire un libro deve creare rotture di scatole allora è meglio passare al successivo e cercare per altri canali, ma sempre con calma e convenienza quello "problematico". Non dico che libro fosse, non ha importanza ai fini del discorso.
Dunque, pago la bellezza di 10 euri e immediatamente ricevo la mail con il link per scaricare il file. Allora accedo alla mia area utente di Ultima Books e scopro che ho appena comprato un file protetto da DRM Adobe e non il libro vero e proprio. Potrò visualizzarlo su 6 "devices" in tutto: 3 fisse e tre mobili, poi rizzati. Ma come, è roba mia, io lo visualizzo dove mi pare, quando mi pare, stiamo scherzando? Possiedo due computer e due lettori di ebook, già son fuori dai giochi. Non esiste.
Comunque clicco sul download dell'epub e invece mi viene fuori un file .acsm. Ma che roba è? Non esiste caricarlo direttamente sul lettore, giammai, prima bisogna installare il programma gratuito (e vorrei anche vedere) Adobe Digital Editions, ma solo dopo esserci crearti un Adobe ID.
Di punto in bianco il mio mac impazzisce (o rinsavisce, dipende dai punti di vista) e non mi fa più collegare ai siti Adobe. Da Twitter apprendo che il problema è solo mio. Allora prendo il mio vecchio portatile con Windows XP (sì io ce l'ho ancora e funziona bene), creo l'ID richiesto, scarico e installo il software Adobe Digital Editions che mi crea una cartella dal nome "My Digital Editions" o giù di lì, dove ci piazza il file epub del libro. Ma è una situazione strana perché quella cartella è tipo un'enclave della Adobe sul mio hard disk. Il mio file epub pagato ben 10 euri non lo posso né copiare altrove, né aprire con Sigil per fare le modifiche al foglio di stile come piace a me.
Eppure la settimana scorsa sempre da Ultima Books ho comprato Mu, l'ultima fatica letteraria di Tommaso Labranca, un file epub, perfetto e semplice che ho aperto subito per sistemare i font come piace a me e infine ho archiviato in Calibre senza tante storie. Ma quello non aveva i maledetti DRM...
Dunque ritorniamo invece al presente con gli odiosi DRM. Quando mi sono resa conto che non potevo aprire il libro che avevo pagato €10 per sistemare i font come piace a me ho moccolato e ho avviato amule scaricando quel titolo in venti minuti scarsi. Non è pirateria, l'avevo già comprato e pagato. Ok?
Poi c'ho pensato e ho deciso di usare il mio file, non quello di altri, perché proprio l'averlo pagato mi dava la certezza che non contenesse errori e poi volevo andare fino in fondo a questa storia.
L'unico sistema però era craccarlo, per eliminare una volta per tutte i maledetti DRM. Un'operazione semplice, come ci ha insegnato a fare il Duca in un tutorial preziosissimo disponibile sul suo blog: Togliere i DRM dagli eBook: guida per principianti.
Ho seguito passo per passo la guida che è precisa e nemmeno tanto difficile. Basta seguire i vari step alla lettera, avere un po' di dimestichezza col computer, ma insomma, nemmeno poi tanta. In pochi minuti ho avuto il mio file epub sbloccato e utilizzabile su Calibre.
A quel punto l'ho aperto per  sistemare finalmente i font come piace a me e ci ho trovato un codice caotico. Ho aperto anche il file che avevo scaricato piratato e ho constatato che a livello di codice e struttura fosse messo molto meglio dell'originale che - ripeto - ho pagato 10 Euro. Porca miseria.

La teoria della classe disagiata - recensione + flusso di coscienza

  Ho finito di leggere La teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, edizione Minimum Fax. Una lettura che mi ha messo addo...